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Escluso dalla comunità?

La narrazione dell’esilio emozionale ne L’airone: posizione

nell’opera di Giorgio Bassani

Tineke Kloosterhuis, S1600923 Europese talen en culturen Faculteit der Letteren Rijksuniversiteit Groningen

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“Perché lo sguardo che si posa puro, indifferente sulle cose, è lo sguardo di uno che è in punto di morte, di un escluso.Solo un escluso, uno che non è più dentro la vita, può essere preoccupato solo

di guardare, descrivere, misurare (…).”

Giorgio Bassani1

Grazie dell’aiuto della mia amica italiana dott.ssa Grazia Filippi.

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Indice

Introduzione 4

Capitolo 1 6

1.1 Biografia di Giorgio Bassani 6

1.2 La scelta de L’airone 7

1.2.1 La trama de L’airone 8

1.3 La struttura della ricerca 9

1.3.1 Il bilancio della vita personale 9

Fascismo e postfascismo 10

Il ruolo della comunità 10

1.3.2 Caratteristiche del concetto di crisi 11

Caratteristiche del concetto del trauma 11

Caratteristiche del concetto di decisione 12

1.4 Esclusione sociale 12

1.4.1 Tre fasi di esclusione 13

1.4.2 Le conseguenze dell’esclusione 14

1.5 L’esilio nella letteratura 15

Capitolo 2 19

2. 1. Il bilancio della vita 19

2.1.1 Crisi 19 2.1.2 Trauma 27 2.1.3 Decisione 33 2.2 Fascismo e postfascismo 37 2.2.1 Crisi 37 2.2.2 Trauma 40 2.2.3 Decisione 44 2.3 Comunità 45 2.3.1 Crisi 45 2.3.2 Trauma 48 2.3.3 Decisione 49 Capitolo 3 54

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4. Conclusioni 58

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INTRODUZIONE

Giorgio Bassani spiegò in un’intervista nel 1966 perché l’editore Giulio Einaudi era deciso a mettere l’opera La Nuda Blu del pittore Nicolas de Staël (1914-1955) in copertina del suo romanzo Il giardino dei Finzi-Contini. Bassani dichiarò: “C’è pur sempre il senso della sua solitudine” (Antognini e

Blumenfeld, 2012: 613-614). Si deve ammettere che Einaudi, scegliendo questo quadro, si rendeva conto che il tema centrale nella poetica di Bassani era quello dell’esilio e dell’esclusione.

Nicolas de Staël, La Nuda Blu.

Vorremmo esplorare, in questa ricerca, in che modo Giorgio Bassani narra il tema dell’esilio emozionale ne L’airone, l’ultimo romanzo del ciclo Il Romanzo di Ferrara. L’esilio emozionale può sorgere dalla violenza per cause politiche, religiose o etniche. Le conseguenze dell’involontario allontanamento dalla società si ripercuotono sulla salute mentale dell’esiliato. Benché altri studiosi in precedenza abbiano osservato che questo tema rappresenta il filo rosso di tutto questo ciclo,

cerchiamo di esaminare in che modo Giorgio Bassani ha affrontato il tema ne L’airone proprio perché si tratta del suo ultimo romanzo. Inoltre, ci interessa vedere se il tema dell’esilio si è sviluppato nelle creazioni letterarie di Bassani e, nel caso fosse così, vorremmo indagare soprattutto in che modo questo tema è stato portato a termine nel suo ultimo romanzo. In altre parole: come si colloca L’airone nell’opera di Giorgio Bassani?

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Per poter ricercare come Bassani trattò qui il tema dell’esilio emozionale, si analizzerà questo testo letterario tramite il metodo del close-reading. Prima di entrare ulteriormente in

quest’argomento, cominceremo con una breve esposizione della vita di Bassani, per poi spiegare perché abbiamo scelto proprio il romanzo L’airone come argomento della ricerca. Nel paragrafo che segue dimostreremo in che modo si strutturerà l’analisi del romanzo.

Nell’ultimo paragrafo si insisterà sul concetto dell’esilio emozionale, concetto che divideremo in due parti: nella prima, tratteremo il tema dell’esilio in generale, cioè che cosa significa, per un uomo essere allontanato dalla comunità di appartenenza.L’essere escluso è un’esperienza

traumatica che porta a conseguenze gravi, sia sul piano emozionale che su quello fisico. L’escluso può subire un’alienazione di sé, un senso di smarrimento e di depressione, e chi si sente respinto può ritirarsi in solitudine. Con i temi: L’esilio nella letteratura e L’esilio nel romanzo di Ferrara si conclude il primo capitolo. Fino ad ora è stato scritto poco sul tema dell’esilio ne L’airone da studiosi

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CAPITOLO 1

1.1 Biografia di Giorgio Bassani

Giorgio Bassani nacque nel 1916 a Bologna, era il figlio maggiore di una benestante famiglia ebrea. Trascorse la giovinezza a Ferrara, con i genitori e due fratelli minori, circondato dai nonni paterni e materni (Rinaldi, 2012: 235-6). A Bologna frequentò la facoltà di lettere e si laureò nel 1939 con una tesi su Niccolò Tommaseo. Dal 1937 prese parte al movimento antifascista Giustizia e Libertà per essere poi rinchiuso in prigione, a Ferrara, per alcuni mesi, dopo la caduta di Mussolini, nel 1943. Nello stesso anno sposò Valeria Sinigalla, con cui ebbe due figli. In questo periodo uscì il romanzo Una città di pianura (1940), pubblicato con lo pseudonimo Giacomo Marchi. A causa delle sue attività politiche, fu costretto a vivere in clandestinità, prima a Firenze e poi a Roma, dove visse fino alla morte, avvenuta nel 2000 (Verhulst, 2004: 39-41). Fu sepolto al cimitero ebraico di Ferrara, la città a cui ha dedicato tutte le sue opere, da lui chiamata ‘la mia città materna’, e che è stata da lui scelta come co-protagonista delle sue opere (Rinaldi, 2012: 236).

Oltre a scrivere delle opere di letteratura, Bassani fece parte della redazione di vari riviste letterarie, tra cui Botteghe Oscure. Dal 1956 fu il direttore responsabile della sezione narrativa per la casa editrice Feltrinelli, per la quale fu il difensore del romanzo Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa (1958), che altri editori avevano rifiutato, e di cui scrisse la prefazione. Dimostrò di possedere un grande intuito: questo romanzo si rivelò un successo editoriale, ed è oggi considerato uno dei maggiori classici della letteratura italiana novecentesca.

Bassani raggiunse il culmine della sua carriera letteraria con il grande successo del romanzo Il Giardino dei Finzi-Contini (1962), che vinse il Premio Viareggio (Verhulst, 2004: 39-41).2 Quasi contemporaneamente all’uscita di questo romanzo di successo, un movimento letterario neoavanguardistico, Il Gruppo 633, attaccò la cultura degli anni cinquanta in generale, e

particolarmente il neorealismo in letteratura, e questa critica fu diretta anche a Bassani, visto che la sua concezione letteraria, che si riferisce a modelli europei come Marcel Proust e Thomas Mann (Spila, 1980: 775), era piuttosto tradizionale.Oggigiorno la critica di allora è stata superata e i romanzi di Bassani fanno parte del canone della letteratura del ventesimo secolo (Verhulst, 2004: 41-42).

Tutti i suoi romanzi si svolgono a Ferrara e nelle immediate vicinanze. Il suo capolavoro è: Il romanzo di Ferrara: Cinque storie ferraresi (1956, Premio Strega), che contiene i racconti: Lidia Mantovani; La passeggiata prima di cena; Una lapide in via Mazzini; Gli ultimi anni di Clelia Trotti e

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“Il giardino dei Finzi-Contini che mi ha innamorata, come ha innamorato tanti lettori.”(Dacia Mariani, 2012: 37).

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Una notte del '43.4 Altri libri più voluminosi, che appartengono allo stesso ciclo ferrarese, sono: Gli occhiali d'oro (1958), Il giardino dei Finzi-Contini (1962, premio Viareggio), Dietro la porta (1964), L'airone (1968, Premio Campiello) e l’ultimo volume del ciclo che è una raccolta di racconti intitolato: L'odore del fieno (1972). Oltre a romanzi scrisse raccolte diverse, tra cui: In rima e senza (1982) e saggi riuniti: Di là dal cuore (1984).

Il tema centrale delle opere di Bassani, di cui si tratterà più ampiamente nei capitoli successivi, è l’isolamento di cui soffrono i protagonisti. Questo sentimento d’esclusione, spesso causato dal loro sentire di essere diversi dagli altri, ed essere ignorati, fa soffrire di malinconia e di alienazione i personaggi narrativi (Verhulst, 2004: 44-50).

1.2 La scelta de L’airone

Non è stato solo Bassani a voler affrontare il tema dell’esclusione, perché questo è un soggetto che si riallaccia alla tradizione italiana, e appare già nella Divina Commedia di Dante. Bassani sostenne di essere stato impressionato da Dante durante le lezioni del professor Bianchi, che ne declamava una canzone, lezioni in cui il giovane Giorgio è stato colpito soprattutto dalla seguente rima dantesca:“ ‘L essilio che m’è dato a onor mi tengo’. Poteva essere la mia divisa - pensavo -, il mio motto”5 (Pieri, 2012: 447). Anche oggi risulta ancora pertinente l’argomento dell’esilio, il tema preferito di Dante e di Bassani, perché rappresenta una problematica molto attuale e difficile, che causa molta sofferenza umana , e coincide con il gran numero di profughi in Europa che si pongono in cammino verso un futuro migliore, in una sorta di esilio ‘volontario’.

