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(1)

Leonardo Sciascia e la Sicilia:

Un’analisi della sicilianità come strumento letterario per criticare la

società siciliana

MA-scriptie

Vakcode: LR1999M20

(2)

Indice

1. Introduzione 3 - 7 2. La sicilianità nelle opere dai veristi fino ad Andrea Camilleri 7 - 10 3. Il concetto della sicilianità: la storia della Sicilia 11 - 15

4. Leonardo Sciascia 16

4.1. I cenni biografici 16 - 18

4.2. Sciascia come scrittore impegnato 18 - 21

5. L’opera sciasciana: verso un nuovo genere letterario 22

5.1. La nascita del giallo italiano 22 - 24

5.2. I gialli sciasciani 24 - 26

5.3. I romanzi storici sciasciani 26 - 27

5.4. L’influenza dei dati storici sull’opera sciasciana 27 - 30

6. I grandi temi sciasciani 31 - 32

7. L’analisi delle tre opere 33

7.1. Il giorno della civetta 33

(3)

1. Introduzione

“Sono piuttosto uno scrittore italiano che conosce bene la realtà della Sicilia, e che continua ad esser convinto che la Sicilia offre la rappresentazione di tanti problemi, di tante contraddizioni, non solo italiani ma anche europei (...).”1

Queste parole dello scrittore Leonardo Sciascia (1921-1989) sottolineano la sua visione che i problemi che esistono in Sicilia simboleggiano anche quelli universali.2 E sono proprio questi problemi siciliani che Sciascia prende nella maggior parte delle sue opere come punto di partenza. La Sicilia diventa così il punto di riferimento per spiegare i problemi e le tendenze più gravi della società italiana. Uno di questi problemi gravi è secondo lo scrittore Sciascia quello della mafia, su cui scrive approfonditamente nell’opera Il giorno della civetta (1961). Anche se l’attività mafiosa in questo romanzo si svolge nell’ambiente di un paese siciliano, lo scrittore è dell’opinione che la mafia sia un fenomeno che esiste in tutta l’Italia.

Sciascia usa il concetto della sicilianità, cioè il carattere tipicamente siciliano di qualcosa o qualcuno, per spiegare questi problemi della Sicilia. In altre parole: la sicilianità nella produzione letteraria sciasciana serve per criticare la società siciliana. Il nostro collega per esempio nel suo romanzo Il giorno della civetta (1961) la politica siciliana alla mafia per mettere alla gogna la sua corruzione. Per capire bene l’atteggiamento che Sciascia assume nei confronti della Sicilia, è dunque necessario esaminare gli elementi della sicilianità. In questo lavoro mi interesserò analizzare come Sciascia usa la sicilianità come strumento letterario per criticare la società siciliana in cui è cresciuto, specificamente nei romanzi Il giorno della

civetta, Il consiglio d’Egitto (1963) e A ciascuno il suo (1966).

In quest’introduzione spiegherò il concetto della sicilianità per comprendere meglio che cosa implica esattamente questa parola. Da menzionare è il saggio ‘Sicilia e sicilitudine’3 in cui Sciascia approfondisce quest’argomento della sicilianità. Nella seconda parte

dell’introduzione parlerò di come questa ricerca sarà strutturata per rispondere alla domanda centrale della tesi.

Sciascia definisce il termine della sicilianità come un concetto che implica ‘la presenza nell’opera di quei dati e di quelle componenti che si ritengono specifici della sensibilità e del modo d’essere siciliani.’4 La sicilianità è la parola che riferisce quindi a tutto ciò che si ritiene tipicamente siciliano e che si potrebbe manifestare nella lingua, nelle tradizioni regionali, nel

1

Mullen, Anne, Inquisition and Inquiry. Sciascia’s Inchiesta, Market Harborough: Troubador, 2000, p.5.

2

Ibidem, p.7.

3

Sciascia, Leonardo, La corda pazza. Scrittori e cose della Sicilia, Milano: Adelphi Edizioni, 1991, p.11-18.

4

(4)

carattere del Siciliano e, come lo descrive Sciascia in tanti dei suoi romanzi, nella presenza della mafia.

Il tema della sicilianità viene illustrato più nel dettaglio da Sciascia nel suo saggio ‘Sicilia e sicilitudine’. In questo saggio afferma che il carattere dei Siciliani viene

condizionato dall’insicurezza a causa del passato: l’incapacità dei loro antenati di difendere la propria isola – la Sicilia è stata dominata per secoli e secoli da diversi popoli – ha reso la popolazione siciliana d’oggigiorno ‘diffidente, apprensiva, sempre incerta dell’avvenire e paurosa.’5 Una paura ‘per cui i Siciliani si chiudono in sé,’6 scrive lo scrittore Luigi Pirandello (1867-1936) nella stessa opera.

Scipio Di Castro, nel saggio ‘Avvertimenti a Marco Antonio Colonna quando andò a vivere in Sicilia’ entra nel merito del carattere dei Siciliani:

“I Siciliani,” dice il Di Castro, “generalmente sono più astuti che prudenti, più acuti che sinceri, amano le novità, sono litigiosi, adulatori e per natura invidiosi (...). Sono obbedienti alla Giustizia, fedeli al Re e sempre pronti ad aiutarlo (...). La loro natura è fatta di due estremi: sono sommamente timidi e sommamente temerari.”7

I concetti che si collegano spesso alla sicilianità sono ‘il sicilianismo’ e ‘la sicilitudine’, anche se entrambe parole significano qualcos’altro. Il sicilianismo riferisce a un certo sentimento di superiorità dei Siciliani. In altre parole: i Siciliani si credono secondo questo concetto

superiori agli altri, mentre la sicilitudine pone la Sicilia fuori dalla storia e dal tempo, come descrive l’autore Santi Correnti nel saggio ‘La memoria della sicilianìa’8. Tanti studiosi italiani rifiutano ad accettare questo concetto della sicilitudine perché la Sicilia non dovrebbe diventare un mondo a parte, tanto più che la sua storia ha ispirato e influenzato quella

europea. Si riferisce per esempio alla tolleranza religiosa che opera in Sicilia già dal 1169 e che fu introdotta in Francia nel 1598 quando re Enrico IV emanò l’editto di Nantes.9

Dalle definizioni del sicilianismo e della sicilitudine possiamo capire che la sicilianità è il termine giusto per criticare la società siciliana. Infatti, attraverso questo concetto si può trattare tutti gli aspetti che si ritiene tipicamente siciliano, creando spazio così anche per la denuncia sociale.

5

Sciascia, Leonardo, La corda pazza. Scrittori e cose della Sicilia, Milano: Adelphi Edizioni, 1991, p.12-13.

6

Ibidem, p.13.

7

Ibidem, p.11-12.

8

Correnti, Santi, ‘La memoria della sicilianìa’, sul sito:

www.entasis.it/Magazine/MagazineSelezionestampa.htm. Data di consultazione: 02-01-2010.

9

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Per rispondere alla domanda centrale, dividerò il lavoro in sette capitoli. Nel secondo capitolo inquadrerò Sciascia nel panorama letterario degli scrittori siciliani che vengono prima e dopo di lui, cioè dai veristi fino ad Andrea Camilleri, per capire meglio quanto è grande l’influenza della Sicilia sulle loro opere e come ognuno di loro descrive in modo suo le diverse

caratteristiche della società siciliana.

Nel terzo capitolo parlerò approfonditamente del termine della sicilianità. Tratterò la storia della Sicilia per comprendere globalmente come si è formato il forte sentimento di regionalismo dei Siciliani. Importanti in questo sono le dominazioni secolari della Sicilia da diversi popoli.

Mi concentrerò nel quarto capitolo su Sciascia come scrittore, cominciando con i cenni biografici. Farò attenzione anche al carattere impegnato delle sue opere. Di grande importanza sono le descrizioni del problema della mafia che Sciascia lega indissolubilmente alla società siciliana. Esaminerò poi l’influenza di Sciascia sulla produzione letteraria di un altro gran giallista: Andrea Camilleri (1925-).

Approfondirò l’opera sciasciana nel quinto capitolo. Studierò come il genere del giallo si è sviluppato in Italia. Tratterò in seguito i gialli di Sciascia, ma mi concentrerò anche sui suoi romanzi storici. Sulla base di quest’analisi scoprirò come lo scrittore ha creato un nuovo genere letterario: nelle sue opere combina la tecnica del giallo con il contenuto del romanzo storico. L’influenza di alcuni dati storici specifici, come l’Inquisizione e il Risorgimento, sulla narrativa sciasciana sarà l’ultimo tema di questo capitolo.

Dedicherò il sesto capitolo ai temi principali della produzione letteraria di Sciascia. La prefazione del romanzo Le parrocchie di Regalpetra (1956) annuncia già uno di questi temi: la ragione.10 Sciascia, che ha scritto quest’opera dalla prospettiva di uno scrittore

illuministico, dice nella prefazione: ‘Credo nella ragione umana, e nella libertà e nella giustizia che dalla ragione scaturiscono (...).’11 Analizzerò, oltre alla ragione, anche gli altri temi importanti, come la verità e l’ingiustizia.12

Nel settimo e ultimo capitolo è centrale l’analisi delle tre opere Il giorno della civetta,

A ciascuno il suo e Il consiglio d’Egitto. In quest’analisi sono importanti soprattutto le mie

osservazioni su come Sciascia usa diversi elementi della sicilianità nei suoi romanzi per criticare così la società siciliana. Questi elementi li troviamo nel contenuto, nello stile e nella

10

Jackson, Giovanna, Nel labirinto di Sciascia, Milano: La Vita Felice, 2004, p.129.