Come materiale da analizzare nella ricerca di questo tema, abbiamo scelto L’airone, l’ultimo libro del ciclo, il libro meno conosciuto e meno studiato di Giorgio Bassani. L’airone si differenzia dalle altre opere per varie ragioni: il libro non tratta della città di Ferrara, ma - come si intuisce dal titolo - la maggior parte del romanzo L’airone si svolge in campagna, fuori della città; sembra che l’autore abbia lasciato il suo ‘territorio materno’ per concludere con quest’opera il suo ciclo. Questa osservazione ha sollevato la domanda: perché Bassani ha fatto questa scelta? Bassani ha vissuto a Ferrara dal 1917 al 1943. Si nota una distanza maggiore nel tempo e nello spazio dalla città ispiratrice, visto che L’airone uscì nel 1968 e che la vicenda, in quest’ultima parte de Il Romanzo di Ferrara, si svolge dopo la guerra nel 1947. Allontanandosene, riesce lo scrittore ad arrivare a una maggiore oggettività? Alla luce di questi fatti, riteniamo che sia interessante sapere in che modo si sviluppa e come si conclude il tema centrale de Il Romanzo di Ferrara ne L’airone.

Oltre al contenuto, è fondamentale la forma circolare del romanzo, il che vale per la relazione di Limentani con la madre: sia nell’apertura del romanzo sia nella fine del racconto si assiste ad una

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Queste novelle sono state riedite nel 1973 sotto il titolo Dentro le mura.

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scena del protagonista con la madre. Tale circolarità si osserva anche nella trama: le vicende

cominciano e finiscono in città, mentre il centro della storia consiste nell’episodio con l’airone che si svolge in campagna.

1.2.1 La trama de L’airone

Tutta la vicenda de L’airone si svolge in un intero giorno nell’inverno del 1947. Il protagonista, l’avvocato Edgardo Limentani, esce di casa a Ferrara, per una giornata dedicata alla caccia. Il suo matrimonio è infelice. Vive a Ferrara con la moglie Nives, con cui la convivenza è in crisi, sua figlia Rory e la madre. Limentani, ricco proprietario terriero, è stato recentemente intimorito dai suoi fittavoli.

Il romanzo descrive in modo dettagliato il suo viaggio da Ferrara via Codigoro verso il Po del Volano, una zona paludosa, in cui le terre sono circondate dall’acqua del delta, dove si svolgerà la caccia. A Codigoro incontra l’ex-fascista e ristoratore Bellagamba, il quale ha fatto buoni affari e si è arricchito. Nello stesso paese vive il cugino Ulderico Cavaglieri, il quale, al contrario di Limentani, si è unito al fascismo prima della guerra, scelta che gli ha portato una posizione benestante e il rispetto dei compaesani. Nonostante la scelta opportunistica a favore del fascismo del cugino ebreo Ulderico, Limentani ha ristabilito recentemente i contatti con egli. Una conoscenza di Ulderico, Gavino Aleotti, sarà la guida e l’aiutante per la caccia. Alla fine, Limentani non riesce ad abbattere gli uccelli a causa di un sentimento di irresolutezza, lasciando così la caccia a Gavino.

Durante tutto questo giorno le emozioni speranzose si alternano a quelle dolorose. Dopo il tentativo fallito di sparare agli uccelli, si ferma a Codigoro per mangiare controvoglia del pesce e bere un po’ di vino nel locale di Bellagamba, per poi camminare per le strade del paese senza meta, in preda a un senso di esclusione, che cresce dopo che immagina suo cugino Ulderico nella propria casa, circondato dalla sua famiglia felice. Vagando nel paese, si ferma davanti a un imbalsamatore di uccelli, dove vede un airone che gli fa pensare a quello che Gavino ha ucciso quel pomeriggio. Davanti alla bottega, lo pervade un senso di tranquillità e si sente senza preoccupazioni, come gli uccelli nella vetrina illuminata.

Tornato a casa, si prepara a togliersi la vita, dopo aver salutato la madre e averle dato la buonanotte. Così finisce la storia dell’uomo distaccato dal mondo, un romanzo di cui dichiarava l'autore stesso in un'intervista6 “Il libro è "la descrizione di un viaggio verso la morte", "tutto disseminato di simboli mortuari".

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1.3 La struttura della ricerca

La nostra indagine consiste nell’affrontare il testo per mezzo dello schema seguente: 1. Il bilancio della vita personale del protagonista

2. Il fascismo e il postfascismo nella società dell’epoca 3. Il ruolo del protagonista nella comunità

In seguito, il testo verrà suddiviso in tre parti: 1. La crisi

2. Il trauma 3. La decisione

Per quanto riguarda L’airone: se sono stati scritti altri commenti precedenti,7 sembra, invece, che nessuno prima abbia esaminato il testo secondo un’analisi basata sugli aspetti dell’esilio emozionale di Limentani. Tratteremo prima le linee essenziali di quello che gli studiosi hanno trovato riguardo ai punti che ci siamo proposti di ricercare nel testo di Bassani, per poi tornare alle nostre osservazioni.

1.3.1 Il bilancio della vita personale

Il protagonista appartiene ad una famiglia ebrea, il che ha una grande influenza sulla sua vita privata. Quest’aspetto è stato esposto da Lucienne Kroha (2014: 34), il quale cita Theodor Lessing che inventò nel 1930 il termine “l’Ebreo che odia se stesso”8. Possiamo sostenere che Kroha tocca un argomento importante, visto che l’Ebreo Limentani fa emergere un certo rancore verso se stesso, che è il leitmotiv de L’airone. Questi sentimenti d’odio provocano un bilancio emozionale instabile che gli impediscono di intrattenere relazioni normali con le persone.

Speelman (2015: 185) rileva che gli autori ebrei scrivono più di quelli goy o gentili sulle relazioni tra parenti e, soprattutto, su quelle tra genitori e figli. Un pensiero interessante,

specialmente se si osserva che Bassani descrive i rapporti affettivi difficili di Limentani con la madre e con la figlia Rory, il che è un esempio che conferma questa osservazione di Speelman.

Fascismo e postfascismo

Per quanto riguarda il ruolo del fascismo ne L’airone, Kroha (2014: 29) mostra che la scelta per il Partito Fascista portò ad una frattura dentro famiglie ebree. Egli cita Bassani che dichiarava: “Io mi staccai completamente sia dalla mia famiglia sia dalla mia città, ero diventato per certi versi straniero a tutto quanto mi aveva circondato prima d’allora (…) li avrei ritrovati sì, ma più tardi, molto più tardi,

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I due ricercatori principali sono Douglas Radcliff-Umstead, in The exile into Eternity (1987) e Lucienne Kroha in

The drama of the assimilated Jew (2014), loro hanno dedicato un intero capitolo a L’airone.

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quando avrei cominciato in qualche modo a scriverne.”9 È evidente che ne L’airone si tratta di un’opera di finzione, ma non possiamo ignorare questa esperienza personale dell’autore di quest’opera.

Si può considerare Limentani vittima del fascismo: il protagonista, in fondo, non si è mai ripreso dallo choc causato dalla mancanza di amicizia e dalla discriminazione, il che ha causato un crescente disprezzo per se stesso (Radcliff-Umstead, 1987: 137). Kroha (2014: 200-202) aggiunge che il passo in cui Limentani incontra per la prima volta l’ex-fascista e ristoratore Bellagamba è molto importante perché in quel momento il suo odio latente si rivela con maggiore effetto. Quando Limentani lascia il ristorante di Bellagamba, nota che il ristoratore “assomigliava abbastanza al Mussolini degli ultimi anni (Bassani, 1980: 600)”. Queste osservazioni mostrano che il ruolo del fascismo rimane importante anche dopo la fine della guerra.

Il personaggio di Bellagamba risulta importante perché l’ex-fascista rappresenta la personificazione del periodo del fascismo: sembra che questo tempo sia passato, ma non è così perché il trauma di quel tempo è, come vedremo, una delle cause del disturbo psicologico di

Limentani. Egli ha superato la guerra e il fascismo, ma ora non è in grado ad adattarsi alla situazione del dopoguerra e vive in uno stato di profondo dolore (Radcliff-Umstead, 1987:136).

Il ruolo della comunità

Prima della promulgazione delle leggi raziali, nell’Italia fascista, avvenuta nel 1938, l’integrazione degli Ebrei era stata un processo fortunato. Vanelli (2004: 220) spiega che l’emancipazione degli Ebrei italiani fu “un riuscito fenomeno di integrazione“. L’autore, invece, aveva sperimentato come Ebreo che, proprio in conseguenza alle leggi raziali del 1938, si ritrovò improvvisamente membro di un popolo marginalizzato. Gli Ebrei furono considerati ‘l’altro’ dopo un periodo di convivenza tra i due popoli (Bettin, 2012: 428). Bassani ha dipinto, secondo Bettin (2012: 428-429), senza voler giudicare, un ritratto di una società che non aveva idea di quanto facesse male essere esclusi.

Furono diverse le reazioni all’armonia disturbata che si vede nelle vite dei personaggi bassaniani: i sopravvissuti alle leggi razziali e alla dominazione nazista scelgono di lasciare la città, di vivere nella solitudine o di rinchiudersi in se stessi. Queste ultime due soluzioni valgono entrambe per Limentani, il protagonista de L’airone, come registra Radcliff-Umstead (1987: 137). Limentani, una volta ricco avvocato e proprietario terriero dal 1947, ha paura dei contadini subordinati perché lo hanno minacciato e non può più visitare la sua proprietà, La Montina. Come Ebreo, non poteva più essere un proprietario terriero e ha ceduto legalmente La Montina alla moglie Nives, la sua ex concubina cattolica. In questo momento, quando perde la propria identità di proprietario terriero, si

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osserva come il ruolo sociale è finito (Radcliff-Umstead, 1987: 137). Eduardo Limentani si sente così estraniato che cerca lontano un posto per stare in pace e sicurezza.

Caratteristiche del concetto di crisi

Ne L’airone Bassani descrive un giorno di crisi del protagonista Limentani, il quale quel giorno, subito dopo sveglio, è entrato in crisi. Getz et al. (1980: 15) spiegano che una crisi è “un periodo di

sconvolgimento, durante il quale vengono fatti molti tentativi verso la risoluzione del problema, che però abortiscono.” Nel prossimo capitolo vedremo se questa spiegazione della parola crisi è

applicabile allo stato mentale di Limentani, quel giorno di dicembre.

Limentani cerca continuamente di ristabilirsi, ma ogni tentativo è vano, fino a quando arriverà a un momento critico della sua vita che porterà a un cambiamento. Secondo Caplan (1961: 16), la parola ‘crisi’, derivante dal greco, significa sostanzialmente ‘un punto di svolta’. Questa osservazione è utile per capire come il concetto di crisi si riferisca alla vita di Limentani, in cui possiamo trovare vari eventi tragici, sia nella vita personale sia nella vita sociale: ovunque giri lo sguardo, egli si trova in una situazione di crisi. Limentani non riesce a conservare il proprio rapporto matrimoniale, anche perché la moglie ha una relazione extra-coniugale. Ha pochi contatti con la figlia Rory e, dunque, non è in grado di rappresentare la figura paterna per lei. Il confronto con l’ex fascista Bellagamba porta a un punto di svolta nella vita di Limentani. Il giorno in cui cerca di andare a caccia come ai vecchi tempi, quando era un uomo rispettato e andava a cercare la pace fuori città, nella natura, è proprio quello il giorno in cui accade tutto, e viene rafforzato lo stato di crisi.

Caratteristiche del concetto del trauma

Anche la parola ‘trauma’, come il vocabolo crisi, deriva dal greco e significa letteralmente: ferita; nel caso di Limentani: una ferita dell’anima. Tutte le vicende di quel giorno in cui è in fuga per se stesso confermano gli avvenimenti dolorosi del passato e lo turbano e disorientano.

Andare a caccia dopo anni gli fa tornare in mente che quella era un’abitudine di allora, di quando era un uomo rispettato dalla società. Questa uscita causa un’alternanza di sentimenti nel suo stato psichico perché richiama alla memoria il dolore e la paura del passato. In questo giorno in cui si confronterà col trauma del passato, si realizzerà il crollo della vita personale e sociale e il

protagonista si renderà conto che il fascismo non è sparito: in sintesi, tutte le vicende del giorno fanno rivivere in lui scioccanti esperienze anteriori.

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atteggiamento che può portare a tensioni nei rapporti interpersonali. Il loro stato d’animo basilare è triste: sentono una vacuità e si richiudono in se stessi. Per la nostra indagine questa elencazione è utile: se si sottopone L’airone ad un attento esame, si vedrà che tutti questi punti valgono per lo stato d’animo di Limentani.

Caratteristiche del concetto di decisione

La crisi, in cui Limentani si trova, lo porta ad un punto di svolta che sfocerà in una decisione. Non sembra che quella scelta definitiva sia effettuata dopo aver fatto un accurato esame delle varie opzioni: è piuttosto un processo che si sviluppa lentamente, passo dopo passo. Bassani costruisce un mondo intorno a Limentani in cui lui si trova a girare in uno stato confusionale, smarrito come un personaggio dantesco nei gironi infernali.

Non è, per esempio, in grado di lasciare la casa per andare a caccia; ogni volta rinvia la decisione di partire. Questi piccoli problemi diventano, a causa della sua mancanza di energia, difficili ostacoli da superare. Limentani tentenna tutto il giorno prima di prendere tali decisioni. Bisogna ora analizzare il concetto dell’esilio, di cui spiegheremo sia l’esilio in generale che quello nella letteratura, per finire con quello ne L’airone.

Esclusione sociale

I sociologi che studiano il rapporto tra l’individuo e il gruppo sociale a cui lui appartiene condividono l’opinione che ognuno ha bisogno di far parte della comunità: è un’esigenza umana essenziale. L’esclusione è una minaccia forte per il benessere psichico dell’uomo, il che vale particolarmente per Limentani. Per capire le conseguenze dell’esclusione sociale, si deve comprendere quello che è necessario per l’equilibrio psichico dell’uomo.

North e Fiske (2013: 32-39) distinguono cinque bisogni nucleari che muovono il genere umano. Sostengono che l’esclusione sociale si collega con questi cinque bisogni umani: appartenere a un gruppo sociale; credere in ciò in cui crede il gruppo sociale; avere il controllo del gruppo sociale; mantenere e rafforzare la fiducia in se stessi; avere fiducia nel gruppo sociale.Poiché questi motivi sociali sono fondamentali per il benessere psichico, è comprensibile che l’uomo cerchi in modo costante di essere membro di un gruppo. North e Fiske osservano che l’essere esclusi impedisce che una persona possa raggiungere le bisogni nucleari.

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Maslov10, che sono unanimemente del parere che l’uomo è disposto ad attaccarsi a un gruppo sociale, ed è disposto ad affezionarsi persino a un gruppo qualsiasi (North & Fiske, 2013: 32).

Una persona che ha comprensione per il mondo sociale degli altri è in grado di capire e/o di condividere l’opinione dei membri del gruppo. L’intendimento di un altro aiuta l’uomo a esercitare il controllo sul futuro incerto. Bacon11 dichiarò nel 1597: ‘knowledge is power’, questa idea, che la conoscenza delle regole del gruppo porti alla padronanza dell’ambiente sociale, vale ancora al giorno di oggi (North & Fiske, 2013: 35).

Il terzo motivo comprende il bisogno umano di esercitare il controllo sull’ambiente sociale. È una necessità che vale per ognuno di noi fin dalla prima infanzia, visto che un bambino deve ricevere quello che è necessario e lui dovrebbe contare sui genitori per i suoi bisogni di affetto e di cura (North & Fiske, 2013: 35).

Il quarto riguarda la necessità di sapersi comportare in modo benevolo con la gente. Questa capacità aiuta a sentirsi buoni e sicuri di se stessi. Una persona con un’autostima alta prova

sentimenti positivi e ha un approccio del mondo più decisivo (North & Fiske, 2013: 36).

L’ultimo motivo è la necessità di percepire il mondo sociale come un posto benevolo. Una persona che mantiene rapporti stretti con qualcun altro fa crescere la sua fiducia negli altri, il che porta a un sentimento di sicurezza, che è un bisogno essenziale secondo gli studiosi influenzali Rogers (1959) e Bowlby (1969)12. Inoltre North e Fiske (2013: 37) sostengono che una persona che ha fiducia negli altri è un individuo più empatico e servizievole.

1.4.1 Tre fasi di esclusione

Wessel e Williams (2013: 20-26) distinguono tre fasi nell’esclusione quale: la fase reciproca, la fase riflessiva e la fase di rassegnazione. Vorremmo trattare qui sotto queste fasi per approfondire il concetto d’esclusione.

L’uomo ha il potere di individuare segnali minimi di esclusione, al fine di evitare

un’espulsione permanente dal gruppo. Quando uno si accorge di essere escluso parliamo della fase reciproca. L’individuo sente subito dolore e angoscia come risposta e inoltre una crescita di

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S. Freud, ‘Instincts and their vicissitudes’, in: P. Rieff, (ed.), Sigmund Freud: General Psychological Principles:

Papers on Metapsychology, New-York: Collier, 1915/1965: 83-103, citato da North & Fiske, 2013: 32.

Maslov, A.H. Some basic propositions of a growth and self-actualization psychology, in: A.W. Combs (Yearbook Committee Chairman), Perceiving, Behaving, Becoming: A New Focus for Education, Washington, DC: Yearbook of the Association for Supervision and Curriculum Development, 1962, pp. 34-49, citato da North & Fiske, 2013: 32.

11

F. Bacon, Meditationes Sacræ, De Hæresibus. London: 1597, citato da North & Fiske, 2013: 35.

12 J. Bowlby, Attachment and Loss. Vol. 1. Attachment. New York: Basic Books, 1969, citato da North & Fiske,

2013: 37.