11

Sciascia, Leonardo, Le parrocchie di Regalpetra, Milano: Adelphi Edizioni, 1991, p.15.

12

(6)
(7)

2.

La sicilianità nelle opere dai veristi fino ad Andrea Camilleri

Importante nel campo della sicilianità fu il Verismo, una corrente letteraria ispirata al

Positivismo e al Naturalismo francese che si diffuse in Italia tra il 1875 e il 1895. Un aspetto fondamentale del Naturalismo è l’impersonalità: lo scrittore naturalistico deve soltanto registrare la realtà umana e sociale senza che esprima le proprie idee su questa realtà, come uno scienziato ‘che descrive solo i fenomeni naturali e biologici.’13 Con quest’idea

dell’impersonalità i naturalisti si ribellano contro i principi del Romanticismo che danno priorità alla personalità e alle idee dello scrittore.

Nonostante la loro narrativa realistica, impersonale e scientifica notiamo anche delle differenze tra il Naturalismo e il Verismo. Al contrario dei naturalisti che si concentrano più sugli ambienti delle grandi città, le opere degli scrittori veristi hanno un carattere

regionalistico. Il Verismo acquista questo carattere regionale a causa dell’attenzione degli scrittori nelle loro opere per la realtà delle genti delle diverse regioni italiane, soprattutto quella siciliana. Si parla nel caso del Mezzogiorno di una realtà drammatica e crudele: problemi come la miseria sono peggiorati ancora di più dopo l’unità politica, creando in questo modo un divario più profondo tra il Nord ed il Sud.14

Lo scrittore siciliano Giovanni Verga (1840-1922), uno dei rappresentanti più importanti del Verismo, ha descritto nelle sue opere fedelmente questa realtà meridionale, concentrandosi sui costumi e sulla povertà della gente della campagna (‘i vinti’). Questa povertà faceva secondo Verga parte della realtà siciliana dell’Ottocento. Nel suo romanzo I

Malavoglia (1881) approfondisce questo tema della miseria; con distacco emotivo parla di

una povera famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci Trezza in Sicilia.

La maggior parte delle opere di Verga è scritta in una lingua chiara e semplice. Il nostro riproduce nel romanzo I Malavoglia fedelmente anche la topografia della Sicilia: nomina, per esempio, Aci Trezza, Risposto, Catania, la Bicocca, Ognina e il Biviere di Lentini. I paesi e posti siciliani si notano pure nell’opera Mastro-don Gesualdo (1889): Vizzini, l’osteria di Pecu-Pecu, la Canziria, il ponte di Fuimefreddo e la distesa d’Alia.15 La Sicilia è stata un fonte d’ispirazione anche per lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957). Tomasi di Lampedusa, nel suo capolavoro Il Gattopardo (1957), usa il carattere del popolo siciliano per descrivere pessimisticamente l’unificazione dell’Italia nel periodo di

13

Aliberti, Carmelo, Letteratura siciliana contemporanea. Da Capuana a Verga, a Pirandello, a Quasimodo, a Camilleri. Tra storia, disinganno, lirismo ed ironia, Cosenza: Pellegrini Editore, 2008, p.13.

14

Ibidem, p.14.

15

(8)

1860-1910, concentrandosi sulla situazione in Sicilia. Nel suo romanzo esprime la delusione dei Siciliani nella storia: la Sicilia è dopo l’unità dell’Italia ancora un posto isolato nel nuovo Regno. L’atteggiamento pessimistico dello scrittore in quest’opera nei confronti del

Risorgimento ottocentesco, piaceva molto ai conterranei: tanti italiani erano scontenti dei risultati della liberazione dal fascismo e perciò leggevano volentieri questo libro.

Significante nel romanzo è la frase del personaggio Tancredi ‘Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.’16 Tomasi di Lampedusa fa passare i Siciliani in questa parte del romanzo come delle persone che vogliono mantenere la situazione attuale. Questo atteggiamento viene chiamato dalla politica italiana ‘il trasformismo’. Altre

caratteristiche della sicilianità vengono elencate da don Fabrizio durante una conservazione con l’organista don Ciccio Tumeo: indolenza, alterigia, egocentrismo, e disimpegno, causato dal clima barbaro, dall’isolamento geografico e politico della Sicilia e dal dominio straniero secolare.17

Lo scrittore Andrea Camilleri (1925) parla, proprio come Tomasi di Lampedusa nel romanzo Il Gattopardo, in alcune delle sue opere dei risultati deludenti dell’unità politica dell’Italia per i Siciliani. Camilleri, diventato famoso in Italia per i suoi romanzi polizieschi sul commissario Salvo Montalbano, sviluppa questo tema dei risultati deludenti per esempio nel libro Un filo di fumo (1980). Lo scrittore paragona in quest’opera la ‘nuova’ Sicilia, cioè quella che fa parte del Regno d’Italia, a un albero malato. Camilleri riferisce a una malattia per descrivere la situazione deteriorata per l’isola dopo il Risorgimento. In secondo luogo critica così anche i vari commissari che non provano a curarla. Camilleri, per spiegare questo deterioramento, racconta una storia in cui parla delle conseguenze negative dell’arrivo di Garibaldi in Sicilia: prima del suo arrivo sull’isola esistevano tremila, mentre dopo l’unità c’erano meno di duecento. Le parole alla fine del romanzo ‘non c’è niente da fare, inutile dannarsi l’anima e tribolare, al mondo c’era chi nasceva in un modo e chi in un altro18

assomigliano a quelle di Tancredi in Il Gattopardo che vuole che tutto rimanga com’è, come si legge anche nel saggio ‘Camilleri e la ‘sicilianità letteraria’ dell’autore Matthew Scerri.19

Un aspetto importante dei gialli su Montalbano, un commissario che deve risolvere dei delitti a Vigàta in Sicilia, è la fede del protagonista nella possibilità di trovare la verità. Lo scrittore presenta in questi gialli la società siciliana come un mondo dove la verità verrà

16

Tomasi di Lampedusa, Giuseppe, Il gattopardo, Milano: Feltrinelli, 1997, p 41.

17

Van den Bossche, Bart, Italiaanse literatuur na 1900. Deel 2: 1945-2000, Leuven: Uitgeverij Peeters, 2004, p.85-86.

18

Camilleri, Andrea, Un filo di fumo, Palermo: Sellerio, 1999, p 105.

19

(9)

sempre a galla. Infatti, Montalbano risolverà quasi sempre alla fine della storia il delitto, mentre il caso nei detective Il giorno della civetta e A ciascuno il suo (1966) rimarrà irrisolto.

La Sicilia ha influenzato le opere di Pirandello in un altro modo come in quelle di per esempio Verga, Tomasi di Lampedusa e Camilleri. Pirandello, a differenza di questi scrittori siciliani, si concentrò nei suoi lavori soprattutto sui problemi esistenziali della gente in generale.20 In altre parole: non prese specificamente il carattere del popolo siciliano come punto di partenza nelle sue opere, ma quello di tutta la popolazione mondiale.

Uno dei problemi dei personaggi pirandelliani è la loro crisi d’identità, riferendo al loro tentativo di trovare se stessi. Questi personaggi non sapevano più chi erano perché la società, durante il periodo in cui Pirandello visse, stava cambiando a causa della nascita degli sviluppi veloci della scienza e tecnologia. I marxisti rinfacciarono Pirandello poi di non offrire delle soluzioni nelle sue opere e neppure la sua linea di condotta pessimistica veniva apprezzata da loro.21

Le opere di Sciascia, a differenza degli scrittori appena trattati in questo capitolo, sono state scritte con l’obiettivo di smascherare le piaghe del mondo, concentrandosi sulla

situazione in Italia e in Sicilia. Per descrivere queste piaghe Sciascia usa essenzialmente lo schema del giallo: nelle opere Il contesto (1971) e Todo modo (1974) parla della corruzione nel mondo politico e nei detective Il giorno della civetta e A ciascuno il suo mette alla gogna le crudeltà della mafia italiana. Il nostro si sentì in obbligo di trattare questo problema della mafia perché il Governo italiano, negli anni sessanta, negava ancora l’esistenza di questo fenomeno.22 La posizione particolare di Sciascia nella letteratura siciliana come scrittore impegnato approfondirò nel terzo capitolo.