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ostracismo e, dal punto di vista fisico, un aumento di pressione del sangue (Wesselmann e Williams 2013: 21). La fase riflessiva può seguire entro alcuni minuti dopo l’ostracismo. In questa fase si vede il recupero dell’individuo, recupero che dipende dall’ampiezza della paura che l’individuo ha provato. Il ristabilimento del suo equilibrio dipende da differenze psicologiche che riguardano la sua sensibilità alle depressioni e la sua la capacità di arrovellarsi per risolvere un problema. Quando l’ostracismo permane per un periodo esteso, l’individuo entra nella fase di rassegnazione. In questa fase l’individuo si accorge che ogni tentativo di recuperare l’ostracismo è stato inutile. Le persone in questa fase raggiungono l’accettazione della loro situazione e dei loro bisogni irrealizzati (Wesselmann e Williams 2013: 24).

1.4.2 Le conseguenze dell’esclusione

Abbiamo visto che l’esclusione impedisce all’individuo di raggiungere i bisogni umani necessari descritte qui sopra. Adesso descriviamo l’impatto dell’essere escluso: alcuni degli effetti di una vita in isolamento si riscontrano nella tipologia psicologica del personaggio Limentani. Chow et al.(2007: 896-897) spiegano che gli esclusi mostrano un’antinomia: sia un aumento di comportamento sociale sia un aumento di comportamento antisociale. Qui sotto entriamo nel merito di questa antitesi.

Per quanto riguarda le conseguenze positive dell’esclusione, si vede stranamente che alcune persone rispondono all’ostracismo con un comportamento più socievole. I loro rapporti con gli altri migliorano allo scopo di evitare la minaccia di essere escluse (Wesselmann e Williams 2013: 23). Baumeister et al. (2007: 510) confermano l’opinione di Chow et al., menzionano una crescita di comportamento sociale. L’individuo escluso può investire energie in un nuovo legame sociale per una possibile amicizia futura. Gardner et al. (2000: 486-496) aggiungono che persone che sono state respinte sono più attente e più sensibili verso gli altri.13

Quanto alle conseguenze negative dell’esclusione, esse sono gravi. Possiamo dividerle in due tipi: le conseguenze sulla comunità intorno alla vittima e quelle sulla vita privata della persona esclusa. Cominceremo col trattare gli effetti maggiori sulla comunità intorno alla vittima.

Specialmente quando l’individuo escluso giudica che l’esclusione è stata immeritata, si osserva che lui si ritrae da colui che è responsabile dell’ostracismo, per poi reagire con un aumento di

aggressione verso quello che gli ha pestato i piedi. Smart Richman (2013: 44) conferma la sua

opinione: essa è del parere che si vede un aumento di aggressione, perfino verso persone incolpevoli dell’ostracismo. Chow et al. (2007: 896) illustrano il ruolo del rancore e affermano che esiste una relazione tra l’esclusione sociale e le sensazioni di rabbia che si possono manifestare dopo l’espulsione. A causa della rabbia, la vittima può manifestare comportamento antisociale.

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La maggioranza degli effetti di esclusione sono quelli dannosi per la salute mentale della vittima. Da alcuni studi di Smart Richman (2013: 43-51) e Baumeister et al. (2007: 506-520) risulta che le persone che sono state rifiutate soffrono di insensibilità, sia sul piano fisico sia su quello psichico. Quando i respinti si sono confrontati con la sofferenza di altre persone, essi hanno mostrato reazioni meno empatiche riguardo alla loro sofferenza. Inoltre, hanno meno fiducia nell’altro, si rinchiudono in se stessi, piuttosto di correre il rischio di essere rifiutati, evitano l’occasione di entrare in contatto con qualcuno.

Leary e Cottrell (2013: 14-15) menzionano come risposta all’ostracismo un senso di vergogna e di colpa. Le vittime pensano che sono colpevoli dell’ostracismo perché sono stati respinti a causa della loro condotta, o delle caratteristiche della loro personalità. Si vergognano, il che causa scarsa fiducia in se stessi, e questa mancanza di autostima diminuisce poi la loro possibilità di essere accettati. Quando un individuo incontra la combinazione tra l’essere escluso e una percepita perdita di controllo, l’escluso rischia la sensazione di essere impotente di fronte all’ambiente sociale. Di questo fenomeno lo psicologo americano Seligman14 ha sviluppato la teoria conosciuta come ‘impotenza appresa’15. Una persona che è vittima di tale impotenza può soffrire di problemi psichici come paura, solitudine e depressione (North e Fiske, 2013: 36). Van Orden e Joiner (2013: 211) confermano il rischio di entrare in depressione dopo essere stati respinti.

Baumeister et al. (2007: 510) menzionano altre conseguenze dell’esclusione: gli esclusi mostrano un aumento di conformismo, il che si può spiegare come un desiderio di essere accettati. Wesselmann e Williams (2013: 23)16 menzionano il ruolo della religione, che può rafforzare le bisogni basali di coloro che sono stati minacciati dall’ostracismo: la religione funziona così come balsamo al dolore sofferto. Finora si è sviluppato il concetto dell’esilio emozionale dal punto di vista più sociologico. Adesso si tratterà il tema, come preparazione della nostra indagine sulla narrazione dell’isolamento di Limentani, il protagonista de L’airone, come è stato sviluppato sulla letteratura in generale.

1.5 L’esilio nella letteratura

Il tema della solitudine nella letteratura è un argomento spesso riflettuto nella letteratura. Si pensi, per esempio, a Il Libro di Giobbe, De Vita Solitaria di Petrarca o Il Misantropo di Molière (Assmann e Assmann, 2000: 11). Oggigiorno esistono vari approcci di questo concetto. Macho (2000: 27)

definisce la nozione della solitudine in modo filosofico: sostiene che la solitudine produca una tecnica

14

M.E.P. Seligman & S. F. Maier, Failure to escape traumatic shock in: Journal of Experimental Psychology, 1967: 74, 1-9, citato da North e Fiske, 2013: 36.

15

‘learned helplessness’.

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culturale, la cosiddetta ‘tecnica di raddoppiamento’17: significa che, quando uno è sopravvissuto alla sua solitudine, nasce una specie di parentela con se stesso. L’essere si divide in due: cioè l’anima e il centro. Macho (2000: 28) spiega che l’anima è capace di disegnare un’orbita attorno al proprio centro, al sole: la solitudine. Un individuo può raggiungere volontariamente questo stato di essere ‘solo con se stesso’ tramite la tecnica di meditazione.

Ci sono varie ragioni per stare in solitudine nella letteratura: Conliffe (2006: 116) sostiene che una persona può cercarla in modo attivo quando ha bisogno di isolarsi per riflettere, per riposare o per ristabilirsi dal punto di vista fisico o da quello mentale. L’isolamento può anche essere stato causato da forze esterne, per esempio quando uno ha merito una ricompensa o una punizione. Una delle caratteristiche dell’esilio nella letteratura è ovviamente l’assenza degli altri. Conliffe (2006: 125) enumera tre punti che sono esemplari per le opere letterarie. In primo luogo, si vede una separazione fisica o astratta, intenzionale o non intenzionale, che isola il personaggio dall’insieme. In secondo luogo, il personaggio (che può essere il protagonista, ma non deve esserlo necessariamente) accetta il suo isolamento. In terzo luogo, ci sarà un’interazione tra il personaggio isolato e le sue nuove circostanze, e questa interazione si trova al centro della trama dell’opera narrativa.

Il viandante sul mare di nebbia, Caspar David Friedrich, Hamburger Kunsthalle, 1818.

Il luogo dove di svolge la vicenda di un’opera che tratta dell’esclusione è un posto che si può

caratterizzare come uniforme e omogeneo: una selva, un mare, una foresta, una steppa o un terreno coperto di neve. In una regione incolta si può leggere e scrivere per raggiungere l’elevazione dello

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spirito (Macho, 2000: 40). Questa omogeneità facilita l’apparizione di demoni o di angeli. Si pensi per esempio ai demonietti di Hieronymus Bosch che tentano gli eremiti. Ci sono anche nella bibbia molte pagine in cui si trovano persone in un posto deserto, persone che vengono visitate da angeli o da demoni che provano a tentarli.

Trittico degli eremiti, Hieronymus Bosch, circa il 1493, Palazzo Ducale, Venezia.

Il deserto può anche funzionare come rifugio per persone che sono state perseguitate o minacciate, o come un posto tranquillo dove si può meditare. Ci sono vari esempi di tali posti nella Bibbia (Barasch (2000: 156). D’altra parte, aggiunge Barasch (2000: 159), il deserto funziona come la proiezione della vita interiore dell’eremita. Egli menziona come esempio l’agiografia Vita di Antonio (357) di Atanasio di Alessandria, nella quale il deserto è stato associato all’aspetto dell’eternità. Nel deserto, dove Antonio resta decine di anni, non esistevano stagioni, che sono di solito indicazioni del temporaneo.

Ai luoghi che vengono associati all’esilio si possono aggiungere quelli alti, come la montagna, o posti di difficile accesso, come un castello o una grotta. La connotazione della montagna è chiara per il fedele cristiano, perché essa è conosciuta come un posto dove è avvenuta la rivelazione divina (Esodo 20: 18) e dove gli apostoli hanno visto la trasfigurazione (Matteo 4: 8). La montagna rafforza l’isolamento, come si vede dalla scelta da qualche comunità monastica di costruire il proprio alloggio situato in alto (Barasch, 2000: 157).

Ci sono varie opinioni sullo scopo del tema dell’esilio nella letteratura. Haug (2000: 60) è del parere che l’espressione del respinto e il disprezzo del mondo sia un aspetto notevole della

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Un altro obiettivo della ricerca di tranquillità di un personaggio è il desiderio di contemplare i misteri della fede per cercare Dio (Barasch (2000: 155-156). Inoltre, l’esilio può contribuire a

superare le difficoltà, come per esempio la tentazione di Gesù da parte del diavolo (Matteo 4: 1-11), oppure costringere ad affrontare l’isolamento, come nel caso di Robinson Crusoe, che fu, fino alla venuta di Venerdì, costretto a sopravvivere da solo (Conliffe, 2006: 121-124).

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CAPITOLO 2

2. 1. Il bilancio della vita

2.1.1 Crisi La vita familiare

Nel primo capitolo abbiamo spiegato la teoria dell’esilio emozionale. Analizzeremo ora il testo attentamente per mostrare in che modo Bassani ha narrato del bilancio della vita disturbata di Limentani. Prima parleremo della crisi nella sua vita familiare: cominceremo con le nostre osservazioni, per poi trattare gli argomenti di studiosi che si sono occupati di questo tema.

La prima indicazione della crisi la troviamo nella pagina iniziale del romanzo. Limentani prova una sensazione indefinita di disagio: “(…) seduto sul letto, si fu lentamente guardato attorno, colto da un improvviso senso di avvilimento fu tentato di lasciar perdere, di non partire.” (Bassani, 1980: 571) e sulla stessa pagina: “la camera da letto (…) non gli era mai sembrata così estranea, così squallida.” (Bassani, 1980: 571-572) Lo scrittore con queste parole fa luce sui sentimenti di depressione e di alienazione di Limentani.

Tutti gli oggetti nella stanza disturbano il protagonista, cosa che lo scrittore sottolinea tramite la ripetizione della parola ‘ogni’: “(…) ogni mobile, ogni suppellettile, ogni oggetto che gli cadeva sott’occhio, lo urtava, lo infastidiva. Era come se lo vedesse per la prima volta. Oppure, più esattamente, come se soltanto adesso gli fosse dato di cogliere un suo aspetto meschino, antipatico, assurdo.”18 (Bassani, 1980: 572) Queste cose familiari che circondano Edgardo rappresentano il suo passato, cioè la sua vita fino a questo momento. Sono cose che gli provocano irritazione invece che consolazione. Non può più accettare la realtà della sua esistenza, infatti è subito dopo si è svegliato in crisi.

Un’altra indicazione della crisi in cui Limentani si trova è lo stato miserabile del suo matrimonio. Prima di uscire, cerca di scappare in punta di piedi perché vuole evitare un

“supplemento di addii con la Nives”, sua moglie, “che occupava la stanza matrimoniale” (Bassani, 1980: 577), dove si trova il letto da cui Limentani è stato cacciato via da lungo tempo. Quando la Nives, che comunque si è svegliata, lo chiama, egli è costretto a entrare nella sua camera da letto, e brontolando sbuffa fra se stesso: “Che borsa”. (Bassani, 1980: 578) Il suo matrimonio è, secondo Kroha (2014: 211), un’unione finta perché Limentani osserva la mano di Nives vede che: “Mezzo sepolto nella carne grassa e cerea del palmo, il cerchietto d’oro della fede quasi non si distingueva.”

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Quando il protagonista vede la figlia Rory, e nota come “(…) fosse così bella, così viva, così forte (…) d’un tratto fu oppresso da un’angoscia indicibile, da una desolazione senza rimedio. Non sapeva perché.” (Bassani, 1980: 582) Insomma, la forza e la bellezza della figlia sono contrastanti allo stato d’animo di confusione mentale di suo padre. Bassani indica qui lo smarrimento di Limentani in modo implicito.

La costituzione fisica

Risulta evidente che il turbamento nella vita di Limentani ha delle conseguenze fisiche. Prima di partire cerca di andare sul water, ma non riesce a liberarsi il ventre (Bassani, 1980: 574). Appena arriva a Codigoro è costretto a chiedere se può usare il bagno del ristoratore Bellagamba, l’ex fascista. Quando il protagonista vede l’ex fascista, che si comporta in modo affettuoso, il corpo di Limentani ‘parla’, secondo Kroha (2014: 201), perché “Lo stomaco se lo sentiva chiuso come un pugno.” (Bassani, 1980: 594)

L’interno del bagno e l’andare al bagno è stato descritto minuziosamente. Bassani usa un intero capitolo per descrivere questa scena. Lo scopo di questo numero eccessivo di parole è, secondo noi, quello di mostrare la violenza del disturbo biologico di Limentani. Per raggiungere il gabinetto deve salire tre rampe di scale dritte e ripide, il che gli costa molta fatica. Ci pare che Bassani usi quest’ immagine della salita faticosa per mettere l’accento sullo stato fisico esaurito di Limentani. Radcliff-Umstead (1987: 142) sostiene che la scala ripida suggerisca un abisso buio. Kroha (2014: 201) è del parere che la costipazione di Limentani indichi le sue emozioni represse: “Ma niente, ancora una volta, niente: il ventre non voleva saperne di vuotarglisi.”(Bassani, 1984: 597) Radcliff-Umstead (1987: 138) afferma che Bassani non esita a scrivere di processi fisici imbarazzanti, come orinare e defecare, perché vuole esprimere il problema sottostante di Limentani, che è quello di avere perso la padronanza della propria vita. Il suo corpo è diventato una prigione di cui si può liberare solo tramite il suicidio. Sia il suo odio per se stesso sia la sua angoscia attanagliano il corpo del protagonista.

La mancanza di appetito

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invisibile alle sue prede, prende il sandwich, ma il pane non gli piace. Secondo il protagonista perché è del tipo francese, e neanche gli piace la mortadella che trova troppa unta, e che ha, secondo lui, un sapore rancido.

Un altro episodio di inappetenza più esplicita accade dopo la caccia, quando Edgardo mangia da Bellagamba e comincia, forse perché ha lo stomaco vuoto, ad abbuffarsi: “Si riempiva la bocca della polpa fra dolce e acidula dei crostacei, e ingoiava: mandando poi giù lunghe sorsate di vino o ingozzandosi di pane. Molto presto tuttavia se sentì disgustato: del cibo e di se stesso.” (Bassani, 1980: 641) Bassani collega qui chiaramente la repulsione di Limentani del cibo al disgusto di se stesso. Poi lo scrittore rafforza questo collegamento usando parole che sono adatte a esprimere dei dettagli disgustosi, che si possono osservare quando uno si ingozza con il cibo troppo velocemente: “(…) aveva un bel masticare, ingollare, succhiare, tracannare.” (Bassani,1980: 641)

L’autore continua a descrivere le sgradevoli sensazioni fisiche per esprimere di nuovo il disgusto del cibo del protagonista. “A mano a mano che lo stomaco gli si veniva gonfiando, gli aumentava dentro anche lo schifo.” (Bassani,1980: 641) Secondo noi lo scrittore usa l’elemento del cibo perché gli alimenti sono necessari per restare in vita, mentre Limentani ha perso la voglia di vivere, il suo rifiuto del cibo ha a che fare con lo stato di crisi e di depressione in cui si trova in questo giorno.

Radcliff-Umstead (1987: 138) paragona Limentani con Roquentin, protagonista dell’opera La Nausée di Jean Paul Sartre. Roquentin mostra continuamente di aver un’avversione per la vita. Radcliff-Umstead afferma che Limentani non riesce a sfamarsi e dissetarsi perché la vita lo ha deluso per sempre. Sia Kroha,(2014: 201) che parla delle emozioni represse di Limentani, che Radcliff-Umstead, che descrive l’odio di se stesso e i sentimenti di angoscia e di delusione, descrivono tutti e due segni di una depressione, cosicché confermano la nostra conclusione che Limentani si sente depresso. Oltre a questa mancanza di appetito, come segno di crisi, vedremo nel prossimo paragrafo che il protagonista ha raggiunto uno stato d’alienazione nei confronti del mondo intorno a lui.

L’alienazione corporale

A causa della crisi in cui Limentani si trova, egli prende le distanze dalle cose che si trovano nella sua camera da letto. Ora dimostreremo che si aliena anche dalle sue funzioni corporali. Quando deve andare al bagno per darsi una rinfrescata e per orinare e fissa gli occhi sul membro, constata:

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circoncisione, così familiare e insieme così assurdo… Non si trattava che di un oggetto, in fondo, di un puro e semplice oggetto come tanti altri. (Bassani, 1980: 646)

Le parole: ‘curiosità’ e ‘sorpresa’ esprimono il distacco: è come il pene fosse un oggetto invece di un membro essenziale, mentre la parola ‘amarezza’ sottolinea il suo stato di crisi. Si sente alienato dal proprio membro, che è stato ridotto a un oggetto d’uso e che porta il segno della sua ebraicità. Di questo elemento, cioè quello della traumatizzazione psichica di Limentani a causa della

discriminazione, tratteremo nel prossimo paragrafo.

Simbolo di alienazione: lo specchio

Un simbolo per sottolineare lo stato di alienazione di Limentani è lo specchio in cui si guarda varie volte quel giorno. Subito dopo il risvegliosi osserva attentamente: “Quel viso era il suo; e tuttavia stava lì, a fissarlo, come se fosse di un altro (…). Come era meschino e antipatico anche il suo viso, come era assurdo!” (Bassani, 1980: 573) Lo scrittore usa qui degli aggettivi spregiativi: meschino, antipatico e assurdo, per indicare come Limentani percepisce se stesso. Sono gli stessi aggettivi che ha usato una pagina prima per indicare lo stato mentale di Limentani, quando osserva le cose nella sua stanza da letto.19 Così vengono ancora di più sottolineate le sgradevoli sensazioni di crisi e di alienazione di Edgardo, che si sente estraneo a sé e alle cose intorno a sé.