Per capire meglio Sciascia come scrittore è consigliabile leggere il suo romanzo Le

parrocchie di Regalpetra (1956). Il nostro ricostruisce in questo libro la storia di Racalmuto,

il suo paese natale, mediante i suoi propri ricordi. Quest’approccio personale della storia siciliana è qualcosa che ritroviamo anche in altre opere di Sciascia e anche i temi che a cui fa attenzione nei suoi romanzi sono ispirati a quelli trattati nel romanzo Le parrocchie di

Regalpetra. Uno di questi temi che Sciascia descrive in questo libro è la politica locale:

Sciascia analizza il momento in cui i fascisti dovevano far posto ai cristiani democratici. Un altro tema importante su cui lo scrittore si concentra nell’opera Le parrocchie di Regalpetra è

20

Van den Bossche, Bart, Italiaanse literatuur na 1900. Deel 1: 1945-2000, Leuven: Uitgeverij Peeters, 2002, p.4.

21

Ibidem, p.5-6.

22

Mentella, Alessia, ‘1961: Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia’, sul sito:

(10)

quello della mafia a Racalmuto. Sciascia racconta approfonditamente come la mafia racalmutese è completamente infiltrata nella politica e nella vita quotidiana.23

Le parrocchie di Regalpetra è quindi un romanzo che dimostra come i grandi temi di

Sciascia risalgono all’esperienza personale. In secondo luogo è un documento critico: lo scrittore descrive in quest’opera come il delitto e l’omicidio, per cui la mafia è responsabile, fanno parte della realtà a Racalmuto.24 Sciascia è stato confrontato con la prassi orribile della mafia già da bambino, ciò che spiega anche il suo atteggiamento antimafioso:

“(...) il barone si diceva avesse fatto ammazzare un cugino di mio nonno, una giovane guardia campestre della cui moglie si era invaghito. (...) E ricordo una particolarità piuttosto orrenda: che il colpo che uccise la guardia era fatto, oltre di lupara, di schegge di canna.”25

Sulla base dei risultati del secondo capitalo ci realizziamo che il tema della Sicilia ha ispirato tanti scrittori siciliani, ma nello stesso tempo ci rendiamo conto che questo argomento non viene descritto sempre positivamente da loro. Nella letteratura siciliana esiste uno scrittore in particolare assume nei suoi romanzi un atteggiamento molto critico nei confronti della sua isola natale: Leonardo Sciascia.

23

Van den Bossche, Bart, Italiaanse literatuur na 1900. Deel 2: 1945-2000, Leuven: Uitgeverij Peeters, 2004, p.123-124.

24

Ibidem, p.123-124.

25

(11)

3. Il concetto della sicilianità: la storia della Sicilia

Uno delle caratteristiche del popolo siciliano è il forte sentimento di regionalismo che i Siciliani hanno sempre sentito (e sentono ancora oggigiorno). Per capire da dov’è nato questo sentimento è necessario parlare della storia della Sicilia.

La Sicilia è stata dominata per secoli da diversi popoli, grazie anche alla sua posizione geografica attraente:. Infatti, situata tra l’Africa e l’Europa, l’isola fu un punto molto

strategico per il commercio. Prima che l’isola fu dominata dai Greci vissero tre popoli importanti in Sicilia: i Sicani, gli Elimi ed i Siculi.

Il primo popolo a colonizzare la Sicilia furono i Greci. Calarono l’isola e Italia meridionale nell’ottavo secolo; un dominio che fu chiamato Magna Graecia (la Magna Grecia). In Grecia si trattava in quel periodo dell’ottavo secolo di sovrappopolazione a causa dei risultati insoddisfacenti dell’agricoltura e laboriosità. Tutto questo sfociò in tensioni politiche. I Greci, per via di questi problemi, ritenevano necessario colonizzare altre zone, come la Sicilia che fu dominata da loro dall’ottavo secolo fino a 212 avanti Cristo. Uno dei motivi per colonizzare l’isola fu la sua terra molto fertile.26

I Greci costituirono la loro prima città in Sicilia nel 735 avanti Cristo: Naxos. Quasi nello stesso periodo si formavano anche Siracusa, Catania e Agrigento. Il popolo greco predominava la civiltà siciliana completamente in quel periodo; non soltanto sul piano culturale ma anche per quanto riguarda l’ordinamento statale: i greci fondarono diverse città stato indipendenti sull’isola. Quest’influenza dei Greci sulla civiltà siciliana raggiunse il culmine nel quinto secolo avanti Cristo, quando si annunciò il periodo classico dell’intero mondo greco. I Greci fecero la parte del leone in campo della letteratura, dell’architettura, della scultura, della filosofia e della scienza. Era pure un periodo di grandi cambiamenti politici: la democrazia fu introdotta in Grecia e in Sicilia. Tutto ciò significava la fine del potere dei dominatori delle diverse città stato.27

Caratteristico per il terzo secolo avanti Cristo fu il conflitto tra il popolo cartaginese ed i Romani: entrambi lottavano per la dominazione del Mediterraneo. L’isola finì

definitivamente nelle mani dei Romani nel 212 avanti Cristo e fu governata, con l’aiuto di diversi latifondisti, da uno statolder. La Sicilia visse sotto i Romani un periodo di stabilità politica e militare.28

26

Verrijp, Arie & Willems, Geert, ‘Geschiedenis Sicilië’, sul sito:

http://www.landenweb.net/sicilie/geschiedenis. Data di consultazione: 05-01-2010.

27

Ibidem. Data di consultazione: 05-01-2010.

28

(12)

La situazione cambiò nel 395 dopo Cristo quando l’impero romano si sbriciolò in due imperi: quello Romano d’Occidente e quello Bizantino (la parte orientale). Dopo questa suddivisione, cominciarono diverse occupazioni della Sicilia: l’isola fu dominata dai Vandali sotto la guida di Genserico dal 468 fino al 476 e dai Bizantini nel 535. Gli Arabi presero il potere nel 965.

Nel secolo XI erano i Normanni ad aiutare i Greci nella loro lotta contro i Turchi per la dominazione dell’impero ottomano e dopodichè fondarono un impero nell’Italia meridionale. I fratelli Roger e Robert Guiscard conquistarono dal loro impegno l’isola siciliana dal 1066 fino al 1091. Nella prima metà del secolo XII si parlò in Sicilia di un nuovo periodo di fioritura: l’architettura, l’arte pittorica, la filosofia e la scienza si sviluppavano velocemente. Si trattò, proprio come nel terzo secolo, anche nell’epoca dei Normanni di una stabilità politica e militare: tutti i popoli vissero tranquillamente l’uno accanto all’altro. Ma nella seconda metà del dodicesimo secolo si svolsero diverse crociate con la conseguenza che la maggior parte degli ebrei e dei musulmani emigrava.29

Heinrich VI von Hohenstaufen, l’imperatore tedesco del Sacro Romano Impero, andò al potere nel 1194 e cacciò via i Normanni dalla Sicilia. L’isola si sviluppava ancora di più, grazie soprattutto a Heinrich II von Hohenstaufen. Heinrich II fu succeduto da suo figlio Manfred, l’ultimo discendente del casato Hohenstaufen. Manfred morì nel 1266 quando le truppe di Carlo I d’Angiò lo ammazzarono. S’incoronò successivamente Carlo I d’Angiò re della Sicilia e di Napoli e resse come un tiranno. I Siciliani non accettavano questo

comportamento e tutto questo finì nel 1282 in una rivolta (‘I Vespri Siciliani’).30 I Francesi abbandonarono l’isola solo vent’anni dopo.31

L’arrivo degli Aragonesi in Sicilia decretò la dominazione spagnola, ciò che non lavorò a vantaggio per l’isola: i boschi furono rasi per l’industria navale e l’agricoltura. Pure l’unificazione di Spagna nel 1479 portò ai risultati negativi: gli spagnoli, dopo aver scoperto l’America nel 1492, non prestarono più molta attenzione all’isola. Soprattutto la popolazione povera soffrì: mentre i ricchi diventavano sempre più ricchi, i poveri erano al verde.32

La popolazione siciliana prese coscienza, grazie alle idee dell’Illuminismo e la rivoluzione francese nel 1789, della loro situazione senza prospettive. In tanti Siciliani

nascevano nello stesso periodo forti sentimenti nazionalisti, ciò che portò ad una prima rivolta nel 1795, ma che fu stroncata però da Ferdinando IV, il re di Napoli. Ferdinando IV si trasferì

29

Verrijp, Arie & Willems, Geert, ‘Geschiedenis Sicilië’, sul sito:

http://www.landenweb.net/sicilie/geschiedenis. Data di consultazione: 05-01-2010.

30

Ibidem. Data di consultazione: 05-01-2010.

31

Ibidem. Data di consultazione: 05-01-2010.

32

(13)

a Palermo dopo che Napoleon Bonaparte, il fondatore del Primo Impero francese, aveva conquistato Napoli. Il re di Napoli, anche se i Francesi non avevano mai occupato la Sicilia, si sentì costretto ad acconsentire alla nuova costituzione siciliana. L’isola, grazie a questa costituzione, diventò indipendente da Napoli e le potenze dei entrambi regni furono divise l’uno dall’altro. In secondo luogo si assegnò da quel punto in poi più diritti alla popolazione siciliana.33

Dopo la sconfitta definitiva di Napoleon nel 1815 si annunciò un periodo di

restaurazione. I Borbone, dal Congresso di Vienna, avevano voce in capitolo sulla Sicilia e Ferdinando IV creò allo stesso tempo ‘Il Regno delle Due Sicilie.’34 Questo ‘Regno delle Due Sicilie’ fu formato dal Regno di Napoli e dal Regno di Sicilia. Si annulò in seguito la

costituzione e la Sicilia diventò uno dei paesi più poveri d’Europa. I nazionalisti siciliani provarono a cambiare questa situazione attraverso delle riforme e nel 1820 si svolse la ribellione dei ‘carbonari’, un’associazione liberale - nazionalista.35

Si proclamò l’autonomia sulla Sicilia nel 1848. Quest’autonomia fu ritirata il quindici maggio dell’anno 1849; le truppe napoletane conquistarono Palermo dopo i bombardamenti su Messina. Una pietra miliare nella storia della Sicilia fu il difensore della libertà Giuseppe Garibaldi (1807-1882) che toccò terra a Marsala in Sicilia l’undici maggio dell’anno 1860. Il suo arrivo in Sicilia significava la fine della dominazione secolare dagli spagnoli: la Sicilia, dopo aver lottato contro gli eserciti borbonici, non si trovò più nelle loro mani.36

Ciò che caratterizza Garibaldi è la sua battaglia per l’unificazione dell’Italia. Si fecero i primi passi verso quest’unificazione quando Camillo Benso di Cavour, il primo ministro e leader del movimento unitario, prese l’iniziativa per elezioni politiche in Sicilia; i Siciliani dovevano votare contro oppure a favore di entrare a far parte del Regno di Sardegna. La maggior parte votò a favore, però tutta l’Italia, tranne Roma, formava un’unità già mezz’anno dopo le elezioni.37

Il nuovo governo italiano non fece molta attenzione all’Italia meridionale. I contadini e gli operai siciliani non lo accettavano e si ribellarono in gran numero contro questa

33

Verrijp, Arie & Willems, Geert, ‘Geschiedenis Sicilië’, sul sito:

http://www.landenweb.net/sicilie/geschiedenis. Data di consultazione: 05-01-2010.

34

Spagnoletti, Angelantonio, Storia del Regno delle Due Sicilie, Bologna: il Mulino, 1997, p.11-12.

35

Verrijp, Arie & Willems, Geert, ‘Geschiedenis Sicilië’, sul sito:

http://www.landenweb.net/sicilie/geschiedenis. Data di consultazione: 05-01-2010.

36

Ibidem. Data di consultazione: 05-01-2010.

37

(14)

negligenza. Tutto questo portò a un’emigrazione massiccia: tra il 1880 e il 1950 emigrarono più di un milione di Siciliani in Italia continentale oppure negli Stati Uniti.38

Tanti Siciliani poveri erano (e sono) delusi nei risultati dell’unificazione dell’Italia: sembrava che la loro situazione fosse perfino peggiorata; i ricchi cambiavano in meglio, mentre i contadini e gli operai diventavano sempre più poveri.39

Questo panorama storico spiega che i Siciliani non hanno mai potuto creare la loro propria cultura a causa delle dominazioni secolari per cui si sentono diversi dagli altri. In altre parole: i Siciliani sono uniti strettamente l’uno con l’altro grazie al fatto che sono

sopravvissuti alle diverse dominazioni. Più che mai, in questo tempo di globalizzazione, sono consapevoli d’essere siciliani.40

Tomasi di Lampedusa parla nel suo romanzo Il Gattopardo di questo missaggio della cultura siciliana, su cui don Fabrizio presenta le proprie rimostranze:

“Siamo vecchi, vecchissimi,” dice don Fabrizio. “Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il ‘la’. (...) da duemila cinquecento anni siamo colonia.”41

Tomasi di Lampedusa non mette soltanto l’accento in questo romanzo

sull’autocommiserazione, ma c’è posto anche per l’orgoglio dei Siciliani rispetto alla propria cultura. Don Fabrizio è dell’opinione che la Sicilia sia ‘ricca, onesta, perfetta e da tutti ammirata e invidiata.’42

Don Fabrizio spiega che per quei Siciliani che vivono più di vent’anni in Sicilia è quasi impossibile non amare la loro isola natale:

“Non nego che alcuni Siciliani trasportati fuori dall’isola possano riuscire a smagarsi: bisogna farli partire quando sono molto, molto giovani: a vent’anni è già tardi; la crosta è già fatta, dopo: rimarranno convinti che il loro è un paese come tutti gli altri, scelleratamente calunniato; che la normalità civilizzata è qui, la stramberia fuori.”43

38

Verrijp, Arie & Willems, Geert, ‘Geschiedenis Sicilië’, sul sito:

http://www.landenweb.net/sicilie/geschiedenis. Data di consultazione: 05-01-2010.

39

Ibidem. Data di consultazione: 06-01-2010.

40

Meijsing, Douschka, ‘De Siciliaanse eigendunk en de literatuur; Sicilië wil slapen’, sul sito:

http://retro.nrc.nl/W2/Nieuws/2000/07/21/Vp/cs.html. Data di consultazione: 21-07-00.

41

Tomasi di Lampedusa, Giuseppe, Il gattopardo, Milano: Feltrinelli, 1997, p 161.

42

Ibidem, p.167.

43

(15)

Don Fabrizio caratterizza il Siciliano medio nel romanzo Il Gattopardo come qualcuno che sente un amore forte per la loro isola natale.

Sciascia, nel suo romanzo Il giorno della civetta, mette alla gogna la consapevolezza dei Siciliani della loro identità culturale: si sentono, visto la diffidenza che nutriscono per ogni non-siciliano, un popolo individualistico. Infatti, tanti Siciliani in questo romanzo, soprattutto quelli che sono ammanicati con la mafia, considerano i continentali come delle persone che sono ‘gentili, ma che non capiscono niente.’44

Dalla storia della Sicilia possiamo capire perché Sciascia fa attenzione a questa consapevolezza della propria identità culturale nel suo giallo Il giorno della civetta: è qualcosa che i Siciliani sentono davvero a causa delle dominazioni secolari.

44

(16)

4. Leonardo Sciascia

4.1. I cenni biografici

Leonardo Sciascia nacque nel 1921 a Racalmuto, un paese della provincia siciliana

d’Agrigento, dalla madre Genoveffa Artorelli e dal padre Pasquale Sciascia. Artorelli faceva la casalinga, mentre il padre lavorava, proprio come il nonno dello scrittore, nelle miniere di zolfo a Racalmuto. Non furono i suoi genitori a badare al loro figlio; il piccolo Leonardo trascorse la maggior parte della sua infanzia dai suoi nonni.

Sciascia iniziò la scuola a sei anni e subito sviluppò una forte passione per la storia e la scrittura. Già a otto anni si dedicò quasi completamente alla letteratura, leggeva quasi tutti i libri che poteva leggere. Lfamiglia Sciascia si trasferì nel 1935 a Caltanissetta in Sicilia. Il nostro s’iscrisse lì all’Istituto Magistrale IX Maggio dove insegnò Giuseppe Granata, il futuro senatore del Partito Comunista. Granata fece conoscere a Sciascia gli autori dell’Illuminismo.

Nel 1941 superò l’esame per diventare maestro elementare, la professione che praticava anche sua moglie Maria Andronico. Sciascia avrà due figlie con Maria: Laura e Anna Maria. Pochi anni dopo, nel 1949, Sciascia iniziò a insegnare nella stessa scuola della moglie a Racalmuto.45

Importante per la sua carriera letteraria fu l’anno 1952 in cui lo scrittore vinse il Premio Pirandello per il suo saggio critico ‘Pirandello e il pirandellismo’. Nello stesso anno pubblicò anche la sua raccolta di poesie La Sicilia, il suo cuore. Sciascia prese un nuovo orientamento dopo l’uscire dell’opera Le parrocchie di Regalpetra nel 1956, perché scrisse per la prima volta quattro brevi storie fittizie, ovvero: La zia d’America, Il quarantotto, La

morte di Stalin e L’antimonio.46

Se prendiamo in considerazione tutta la produzione letteraria di Sciascia, vediamo che lo scrittore, a differenza di Pirandello, ha pubblicato soprattutto delle storie ampie; ha scritto soltanto alcune storie brevi. La maggior parte di queste storie brevi è raccolta nell’opera Il

mare colore del vino (1973). Un’altra differenza tra il nostro e Pirandello è l’attenzione di

Sciascia per la dimensione storica in alcune delle sue opere. In queste opere ha preso spesso come punto di partenza un certo periodo o un evento specifico della storia siciliana.47 La dimensione storica gioca per esempio un ruolo importante nel suo romanzo Il consiglio

d’Egitto, pubblicato nel 1963 dopo il gran successo del suo primo giallo Il giorno della

45

Malaparte, Curzio, ‘Leonardo Sciascia (1921-1989)’, sul sito: http://www.italialibri.net/autori/sciascial.html. Data di consultazione: 22-11-2009.

46

Van den Bossche, Bart, Italiaanse literatuur na 1900. Deel 2: 1945-2000, Leuven: Uitgeverij Peeters, 2004, p.125.