Quando si guarda, in una seconda scena, nello specchio, sta sognando della donna che aveva notato prima, nella sala da pranzo del ristorante di Bellagamba. Ha paura che la ‘puttana’ cerchi di entrare nella sua stanza. Aspettando l’entrata della donna, osserva: “(…) la specchiera (…) gli rimandava l’immagine di se stesso in piedi, a fianco della porta: un’immagine lontana, appena accennata, quasi fosse in procinto di dissolversi.” (Bassani, 1980: 651) Il confronto con la sua immagine riflessa ha peggiorato l’alienazione di Limentani.

19

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Riproduzione vietata (1937), René Margritte, Museum Boijmans Van Beuningen

La terza apparizione dello specchio nel romanzo è nella scena davanti alla vetrina dell’imbalsamatore a Codigoro. Bassani si riallaccia alla prima scena con lo specchio, dopo la sveglia: “Cercò allora di guardarsi come si era guardato quella mattina stessa nello specchio del bagno.” Limentani conclude che i suoi lineamenti appaiono: “(…) velati, allontanati, come se appena poche ore fossero state sufficienti a spargere su di essi la polvere di anni e anni (…).“ (Bassani, 1980: 681) Questa volta il senso di alienazione si aggrava, è più profondo: Limentani si sente separato dal mondo e il suo aspetto è invecchiato in un solo giorno.

L’alienazione totale

Quando si trova davanti alla casa di Ulderico, suo cugino, non riesce a suonare il campanello:

(…) d'un tratto fu penetrato dalla certezza di stare delirando. Delirava, sì, e chissà da quando. Dalla mattina, dall'istante che si era svegliato, e poi, giù giù, lungo l'intera giornata, lui non aveva fatto che delirare. Delirava ancora. Codigoro. Quei portici... Con una lucidità repentina si sorprese a chiedersi: ma lui, lui stesso, vestito da caccia, col berretto di pelo in testa, a quell'ora, sotto quei portici, ma lui chi era, veramente? (Bassani, 1980: 670)

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è estraniato rispetto a se stesso.20 Lo scrittore usa la parola ‘delirare’ ben quattro volte, un verbo che è legato a una malattia fisica. Si tratta ora di una crisi totale perché l’equilibrio non è più disturbato solo fisicamente ma anche mentalmente.

Finalmente il distacco dal mondo raggiunge il culmine, cosicché Limentani trova l’animo tranquillo: “Era a tal punto distaccato da se stesso e dal mondo, ormai, così tranquillo e sereno (…).” (Bassani, 1980: 683) Quando vede la figlia Rory per l’ultima volta, è convinto di eseguire il piano di suicidarsi, un eventuale rinvio potrebbe causare: “(…) il consueto, amaro senso di estraneità, quasi di repulsione, che gli aveva sempre impedito di considerarla sua, di volerle bene. Ecco, dunque - si diceva -: soltanto a patto di morire poteva volerle bene, alla Rory!”(Bassani, 1980: 687) Qui si vede l’alienazione totale: la figlia merita, secondo Limentani, di vivere senza suo padre.

Radcliff-Umstead (1987: 144) suppone che il vetro spersonalizzi l’identità del protagonista. Limentani ammira se stesso, perché assomiglia (secondo sua madre, T.K.) quasi all’ex re Umberto. Questa preoccupazione dell’aspetto è comune agli individui che si suicidano: il loro narcisismo non è amore per se stessi ma per un’immagine idealizzata. Questa immagine perfetta rimane fino alla fine del romanzo, secondo Radcliff-Umstead, perché Limentani cura il proprio corpo prima di suicidarsi: oltre a fare un bagno, si fa la barba e si pettina i capelli. Il protagonista cerca di mantenere

l’immagine amata di se stesso, che diventa invece vago proprio come succede con la sua identità. Questa spiegazione della toeletta del protagonista ci pare alquanto ricercata perché abbiamo trattato alcuni aspetti dell’avversione fisica del protagonista per se stesso e, ogni volta che si guarda, prevale proprio la repulsione corporale invece che un’immagine troppo elevata di sé. Un'altra ragione per fare la sua toilette potrebbe essere questa: che Limentani si lavi perché rispetta a modo suo la tradizione ebrea che si chiama “Mikveh”, secondo la quale uno si immerge nell’acqua per purificarsi. Una tradizione religiosa ebraica che viene utilizzata, tra l’altro, allo scopo di purificazione spirituale.21

L’indicazione dell’ora

Ne L’airone l’azione si svolge in un unico giorno, secondo le regole aristoteliche.22 Scegliendo l’unità di tempo, Bassani, riferendosi alle tragedie greche, mette l’accento sulla vicenda drammatica del

20 P. Messina e A. Laucci scrivono sul loro sito: ‘Un’epifania è un momento speciale in cui un qualsiasi oggetto

della vita comune, una persona, un episodio diventa "rivelatore" del vero significato della vita a chi percepisce il loro valore simbolico. L'epifania è resa dalla tecnica dello stream of consciousness che, proprio tramite l'analisi dei singoli pensieri del personaggio, mette in luce i collegamenti che esso fa tra l'oggetto (con il suo valore simbolico) e la sua situazione.’ users.quipo.it/messina/scuola/Joyce/epifania.html, riportato il 19-5-2016.

21

www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/Judaism/mikveh.html, riportato il 17-4-2016.

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romanzo. Ciò che ci colpisce è il ruolo preminente dell’ora. Il protagonista si impone un timing del giorno rigoroso e guarda continuamente l’orologio: ben venticinque volte!

Limentani si trova in crisi, come abbiamo costatato, subito, da quando si sveglia. Sulla prima pagina scrive Bassani: “Erano le quattro: l’ora appunto a cui, la sera avanti, aveva stabilito di

svegliarsi. Se voleva arrivare a Volano in tempo utile, era necessario che non perdesse neanche un minuto.” (Bassani, 1980: 571) Ci pare che sia propenso a controllare il tempo in modo rigoroso perché è sottoposto a pressioni fisiche e mentali: “Era troppo in ritardo. Avrebbe dovuto trovarsi a Volano da un pezzo: dalle sei e un quarto. Mentre adesso erano ormai le sette passate.”(Bassani, 1980: 594) Entrambi questi brani dimostrano che Limentani si sente come una preda23 che è stata inseguita da una sensazione indefinita di inquietudine e di paura.

In contraddizione coi suoi tentativi di controllo, Edgardo tende a rinviare le sue azioni per raggiungere il territorio di caccia. Prima di partire resta per tre quarti d’ora alla casa di Romeo Manzoli, il portinaio.24 Dopo rimane per un’ora da Bellagamba per andare in bagno, per poi restare a lungo da Fetmann, un bar, dove prende un caffè insieme all’ex-fascista.25

L’ossessione di controllare il tempo è totalmente scomparsa quando si trova nella botte per nascondersi durante la caccia. “Era addirittura più tardi di quanto Bellagamba aveva previsto -

sogghignò fra sé e sé -: le dieci e un quarto. Ma che cosa gliene importava, a lui, dopo tutto, che fosse presto oppure tardi?” (Bassani, 1980: 619) D’un tratto non gliene importa più nulla, Limentani

ridacchia con sarcasmo, perché ha perso l’interesse per l’ora. Sembra che stia trascorrendo il tempo durante la caccia, il momento clou della giornata, in un tempo sospeso. Questa osservazione vale anche per il momento in cui l’airone ritorna e Limentani lo avvista: “A un tratto, e doveva ormai essere l’una del pomeriggio, riconobbe l’airone.”(Bassani, 1980: 628) Questa volta non guarda l’orologio, ma valuta l’ora: non gli interessa il momento esatto.

Dopo la caccia, ritorna l’indicazione precisa dell’ora. Quando Edgardo, al ristorante, mangia un rombo, ne sceglie uno che è fatto lesso, perché richiede dieci minuti in meno di quello preparato sulla graticola. Dopo la cena, quando ha fatto un riposino, ha perso di nuovo la cognizione del tempo: “Erano le cinque e tre quarti. E subito comprese, avvertendo al tempo stesso una improvvisa stretta

Unità d’azione: l’argomento della tragedia deve avere sviluppo unitario, ossia riferirsi ad un unico avvenimento, nel quale la situazione iniziale e quella finale sono collegate da una serie di eventi basati sul meccanismo causa–effetto, con esclusione di vicende accessorie.

Unità di luogo: il dramma deve svolgersi in un unico luogo. Unità di tempo: il dramma deve svolgersi nell’arco di una giornata.

www.enciclopedia-1.com/u/un/unita__aristoteliche.html, riportato il 14-4-2016.

23 Questo aspetto, quello di essere una preda vale anche per l’airone, come vedremo nel prossimo capitolo. 24

Dalle 5.05 (Bassani, 1980: 582) alle 5.52 (Bassani, 1980: 588)

25

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d’angoscia, di non avere dormito che un’ora.” (Bassani, 1980: 657) La paura torna, Limentani

preferirebbe un sonno più lungo per non sentire niente delle sgradevoli sensazioni causate dalla crisi. Bassani conclude il brano con queste parole lungimiranti: ”L’indomani era lontano, lontanissimo. Nel mezzo, duro da superare, si apriva il baratro immenso di tutta la notte, di una delle più lunghe notti dell’anno.”(Bassani, 1980: 657) Limentani non ha ancora deciso di togliersi la vita, ma si rende conto che avrà una notte difficile davanti da sé.

Quando si prepara per il suicidio si sfila l’orologio da polso. Lo mette sul comodino accanto alla sveglia e al gomitolo di spago. Lo spago è necessario per annodarlo da un capo al grilletto e, dall’altro, a qualcosa di solido, per poi tirare la canna verso di sé. Lo spago è ora un oggetto

indispensabile, mentre i simboli della caducità della vita, la sveglia e l’orologio, non gli servono più. Significa che l’indicazione minuziosa dell’ora in tutto il romanzo è un aspetto importante della crisi. Una persona che si sente smarrita e sta perdendo l’identità cerca un appoggio. Mantenere l’aderenza del tempo può offrire sostegno e aiutare a controllare la propria ansia.

Radcliff-Umstead (1987: 133) aggiunge che Bassani sceglie ironicamente di lasciar svolgere la storia nel periodo prima di Natale, perché è il periodo più buio dell’anno, che può causare un senso di disperazione. Il Natale è una festa importante per la moglie cattolica, mentre Limentani, come Ebreo, quel giorno sente solo un vuoto spirituale. Lo stesso studioso considera tutti gli strumenti per misurare il tempo come “simboli di fatalità”. Lo scrittore, infatti, li usa per esprimere il concetto di fatalità. Sono simboli che dominano il viaggio circolare del protagonista. (Radcliff-Umstead, 1987: 140). Kroha (2014: 205) apporta un contribuito interessante; citando il seguente brano:

Niente più gli appariva come reale (…). Lui stesso, seduto in botte col fucile in mano come Gavino, però inerte, incapace di un solo gesto… Vero e non vero, visto e immaginato, vicino e lontano: tutte le cose si mescolavano, si confondevano fra di loro. Perfino il tempo normale, quello dei minuti e delle ore, non c’era più, non contava più. (Bassani, 1980: 628)

Kroha (2014: 205) spiega che Limentani gradualmente si è spostato dal tempo cronologico al tempo psicologico, un tempo in cui è rimasto congelato: il tempo della persecuzione. Torniamo

sull’argomento del tempo, inteso come tempo meteorologico, nel prossimo paragrafo.

Le condizioni meteorologiche

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il vento è fortissimo. Quando esce dalla casa e entra nel portico, fa freddo: “Nel portico faceva molto freddo: un freddo umido e insidioso davvero da pozzo, da cantina sotterranea.” (Bassani, 1980: 583) Lo scrittore usa tre aggettivi per descrivere il freddo: umido, da pozzo e insidioso. Limentani deve soffrire sia il vento che il freddo.

Nel momento in cui arriva da Bellagamba, il cielo rimane “(…) scuro, percorso da nuvole gonfie e veloci.”(Bassani. 1980: 595) Dopo, quando è in dubbio se non sarebbe meglio tornare a casa, il cielo diventa grigio. Limentani, essendo partito finalmente per Volano, pensa che troverà nell’area di caccia “tutto ciò di cui aveva bisogno, serenità, salute del corpo e della mente, gioia di vivere (…).” (Bassani, 1980: 609) Egli constata che il vento ha cambiato provenienza e viene dal mare. Edgardo spera che: ”Se si manteneva fisso un po’in quella direzione, il cielo si sarebbe ripulito del tutto.” (Bassani, 1980: 609)

Il tempo e l’umore del protagonista migliorano simultaneamente in egual misura: poco dopo sta uscendo il sole: “(…) la luce gli procurò una scossa benefica, lo rianimò. Nel sole il cotto rosso del casone Tuffanelli splendeva vivo, allegro (…).” (Bassani, 1980: 615) Il tempo è migliorato, il che risponde alle aspettative di Edgardo, si sente rianimato, e constata come il sole brilli vivo e allegro. In questo brano troviamo in modo più esplicito il legame tra le condizioni del tempo e i sentimenti contrastanti del protagonista.

Quando Limentani ritorna a Codigoro dopo la caccia, non vede quasi niente a causa della nebbia. Ha l’impressione di essere inseguito. Qualcuno che si sente perseguitato non ha fiducia negli altri e ha l’impressione che gli altri costituiscano una minaccia per la propria sicurezza. Possiamo dedurre che Limentani si trova in crisi, il suo equilibrio psichico è stato disturbato. È stato escluso dalle persone della sua vita privata, cioè non fa parte di un insieme di persone vicine. Appartenere a un gruppo è una delle cinque bisogni umani (quelli che abbiamo trattato nel capitolo precedente) che sono tutte necessarie per la stabilità mentale dell’uomo.

2.1.2 Trauma L’Ebreo vittimizzato

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mostra la stretta relazione tra la caccia di uccelli e quella agli Ebrei, che ha causato il trauma di Limentani.

Kroha (2014: 196) conferma questo pensiero e menziona che l’andare a caccia è una decisione doppiamente ironica. In primo luogo perché gli Ebrei di solito non vanno a caccia e, in secondo luogo, perché il cacciatore diventa qui la preda. Limentani ricostruisce inconsapevolmente così la sua fuga a causa dei nazisti dall’Italia in Svizzera. Il cacciatore che diventa a sua volta preda è un topos, cioè un tema ricorrente nella letteratura. Che gli Ebrei vadano o non vadano a caccia ci pare di poca importanza, ma è chiaro che Limentani è diventato una vittima tardiva. Constatiamo che mostra un sentire triste e un sentimento di vacuità, che sono entrambi sintomi, di cui abbiamo parlato nel primo capitolo, rappresentativi di una persona traumatizzata, com’ è il protagonista.

Sulla prima pagina del romanzo si legge già un’allusione alle radici ebraiche di Limentani: è stato menzionato che ha vissuto in Svizzera per un anno e mezzo. Nel paragrafo che tratta

dell’alienazione di Limentani abbiamo mostrato un’allusione meno velata alla sua ebraicità: quella della circoncisione, che lui considera un atto tanto familiare quanto assurdo. Trovandosi nel bagno di Bellagamba, legge alcuni foglietti che appartenevano a un giornale di qualche mese prima, tra cui un brano che tratta della persecuzione degli Ebrei in Polonia, che continuava ancora nel 1947, il periodo in cui si svolge la storia.

Schneider (1986: 112) spiega che lo scrittore dipinge l’aspetto di Edgardo, che assomiglia a quello di Bassani stesso. Un’eccezione è la forma delle loro rispettive labbra; quelle di Limentani sono: “grosse, sporgenti, un po’da donna”, mentre le labbra di Bassani sono più sottili. Secondo Schneider le labbra carnose di Edgardo tradiscono la sua debolezza e la sua impotenza: sono quelle di una vittima.

Giorgio Bassani26

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Intanto si osservava nello specchio. Quel viso era il suo; e tuttavia lui stava lì, a fissarlo, come se fosse di un altro, come se neanche il proprio viso gli appartenesse. Minuzioso e diffidente, ne controllava tutti i particolari: la fronte calva, convessa; le tre rughe orizzontali e parallele che la solcavano quasi da tempia a tempia; gli occhi azzurri, slavati; le sopracciglia rade, troppo arcuate, tali da conferire alla fisionomia nel suo insieme un’espressione

perennemente incerta e perplessa; il naso piuttosto forte, ma bello, però, ben disegnato, da aristocratico; le labbra grosse, sporgenti, un po’ da donna; il mento deturpato sulla punta da una specie di buco in forma di virgola; il colorito rosso mattone delle lunghe guance

scontente, sporche di una barba così nera da sembrare bluastra. (Bassani, 1980: 573) Limentani è, secondo Kroha, (2014: 195-196) una specie di “Principe Ebreo”, paragonabile a quello de Il gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, perché L’airone fa riferimento a questo romanzo.27 Edgardo si considera un principe Fabrizio moderno, che è stato similmente umiliato dai suoi contadini. Il rifiuto di ammettere l’enormità di quello che gli Ebrei hanno dovuto attraversare impedisce il suo lutto, che è necessario elaborare per andare avanti. Non ha potuto digerire di essere escluso dalla società in quanto Ebreo.

Limentani si identifica con l’airone che Gavino vorrebbe cacciare per due ragioni: perché ne riconosce la vittimizzazione come preda cacciata, e a causa della solitudine dell’uccello. Quando Gavino e Limentani hanno raggiunto il territorio da caccia, Limentani comincia a scrutare il cielo “(…) vide quasi subito un uccello isolato che, a un centinaio di metri di quota, stava lentamente

avvicinandosi.” (Bassani, 1980: 624) Limentani osserva l’airone minuziosamente e dice a Gavino che gli aironi non sono buoni da mangiare. Gavino risponde: “Ha ragione (…). Ma impagliato fa sempre il suo effetto.”(Bassani, 1980: 624) Con questa osservazione è stato piantato nel protagonista il seme della sua compassione per l’airone; egli infatti constata: “Che buffa bestia!” (Bassani, 1980: 624), ma intanto è preoccupato che Gavino uccida l’airone.