47

(17)

civetta. Si tratta in questo di due storie a sé stanti che si svolgono tutte e due a Palermo nel

periodo subito prima e durante la rivoluzione francese e che sono state scritte da Sciascia con l’obiettivo di descrivere gli intrighi della Sicilia feudale di quel tempo. Nell’opera Morte

dell’Inquisitore (1964) si concentra invece sull’Inquisizione, narranda la vera storia

dell’eretico Diego La Matina.’48

Importanti nei suoi gialli A ciascuno il suo e Il giorno della civetta è la denuncia sociale contro la società siciliana. Infatti, in queste opere descrive ampiamente il legame che esiste secondo lui in Sicilia tra mafia e politica.49

Sciascia ha creato spazio nei suoi gialli anche per la critica sull’intero potere politico e giurisdizione in tutta l’Italia (e non solo in Sicilia!). Nel detective Il contesto (1971) mette per esempio l’accento sul contesto politico del delitto.50

Nel romanzo Il contesto si parla del farmacista Cres che uccide alcuni giudici dopo che loro l’hanno condannato ingiustamente: credono che abbia ammazzato sua moglie. L’ispettore Rogas prova a risolvere il caso, però le autorità hanno già tratto la loro conclusione: sono sicuri che l’omicidio sia stato commesso da un gruppo promotore extraparlamentare che vuole minare il potere dello Stato. Il governo è affaccendato a combinare un colpo di stato. Riches, il presidente della Corte, proibisce Rogas di operare individualmente. Rogas, morto dallo spavento, non osa fermare Cres, anche se sa che il farmacista sta per uccidere il presidente e perde la vita alla fine del romanzo. Rogas pensò di poter concedere la propria fiducia ai leader del partito d’opposizione con cui aveva condiviso i risultati sul colpo dello stato, ma i politici non gli avevano dato il loro appoggio e lo

ammazzarono in un museo.51

La politica italiana non era soltanto un tema a cui Sciascia fece attenzione nei suoi romanzi, ma faceva anche davvero parte di quel mondo. Infatti, nel giugno 1975 si candidò come indipendente nella lista del Partito Comunista Italiano (PCI) durante le elezioni

comunali di Palermo ed era eletto come consigliere comunale. La sua opera La scomparsa di

Majorana uscì nello stesso anno. In questo romanzo include, proprio come ha già fatto nei

suoi gialli, una denuncia sociale: la vera scomparsa di Majorana non si dovrebbe insabbiare.

48

Malaparte, Curzio, ‘Leonardo Sciascia (1921-1989)’, sul sito: http://www.italialibri.net/autori/sciascial.html. Data di consultazione: 22-11-2009.

49

Van den Bossche, Bart, Italiaanse literatuur na 1900. Deel 2: 1945-2000, Leuven: Uitgeverij Peeters, 2004, p.130-131.

50

Ibidem, p.152.

51

(18)

Il nostro si basa pure nei libri Atti relativi alla morte di Raymond Roussel (1971), I

pugnalatori (1976) e L’affaire Moro (1978) su eventi reali.52

La preferenza del PCI per certe forme d’estremismo gli ripugnavano e proprio per questa ragione decise all’inizio del 1977 di licenziarsi come consigliere comunale. Sciascia diventerà poi membro del parlamento nazionale e quello europeo per il Partito Radicale. Sciascia valutò positivamente soprattutto la loro lotta per una modernizzazione della società e della politica italiana.53 Sempre nel 1977 pubblicò Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia.

Sciascia era costretto a trascorrere gli ultimi anni della sua vita a Milano per farsi curare all’iperproteinemia, una forma di cancro. Nella seconda metà degli anni ottanta, nonostante la malattia dello scrittore, uscirono tre dei suoi gialli: Porte aperte (1987), Il

cavaliere e la morte (1988) e Una storia semplice (1989). Sciascia morì il venti novembre

dell’anno 1989 a Palermo, proprio quando uscì nelle librerie la sua ultima opera Una storia

semplice.54

La biografia di Sciascia spiega dopotutto l’interesse dello scrittore per la Sicilia nella sua letteratura: è nato e cresciuto lì. La sua scelta di candidarsi come indipendente nella lista del PCI dimostra che Sciascia guardò con occhio critico alla società siciliana non solo come scrittore, ma anche come politico.

4.2. Sciascia come scrittore impegnato

Durante un dibattito al Circolo Culturale Palermitano (1965), Sciascia spiegò:55

“Io so che ci sono dei problemi, li vivo quotidianamente, li rappresento, li propongo, insomma... attraverso forme più o meno vecchie, più o meno tradizionali; le forme tradizionali della narrativa, o del saggio, o un insieme del saggio e della narrativa: questo è quello che io mi propongo di fare (...). Indubbiamente la mafia è un problema nostro. Io ne ho fatto una esemplificazione narrativa; fino a quel momento sulla mafia esistevano degli studi, studi molto interessanti, classici addirittura; esisteva una commedia di autore siciliano che era una apologia della mafia, e nessuno che avesse messo l’accento su questo problema in un’opera narrativa di largo cosumo. Io l’ho fatto.”56

Sciascia ha descritto questo problema della mafia per la prima volta nell’opera Le parrocchie

52

Malaparte, Curzio, ‘Leonardo Sciascia (1921-1989)’, sul sito: http://www.italialibri.net/autori/sciascial.html. Data di consultazione: 24-11-2009.

53

Van den Bossche, Bart, Italiaanse literatuur na 1900. Deel 2: 1945-2000, Leuven: Uitgeverij Peeters, 2004, p.130-131.

54

Malaparte, Curzio, ‘Leonardo Sciascia (1921-1989)’, sul sito: http://www.italialibri.net/autori/sciascial.html. Data di consultazione: 27-11-2009.

55

Liborio, Adamo, Leonardo Sciascia, tra impegno e letteratura, Enna: Papiro Editrice, 1992, p.43.

56

(19)

di Regalpetra. Il nostro presenta la mafia in questo romanzo come un fenomeno che fa parte

della realtà isolana e che lo scrittore definisce come ‘(...) un’associazione per delinquere, con fini d’illecito arricchimento per i propri associati, e che si pone come elemento di mediazione tra la proprietà e il lavoro; mediazione, si capisce, parassitaria e imposta con mezzi di

violenza.’57

Scrivere sulla mafia è per Sciascia da un lato un modo per riflettere sul potere e sull’uomo58 e dall’altra parte un mezzo per lottare contro questo problema. Il protagonista del giallo Il giorno della civetta, cioè il capitano dei carabinieri Bellodi, simboleggia in un certo modo questa lotta: crede nella possibilità di curare i mali della società siciliana. Si tratta però di un pensiero abbastanza irrealistico e ingenuo: Bellodi scopre già dopo alcuni giorni quanto la mafia sia infiltrata nella vita quotidiana dei Siciliani, anche se loro stessi negano l’esistenza di questo fenomeno nel loro paese. Sciascia considera questa negazione del problema della mafia dei Siciliani come un problema molto grave.

Bellodi, nonostante il suo confronto con le crudeltà della mafia in Sicilia, continua ad avere fiducia nella giustizia:

(Bellodi) riteneva la legge scaturita dall’idea di giustizia e alla giustizia congiunto ogni atto che dalla legge muovesse.59

Bellodi è un uomo che ambisce alla giustizia nella speranza di trovare la verità, ma alla fine della storia non riesce a raggiungerla.

L’incapacità di poter raggiungere alla giustizia è un elemento che troviamo anche in altre opere di Sciascia, come l’avvocato Di Blasi nel romanzo storico Il consiglio d’Egitto, Assunta nell’opera L’onorevole e il professor Laurana nel giallo A ciascuno il suo60:

Questi personaggi, somiglianti al loro prototipo don Chisciotte, sono motivati da una forza interiore che li conduce verso traguardi irrealistici e impossibili. Tutti gli anti-eroi di Sciascia proseguono la giustizia e la verità, ma non riescono a raggiungerla. Sciascia crea personaggi immaginari che hanno come modello il don Chisciotte: Laurana, Rogas, il ragazzo ne ‘Il quarantotto’ sono tutti anti-eroi donchisciotteschi.61

57

Sciascia, Leonardo, Il giorno della civetta, Torino: Einaudi, 1981, p.35-36.

58

Mentella, Alessia, ‘1961: Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia’, sul sito:

www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article4345. Data di consultazione: 29-11-2009.

59

Sciascia, Leonardo, Il giorno della civetta, Torino: Einaudi, 1981, p.46.

60

Liborio, Adamo, Leonardo Sciascia, tra impegno e letteratura, Enna: Papiro Editrice, 1992, p.43.

61

(20)

Sciascia, nei suoi gialli, non parla sempre dello stesso tipo di mafia. Infatti, la mafia

presentata nell’opera A ciascuno il suo è più moderna rispetto a quella trattata nel romanzo Il

giorno della civetta: la mafia del primo libro è infiltrata in quasi tutti i settori della società,

cioè nelle strutture della pubblica amministrazione, della finanza, del mondo produttivo, del sottogoverno e del governo.62

Lo scrittore siciliano Camilleri, che oggigiorno è molto popolare in Italia, non approva l’interesse di Sciascia per la mafia nella sua letteratura. Camilleri: ‘(...) trovo che parlare della mafia in un romanzo sia una sorta di nobilitazione.’63

Il tema centrale dei gialli Il contesto e Todo modo è lo smascheramento della corruzione della chiesa cattolica e la politica italiana. Nel romanzo Todo modo sono messe alla gogna le pratiche corrotte dei cristiani democratici, ciò che Sciascia fa attraverso un io-narrante.64 Lo scrittore critica la chiesa cattolica nella parte in cui il protagonista scopre delle cose che non possono essere svolte alla luce del sole: durante la preghiera sono stati uccisi due cleri. I carabinieri non riescono a risolvere il delitto, ma il pittore, proprio come Bellodi, è risoluto a trovare la verità ed interroga il prete Don Gaetano che poco dopo viene ucciso. Il lettore sa ad un certo punto, anche se Sciascia non ricostruisce gli omicidi in questo romanzo, che Don Gaetano ha ucciso i due cleri. È proprio in questa parte dell’opera in cui Sciascia trascina la chiesa cattolica nel fango: il prete è responsabile per la morte di due persone. E pure il pittore viene descritto negativamente dal nostro: ha ammazzato don Geatano.65 L’opera

Todo modo non è stata scritta da Sciascia con l’obiettivo di risolvere gli omicidi, ma di trovare

le forze di certe persone e istanze che portano a questi delitti.66

Camilleri, a differenza di Sciascia, crede nell’impegno disimpegnato e non partigiano dello scrittore.67 Le ricerche storiche di Camilleri, come le troviamo per esempio nelle sue opere La strage dimenticata (1984) e La bolla di componenda (1993), derivano dalla curiosità di conoscenza, mentre quelle di Sciascia nascono dal desiderio di voler smascherare i

problemi sociali della società siciliana e quella italiana. Camilleri è dell’opinione che ‘gli scrittori non possano che prendere atto di una visione del mondo che è quella siciliana, o se

62

Liborio, Adamo, Leonardo Sciascia, tra impegno e letteratura, Enna: Papiro Editrice, 1992, p.45.

63

Weisghizzi, Flavia, ‘Sulle tracce di Montalbano’, sul sito: http://www.weisghizzi.it/inter-camilleri.as. Data di consultazione: 01-12-2009.

64

Mullen, Anne, & O’Beirne, Emer, Crime Scenes. Detective Narratives in European Culture since 1945, Amsterdam-Atalanta: Rodopi, 2000, p. 91.

65

Van den Bossche, Bart, Italiaanse literatuur na 1900. Deel 2: 1945-2000, Leuven: Uitgeverij Peeters, 2004, p.132.

66

Ibidem, p.132.

67

Santoro, Antonella, ‘Camilleri e Sciascia, tra storia e linguaggio’, sul sito:

(21)

preferisci, dell’animo più profondo dei siciliani. Per questo io dico che il metro dell’impegno non funziona.’68

Camilleri non disapprova dall’altra parte l’impegno civile di Sciascia. Infatti, entrambi scrittori sono guidati da un senso di giustizia: Sciascia vuole raccontare come primo scrittore la vera storia di Majorana nell’opera La scomparsa di Majorana ed anche i libri di Camilleri sono

(…) ispirati dall’impegno civile: il primo romanzo di Montalbano, ‘La forma dell’acqua’, prendeva spunto da un fatto di cronaca, l’uccisione di un deputato DC a Viterbo, per narrare la crisi della vecchia Democrazia cristiana; poi ‘Il giro di boa’, dopo gli incidenti del G8 a Genova, descriveva la vita dei poliziotti e ho appreso con piacere il commissario Montalbano è stato citato addirittura dal pubblico ministero nella sua richiesta di rinvio a giudizio…69

68

Santoro, Antonella, ‘Camilleri e Sciascia, tra storia e linguaggio’, sul sito:

www.rivistasinestesie.it/archivio/letteratura/archivio/camilleri_sciascia.doc. Data di consultazione: 01-12-09.

69

Valentini, Giovanni, ‘Camilleri, il giallista diventa verde “Mi sono battuto come Montalbano”’, sul sito:

(22)

5. L’opera sciasciana: verso un nuovo genere letterario

5.1. La nascita del giallo italiano

La letteratura poliziesca è molto probabilmente nata con l’episodio biblico di Caino e Abele o almeno con la tragedia Edipo Re di Sofocle.70 Ma i primi veri gialli, il termine che viene usato in Italia per indicare la detective story, uscirono tra l’Ottocento e il Novecento in Inghilterra, in Francia e negli Stati Uniti con scrittori come Edgar Allan Poe (I delitti della rue Morgue del 1841 e La lettera rubata del 1844), Sir Arthur Conan Doyle (il padre di Sherlock

Holmes), Maurice Leblanc che ha inventato il ladro gentiluomo Arsenio Lupin e la coppia P. Souvreste – M. Alain che sono gli ideatori del diabolico Fantomas.71

Il ‘thriller’ è la parola che definisce meglio il termine ‘giallo’; in entrambi libri è importante la rappresentazione verbale o visiva con soprassalti, sussulti e imprevisti. Questi tipi di romanzi sono chiamati in Germania un Kriminalroman o Detektiv, in Inghilterra usiamo termini come detective story, detective novel, crime story, spy story, mystery, horror oppure legal thriller e in Francia parole come noir o roman policier.72

L’editore Mondadori cominciò a pubblicare i suoi primi gialli in Italia nei primi anni trenta. Questi gialli riguardavano spesso delle storie che erano tradotte dall’inglese. Gli scrittori italiani, a causa del successo di questi romanzi, erano sempre più interessati nel genere del giallo in quei tempi. Si considera l’opera Il sette bello (1931) d’Alessandro Varaldo come il primo romanzo poliziesco mai scritto da uno scrittore italiano e

successivamente uscirono anche dei gialli da diversi altri scrittori italiani, come La Scala

Colorata (1934) di Luciano Folgore e le novelle d’Augusto De Angelis.73

Gli anni trenta creavano un clima ideale per gli scrittori italiani dei gialli; il governo fascista introdusse in quel periodo una legge che imponeva ai pubblicisti che quindici

percento di tutte le opere che pubblicavano dovrebbero essere d’origine italiana. La situazione si cambiò negativamente per questi scrittori quando i critici cominciarono a criticare il genere. E pure i critici fascisti commentarono questa forma di letteratura; il giallo era secondo loro un genere pericoloso nel senso che questi libri incoraggerebbero il delitto. Tutto peggiorò ancora di più nel 1941 con l’uscire del giallo La casa inabitabile dello scrittore D’Errico: il Ministero

70

Crovi, Raffaele, Le maschere del mistero. Storie e tecniche di thriller italiani e stranieri, Firenze-Antella: Passigli Editore, 2001, p.9.

71

Roat, Francesco, ‘Storia del giallo, del noir, del thriller’, sul sito: http://www.caffeeuropa.it/libri/27libri-noir.html. Data di consultazione: 03-12-2009.

72

Crovi, Raffaele, Le maschere del mistero. Storie e tecniche di thriller italiani e stranieri, Firenze-Antella: Passigli Editore, 2001, p.9.

73

(23)

di Cultura Popolare esercitava da quell’anno molta influenza sul genere del giallo. Infatti, tutte le opere letterarie erano censurate dalla politica italiana fino ad aprile dell’anno 1946.74

Importante per lo sviluppo del giallo italiano fu la pubblicazione dell’opera Quer

pasticciaccio brutto de via Merulana (1957) dello scrittore Carlo Emilio Gadda. Questo

romanzo, che si può caratterizzare come un anti-detective perché il delitto non viene risolto alla fine della storia, ha servito da esempio per tanti scrittori italiani negli anni sessanta. Ed è vero: l’anti-detective è stato ripreso da scrittori come Sciascia con il suo romanzo Il giorno

della civetta.75

La maggior parte dei gialli uscita negli anni sessanta è stata scritta da scrittori di letteratura di massa. Questa letteratura di massa indaga ‘vizi e virtù, peccati d’azione e

d’omissione della borghesia agiata e della borghesia piccola.’76 Uno scrittore che si concentrò sul gran pubblico fu Giorgio Scerbanenco; la sua serie sull’investigatore Duca Lamberti era un gran successo. Poi anche Carlo Fruttero (1926) e Franco Lucentini (1920-2002) hanno lanciato sul mercato diverse opere popolarissime, tra cui La donna della domenica (1972). Tante di queste opere di letteratura di massa si svolgono in Italia. Infatti, le storie di Bruno Ventavolis sono ambientate a Torino, mentre quelle di Andrea Picket si svolgono a Milano.77

Parlando del giallo italiano è importante menzionare l’influenza della televisione. Questo mezzo di comunicazione trasmise in Italia dalla seconda metà degli anni cinquanta diversi programmi in cui il delitto giocava un ruolo fondamentale. Un esempio è ‘Il Giallo Club’ (1959) che, grazie alle buone critiche, aveva ispirato anche tanti altri programmisti a realizzare certi programmi. Si tratta di programmi che spesso erano basati su fonti letterarie:

Le inchieste del commissario Maigret (1964), Nero Wolfe (1969), I racconti di padre Brown

(1970) e Il commissario De Vicenzi (1973). Pure i gialli dello scrittore Camilleri sul

commissario Montalbano sono stati una fonte d’ispirazione per una nuova serie poliziesca. Il suo romanzo La forma dell’acqua (1994) è stato adattato per lo schermo nel 2000.78

74

Marrone, Gaetana & Puppa, Paolo & Somigli, Luca, Encyclopedia of Italian literary studies, New York: Taylor & Francis Group, 2007, p.632.