Gavino rifiuta in prima istanza di accettare il fucile di Edgardo e spiega che “Il suo mestiere era ormai soltanto quello di accompagnare i signori sul posto (…) e poi, a caccia finita, di andare in giro con la barca a raccogliere morti e feriti.” (Bassani, 1980: 622) Finalmente prende il fucile e comincia a uccidere tanti uccelli. Per Kroha (2014: 204), Bassani esprime la vittimizzazione

traumatica tramite le parole ‘morti e feriti’, visto che gli uccelli nell’episodio della caccia funzionano come metafore, come controfigure delle vittime della violenza nazista. E noi condividiamo la sua opinione. Schneider (1986: 107) afferma che si può interpretare la donazione del fucile di Edgardo a

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Gavino come una distruzione simbolica: non solo l’airone verrà ucciso, ma lo sarà anche Edgardo. Egli conferma, tramite l’offerta della sua arma, la sua vittimizzazione.

Questa partita di caccia è, per Radcliff-Umstead (1987: 137), fuor di metafora, un tentativo vano di trovare un posto lontano di pace e di sicurezza. Limentani cerca prima un posto per la fuga temporanea nella casa della famiglia Manzoli e poi nell’albergo di Bellagamba, perché cercava disperatamente un posto dove potesse appartenere a un gruppo. Ogni pausa nella sua gita di quel giorno rappresenta uno stadio di questa ricerca di attaccamento. (Radcliff-Umstead, 1987: 142) L’ossessione di Edgardo per conoscere l’ora esatta, può anche funzionare come delimitazione di uno stadio della ricerca della pace interiore.

Il trauma coniugale

Nives, la moglie del protagonista, ha perso ogni rispetto per il marito Limentani, che a sua volta sente un’avversione per lei. Per questo egli cerca, prima di partire per la caccia, di evitare un incontro con lei, e per due ragioni. Non vuole che lei veda il nuovo fucile che ha comprato, e anche perché ha paura “(…) che avesse delle intenzioni (…)”, che l’intimità che teme possa aver luogo, perché la moglie è ancora a letto. Lei era una volta la sua amante, ma le leggi razziali hanno costretto Edgardo a sposarsi con lei, nel 1939. Limentani voleva salvare la tenuta familiare tramite il matrimonio con una donna cattolica. Lei diventò la nuova intestataria, mentre Limentani perse l’intero possedimento della sua famiglia ebrea. Schneider (1986: 113) rivela che le due cose che lo impaurivano quella mattina rispecchiano le passioni principali di Nives: il denaro e il sesso. Lei è, insomma, l’usurpatrice dell’eredità del marito: colei che prende la sua ricchezza e la sua religione, cioè la sua identità ebraica.

Questo matrimonio gli ha portato una perdita dolorosa, invece di portargli amore e sostegno, e, quando vede sua moglie, si confronta nuovamente con queste vicende traumatiche. La ritiene un donnino di paese:

(…) sentiva crescere dentro se stesso lo stupore. Si rendeva benissimo conto come era potuto succedere che quel donnino di paese fra i trenta e i quaranta, con gli occhietti grigi e

inespressivi, col naso corto e adunco come il becco d’un rapace, e con la piccola bocca, sotto, dal labbro superiore sottile, pressoché invisibile, e quello inferiore grosso e prominente, fosse diventata sua moglie. Oh, se ne rendeva conto!”(Bassani, 1980: 579)

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basato sulla psicanalisi. Però è chiaro che la donna ha rapinato i suoi possedimenti: Limentani è diventato la sua vittima. Limentani crede che la moglie provi un desiderio erotico per il ragionier Prearo, uno dei suoi dipendenti. Schneider (1986: 101) nota che il letto coniugale, quello del concepimento di Edgardo, è venuto ingiustamente in possesso di lei. Il letto è diventato così il simbolo di aridità sessuale.

Più tardi, quando Limentani dorme, sta sognando che l’albergo di Bellagamba è pieno di persone che fanno l’amore. Ad un tratto la donna in tailleur, che ha visto prima nella sala da pranzo, cerca di sedurlo e di baciare il suo membro maschile. Limentani reagisce:“ ‘Cosa vuoi baciare. Non vedi come è ridotto?’ ‘Sei proprio a terra,’ mormorava allora lei senza più toccarlo, e limitandosi a guardarlo lì, dove lui stesso guardava. ‘Sei proprio senza.’” constata la prostitute. (Bassani. 1980: 656) Lei conferma la sua impotenza con le parole: ‘sei proprio a terra’, e ‘sei proprio senza’, Limentani non è più capace di fare l’amore.

Radcliff-Umstead (1987: 138-139) suggerisce che si tratta qui di un freudiano complesso di castrazione, la realizzazione di un desiderio che avviene in sogno.28 L’impotenza dell’uomo si

estenderebbe, oltre il campo della sessualità: Limentani si trova indifeso nella sua attuale situazione, il che lo porta a ritirarsi dalla vita. Ma forse è il contrario: Limentani non ha paura della castrazione, sembra piuttosto che sia un uomo che ha problemi sessuali. Kroha (2014: 214-215) lo conferma con questo esempio: quando Cesarina, la moglie del cugino Ulderico, gli chiede di prendere una tazza di tè, Limentani dà all’invito un’accezione sessuale e crede che lei abbia l’intenzione di commettere adulterio.

Gli oggetti che sono uniti con il trauma

Oltre alla descrizione minuziosa dell’ora, vedremo nel prossimo paragrafo che anche gli oggetti intorno a Limentani sono caratterizzatati con cura per dare un’immagine del mondo complicato in cui Limentani vive. Nel seguente paragrafo inventarieremo prima quali oggetti Bassani ha messo in scena, per poi parlare del loro significato.

Abbiamo già constatato che lo scopo del controllo dell’ora per Edgardo è quello di controllare la propria ansia. Gli oggetti più importanti dell’ossessione con l’ora del giorno in questo romanzo sono la Jaeger e il Vacheron-Constantin. La Jaeger è una sveglia da viaggio che Nives gli aveva regalato. L’altro, l’orologio da polso Vacheron-Constantin, è un ricordo della Svizzera: sono entrambi oggetti che sono legati al trauma della vita personale di Edgardo.

La moglie Nives crea il suo proprio mondo di oggetti: il letto, quello già menzionato, dove Edgardo fu concepito e che ora è stato occupato da lei.

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Giacché dormiva sola, si era organizzata. Sul comodino, oltre a un’immagine di Maria Ausiliatrice, alla quale era dedicata la chiesa più importante di Codigoro, quella in piazza, aveva sistemato la radiolina, il cestello contente la roba per cucire, le fotografie dei genitori, e un mazzo di carte. (Bassani, 1980: 581)

Bassani descrive un mondo totalmente differente da quello di Limentani, il quale si chiede quando esce dalla camera: “Perché vivevano ancora assieme? (…) Perché non si separavano,

finalmente?”(Bassani, 1980: 581) La ripetizione della domanda e l’uso delle parole ‘ancora’ e ‘finalmente’ sottolineano la conclusione, a cui egli è giunto, che il matrimonio è fallito.

Altri esempi di oggetti legati al trauma sono: il telefono, le barche e le targhe stradali a Codigoro. Limentani prova inutilmente a mettersi in contatto con suo cugino Ulderico per mezzo del telefono, un oggetto che è il simbolo della comunicazione per eccellenza, ma, visto che non riesce a parlare con il cugino, l’oggetto rappresenta piuttosto la mancanza di comunicazione: il telefono è diventato un simbolo di solitudine. Egli vede, quando inizia a vagare per Codigoro, dei barconi da carico e delle chiatte che ha visto da ragazzo: “(…) all’epoca delle beate, interminabili villeggiature che usavano allora, prima dell’altra guerra e subito dopo.”(Bassani, 1980: 671-672) Qui lo scrittore dipinge nitidamente la causa del suo trauma: quella della perdita della vita beata di allora. Edgardo legge agli incroci di Codigoro le targhe stradali, e vede vicoli che si chiamano: Carlo Marx, Federico Engels, Giuseppe Stalin, Antonio Gramsci e Clelia Trotti (una socialista locale famosa). Sono state ricoperte di calce da imbiancare e portano adesso nuovi nomi, che sono di politici di sinistra, un filone politico di cui Limentani ha paura. Radcliff-Umstead (1987: 141) ritiene che questi oggetti d’uso corrente, mobili, fucili o barche, siano nel presente romanzo simboli di fatalità. Secondo il nostro punto di vista questi oggetti sono piuttosto cose che a Edgardo ricordano i tempi felici. Abbiamo già notato che il telefono è legato alla mancanza di una comunicazione adeguata. Per lo studioso invece la cabina telefonica in cui Limentani chiama Ulderico assomigli a una bara, cosa che troviamo troppo ricercata. Arriveremo alla conclusione che gli oggetti intorno a Edgardo sono tutti legati al trauma, causato dalla vita disturbata di Limentani.

È Edgardo stesso, nel suo mondo di oggetti, dipinto come un oggetto. Bassani stesso confermò questa osservazione quando dichiarò, in un’intervista29, che scrisse L’airone secondo la corrente letteraria chiamata l’école du regard. Egli dichiarò:

Ma non per il gusto di adeguarmi a quella poetica. Il contrario anzi. Per mostrare come sia una letteratura da moribondi. Perché lo sguardo che si posa puro, indifferente sulle cose è lo

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