75

Demko, George, ‘The mystery in Italy’, sul sito: http://www.dartmouth.edu/~gjdemko/italy.htm. Data di consultazione: 04-12-2009.

76

Crovi, Raffaele, Le maschere del mistero. Storie e tecniche di thriller italiani e stranieri, Firenze-Antella: Passigli Editore, 2001, p.11.

77

Demko, George, ‘The mystery in Italy’, sul sito: http://www.dartmouth.edu/~gjdemko/italy.htm. Data di consultazione: 04-12-2009.

78

(24)

Si deve menzionare che il giallo è sempre rimasto un genere letterario molto popolare in Italia. I cosiddetti gialli verità (true detective stories) rispondevano per esempio al gusto del pubblico e furono pubblicati dalla rivista Panorama negli anni ottanta.79

Si può capire perché Sciascia ha scelto per il giallo: con questo genere popolare dovrebbe raggiungere un vasto pubblico a causa del linguaggio semplice in cui questi libri sono generalmente scritti. Questo al contrario del linguaggio usato nel romanzo storico che spesso è più difficile.

5.2. I gialli sciasciani

Sciascia è diventato famoso soprattutto per i suoi gialli.80 Il suo primo giallo Il giorno della

civetta ha provocato un grande scalpore nel mondo letterario. Sciascia rompe in quest’opera,

come uno dei primi scrittori italiani in quei tempi, con il modello del giallo tradizionale in cui i mafiosi trionfano alla fine della storia. Lo scrittore italiano Italo Calvino (1923-1985) non parlò perfino di un giallo; Il giorno della civetta era per lui ‘uno studio sociale, un

documentario’ a causa delle descrizioni di Sciascia del problema della mafia.81

L’autrice Giovanna Jackson spiega chiaramente le caratteristiche più fondamentali del giallo tradizionale nel libro Leonardo Sciascia: 1956-1976, a thematic and structural study:

Il tradizionale racconto poliziesco è basato sull’antitesi tra il bene e il male: l’investigatore rappresenta la virtù, la giustizia, la moralità, l’ordine sociale e la legge; il criminale simboleggia il male, l’ingiustizia, l’immoralità, e la ribellione contro l’ordine sociale e la legge. Dalla parte dell’investigatore troviamo la logica e la chiarezza, dalla parte del criminale ci sono l’inganno, il mistero e l’ambiguità (…). Alla fine l’investigatore fa luce sul delitto (…), e la storia è conclusa abilmente e con chiarezza. Dal momento in cui il lettore prende in mano il racconto poliziesco è fiducioso: sa a priori che il criminale riceverà la sua meritata punizione e che il mistero sarà risolto.82

I gialli di Sciascia si differenziano dai detective tradizionali nel senso che gli investigatori sciasciani sono caratterizzati dall’impotenza: non riescono a punire i colpevoli e alla fine sono loro ad essere i vinti della storia:

79

Demko, Geoge, ‘The mystery in Italy’, sul sito: http://www.dartmouth.edu/~gjdemko/italy.htm. Data di consultazione: 04-12-2009.

80

Mullen, Anne, & O’Beirne, Emer, Crime Scenes. Detective Narratives in European Culture since 1945, Amsterdam-Atalanta: Rodopi, 2000, p.91-93.

81

Ibidem. p.89.

82

(25)

(Gli investigatori sciasciani) sistematicamente falliscono nel mettere ordine dove c’è caos e nel ristabilire l’equilibrio che il delitto ha distrutto. I disinvolti procedimenti analitici dell’investigatore si abbattono contro il monolitico muro della società criminale, e la loro scoperta costruita accuratamente termina in un fiasco. Alla fine dei racconti polizieschi di Sciascia i criminali sono lasciati impuniti, disordine ambiguità predominano. I

rappresentanti di Sciascia della logica, dell’ordine e dell’etica vengono sconfitti dalla società collettiva criminale.83

In conformità a queste due definizioni si arriva alla conclusione che le differenze principali tra il giallo tradizionale e quello sciasciano si ritrova nel personaggio dell’investigatore e del suo antagonista. Nel giallo tradizionale il delinquente è un singolo individuo che non rispetta le regole della società ed il suo movente è personale. Un’altra caratteristica del detective tradizionale è che l’investigatore riceve il sostegno dalla società. Nel giallo di Sciascia è invece il delinquente che ha sostegno della società e il delitto fa sempre parte di una serie d’altri delitti. L’investigatore sciasciano è una persona incorrompibile e, spinto dai suoi ideali, è sempre in ricerca della verità. Altri elementi principali dei detective sciasciani riguardano il disordine e l’incertezza: i delinquenti non sono identificati e puniti alla fine della storia.84

Importante per la letteratura del giallo fu la creazione del personaggio Charles Auguste Dupin dello scrittore Edgar Allan Poe nel 1838. Si tratta di un personaggio che risolve il delitto soprattutto perchè è un esercizio intellettuale per lui, mentre la scelta degli

investigatori sciasciani di dedicarsi alla giustizia deriva dall’impegno morale. Dupin è famoso per il suo metodo analitico e la sua acutezza: ricollega tutti i dettagli, come la posizione degli oggetti, l’espressione sulle facce degli interrogati e il tono delle loro frasi. Questo metodo analitico è stato ripreso da tanti altri giallisti: l’attenzione degli investigatori per le analisi è un elemento che ritroviamo anche in altri detective che seguirono a Dupin. Si può considerare l’investigatore di questi gialli proprio per questa ragione come un eroe dell’intelletto: è lui che deve chiarire e risolvere il delitto.85

Gli eventi che hanno ispirato Sciascia a scrivere i suoi gialli vengono descritti nel libro

La Sicilia come metafora (1979). Il giallo Il giorno della civetta è basato sull’omicidio del

sindacalista italiano Miraglia a Sciacca per cui è responsabile Cosa Nostra (il nome che riferisce all’organizzazione criminale di diverse famiglie mafiose siciliane). Sciascia, nell’opera A ciascuno il suo, ha voluto descrivere il fallimento della politica italiana

centrosinistra negli anni sessanta, ma in realtà si parla soprattutto dell’infiltrazione della mafia

83

Jackson, Giovanna, Leonardo Sciascia, 1956-1976: a thematic and structural study, Ravenna: Longo, 1981, p. 12.

84

Jackson, Giovanna, Nel labirinto di Sciascia, Milano: La Vita Felice, 2004, p.16-17.

85

(26)

nella politica nazionale. Del giallo Il contesto si sa che è stato scritto da Sciascia con l’idea di discuttere la politica nazionale e quella mondiale allo stesso tempo.86

Nelle sue opere più recenti colpisce la voce disperata di Sciascia, riferendo al sentimento dello scrittore che tutto è una bugia. Sciascia ne parlò durante un’intervista che aveva rilanciato al giornale La Repubblica nel periodo in cui uscì il suo giallo Il cavaliere e la

morte87:

‘Anche se continuerò a scrivere, questo per me è un libro che chiude (…). Chiude quella che è la mia esperienza di vita, il mio giudizio sull’esistenza, sulle cose italiane, sul senso dell’essere vivi e sul senso della morte. E’ vero, sono serenamente disperato. Penso che nulla cambierà piú in Italia, almeno nell’arco della mia breve vita.’88

5.3. I romanzi storici sciasciani

La produzione letteraria di Sciascia si compone, oltre ai suoi gialli, anche di romanzi storici. Questi romanzi storici sono stati scritti con l’obiettivo di trovare la verità storica.89 Da menzionare è il saggio ‘Del romanzo storico’90 d’Alessandro Manzoni (1785-1873) che si

considera come il manifesto teorico dei racconti con uno sfondo storico. Manzoni racconta in questo saggio come uno scrittore dovrebbe scrivere un romanzo storico. In primo luogo è importante che la storia viene usata dallo scrittore come ‘fondamento su cui le azioni dei personaggi si possono sviluppare.’91 Manzoni è poi dell’opinione che si crei soltanto una narrativa armoniosa e completa quando lo scrittore combina in maniera coerente la sua fantasia con la storia.92

Sciascia si distaccò non solo dallo schema del giallo tradizionale, ma seguì neppure le direttive per il romanzo storico come sono state descritte nel modello manzoniano. Infatti, la storia era per Manzoni una base su cui lo scrittore poteva costruire la trama, l’intrigo, i personaggi e l’ambiente, mentre Sciascia usò questi fatti storici per farli diventare un elemento della vita spirituale e psicologica dei protagonisti.93

Sciascia ha scritto soltanto un vero romanzo storico: Il consiglio d’Egitto. Si può considerare pure il dramma teatrale Recitazione della controversia liparitana dedicata ad

86

Mullen, Anne, & O’Beirne, Emer, Crime Scenes. Detective Narratives in European Culture since 1945, Amsterdam-Atalanta: Rodopi, 2000, p.90. 87 Ibidem, p.89. 88 Ibidem, p.89-90. 89

Sciascia, Leonardo, De raad van Egypte, Amsterdam: Serena Libri, 2005, p.11.

90

Jackson, Giovanna, Nel labirinto di Sciascia, Milano: La Vita Felice, 2004, p.15.

(27)

A.D. (1969) e i racconti Gli zii di Sicilia e Il mare colore del vino (1973) come delle opere che

appartengono a questo genere perché la trama e i personaggi sono basati su fatti reali, ma sono dell’opinione che in realtà si debba dare l’etichetta del giallo a queste narrative a causa dei metodi di ricerca dei protagonisti. In secondo luogo si legge queste opere a mio avviso come un vero giallo grazie alla presenza di una crescente suspense.

Finora abbiamo visto che Sciascia ha scritto sei gialli e un romanzo storico. Esistono però anche degli scritti in cui il nostro combina la tecnica del giallo con il contenuto del romanzo storico. Si tratta di una nuova corrente letteraria che lo scrittore David Pizer ha chiamato la narrativa documentaria94 e che si è affermata in Italia dalla metà del novecento in poi. Elementi di questa nuova corrente letteraria li troviamo in opere come Morte

dell’inquisitore, I pugnalatori, Dalle parti degli infedeli (1979) e Porte aperte.95 Pizer definisce queste opere come:

Quel tipo di prosa in cui l’autore crea l’impressione che egli abbia investigato le circostanze di un evento attuale e che possa dimostrare la validità della relazione dell’evento stesso.96

5.4. L’influenza dei dati storici sull’opera sciasciana

Sciascia prende in alcuni dei suoi romanzi come punto di partenza alcuni dati storici specifici, come l’Inquisizione che gioca un ruolo importante nel suo romanzo Morte dell’inquisitore. Sciascia ha pubblicato questo romanzo con l’obiettivo di parlare della presenza dannosa dell’Inquisizione nel Mezzogiorno. In secondo luogo voleva denunciare così il suo disgusto che provò per l’Inquisizione; l’Inquisizione fu uno dei fattori che limitò il pensiero libero in Sicilia nel periodo prima dell’Illuminismo.

Nel romanzo Morte dell’inquisitore Sciascia presta attenzione alla (vera) resistenza di Diego La Matina contro la sua esecuzione nel diciassettesimo secolo. La Matina era

condannato a morte per il suo comportamento eretico, ma secondo Sciascia ‘egli agitò solo il problema della giustizia nel mondo in un tempo sommamente ingiusto.’97

Nella storia della letteratura italiana esistono anche altri scrittori che hanno indagato criticamente un periodo storico, come per esempio Manzoni. Nel saggio Storia della colonna

infame (1840) narra con l’occhio critico il processo contro due untori a Milano durante il

94

Jackson, Giovanna, Nel labirinto di Sciascia, Milano: La Vita Felice, 2004, p.39.

95

Ibidem, p.35-39.

96

Ibidem. p.36.

97

(28)

periodo della peste nel 1630.98 Sulla base di quest’affermazione posso quindi confermare che l’opera Morte dell’inquisitore è di gran parte ispirata sul saggio di Manzoni: Sciascia mette alla gogna nel suo romanzo la persecuzione delle vittime innocenti durante un periodo specifico nella storia d’Italia.

Sciascia incontrò soprattutto durante la dittatura di Francisco Franco molta difficoltà a trovare dell’informazione per il suo romanzo sull’Inquisizione. Questi problemi vengono descritti dal nostro nell’opera Ore di Spagna (1988). Sciascia:

Negli anni di Franco era quasi impossibile trovare nelle librerie, e anche in quelle antiquarie, cose che riguardassero l’Inquisizione. E c’è da credere che nelle scuole, università inclusa, se ne parlasse il meno possibile. Sarebbe stato, evidentemente, un parlar di corda in casa dell’impiccato (e in casa del bioa).99

Il nostro, proprio a causa della mancanza di tanta informazione, era molto interessato nei graffiti che erano stati scritti dagli eretici sulle mura carcerarie nel Palazzo Steri a Palermo durante il periodo dell’Inquisizione in Sicilia. Il nostro usò una di queste iscrizioni nella parte iniziale del romanzo Morte dell’inquisitore, ovvero: ‘Pazienza/Pane e tempo.’100 Sciascia considerò questi graffiti come ‘la più viva e diretta testimonianza del dramma che

l’Inquisizione è stato per i popoli ad essa soggetti: e quindi da conservare con ogni cura ed accorgimento.’101

Un altro dato storico che gioca un ruolo importante in alcune delle opere di Sciascia è il Risorgimento. Questo tema viene trattato dallo scrittore nei saggi ‘Verga e il Risorgimento’, ‘I fatti di Bronte’ (Pirandello e la Sicilia, 1961), e ‘Verga e la libertà’ (La corda pazza) e nel racconto ‘Quarantotto’ (Gli zii di Sicilia).102

Scrivere sul Risorgimento era per Sciascia un modo per esprimere le sue riserve sul successo di questo periodo storico. Sciascia era dell’opinione che il Risorgimento avesse peggiorato le condizioni dei contadini del Mezzogiorno e dall’altra parte aveva creato un divario sempre più profondo tra il Nord e il Sud. In altre parole: il Risorgimento non aveva dato l’esito sperato. Anzi: aveva portato con sé soprattutto grand’agitazione sociale.103

Il Risorgimento è il tema centrale del saggio ‘I fatti di Bronte’. Si considera quest’opera come un documento storico per la sua ricostruzione della storia. Sono dell’opinione che si tratti

98

Cannon, JoAnn, The novel as investigation. Leonardo Sciascia, Dacia Maraini and Antonio Tabucchi, Toronto: University of Toronto Press, 2006, p.48.

99

Mullen, Anne, Inquisition and Inquiry. Sciascia’s Inchiesta, Market Harborough: Troubador, 2000, p.10.

(29)

dall’altra parte di un documento antistorico: Sciascia esprime chiaramente in quest’opera che non crede nel successo del Risorgimento per soprattutto l’Italia meridionale. In altre parole: il nostro scrive in questo saggio contro la storia: parla del Risorgimento come un periodo d’ingiustizia per i contadini di Bronte che ha dato a pessime condizioni economiche per loro, con gran’agitazione come conseguenza.

Un altro elemento a cui Sciascia ha fatto attenzione nella sua produzione letteraria è il tema del fascismo. Lo scrittore veniva concretamente a contatto con il regime fascista e il fascismo nel periodo in cui frequentava le scuole magistrali a Caltanissetta tra il 1935 e il 1942. A Caltanissetta incontrò lo scrittore Vitaliano Brancati (1907-1954) che insegnò a lui l’antifascismo e la sua dottrina morale.104 Il nostro spiegò in diverse interviste con la

giornalista francese Marcelle Padovani che fece una doppia vita nella sua infanzia: Sciascia, nonostante il suo odio verso il fondatore del fascismo Mussolini, era costretto a indossare a scuola una divisa con un’immagine del Duce sulla cravatta.105

Sciascia sentì sempre più la necessità di dover mettere alla gogna la piaga del fascismo nella sua letteratura, come dimostrano le sue parole sottostanti:

“Il fascismo non è morto. Convinto di questo, sento una gran voglia di combattere, di impegnarmi di più, di essere sempre più deciso e intransigente, di mantenere un atteggiamento sempre polemico nei riguardi di qualsiasi potere.”106

Sciascia critica il fascismo per esempio nell’opera Le parrocchie di Regalpetra. Nello stesso romanzo spiega come pian piano è nato in lui durante i suoi anni di scuola a Caltanissetta un sentimento antifascista:

“In quei tempi conobbi C., era di un anno più grande di me. (...) Era un ragazzo straordinariamente intelligente (...) e conosceva ambienti antifascisti. Mi fece dapprima dei discorsi vaghi, poi sempre più chiari e precisi. Già in me qualcosa accadeva, acquistavo un sentimento delle cose e degli uomini che sentivo non aveva niente a che fare col mondo del fascismo. (...). E a pensare che c’erano contadini e artigiani del mio paese, d’ogni parte d’Italia, che andavano a morire per il fascismo, mi sentivo pieno d’odio.”107

Mettendo in considerazione il motivo che ha spinto Sciascia a scrivere sulla mafia sono dell’opinione che la stessa cosa valga per il fascismo: il nostro ha fatto attenzione a questo

104

Fano, Nicola, Come leggere ‘Il giorno della civetta’ di Leonardo Sciascia, Milano: Gruppo Ugo Mursia, 1993, p.18.

105

Di Piero, William, ‘To each his own. Leonardo Sciascia’, sul sito: http://www.nybooks.com/shop/product-file/46/toea46/introduction.pdf. Data di consultazione: 09-01-2010.

106

Sciascia, Leonardo, La Sicilia come metafora, Milano: Mondadori, 1979, a.c.d. Padovani, Marcelle, p.85.

107

(30)

Referenties

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