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Il clima innovativo nel mondo letterario veneziano alla fine del Quattrocento nella Hypnerotomachia Poliphili

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veneziano alla fine del Quattrocento nella

Hypnerotomachia Poliphili

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veneziano alla fine del Quattrocento nella

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PROLOGO 2

1. ALDO MANUZIO 3

1. La vita di Aldo Manuzio al servizio della stampa 3

1.1. Il grammatico in via per Venezia 3

1.2. La nascita dell’officina aldina 6

2. L’umanista dietro lo stampatore Aldo Manuzio 9

2.1. Il suo ruolo nella società umanistica 9

2.2. La ‘neaccademia’ nell’officina aldina 10

3. Il ruolo significante di Manuzio in cambiamenti del mondo librario 12 3.1. La creazione dell’editore e della casa editrice 12

3.2. I caratteri greci da stampare 13

4. Conclusioni: Manuzio come re di innovazioni 18

2. LA HYPNEROTOMACHIA POLIPHILI 19

1. Il manoscritto 19

1.1. Il titolo come profeta 19

1.2. L’identità dello scrittore megalomano 20

1.3. Un’enciclopedia combinata con una storia d’amore 22

2. La pubblicazione 25

2.1. Il ricevimento dubioso nell’officina aldina 25 2.2. La tecnica tipografica che diventerà esemplare 28 2.3. L’arte che cambiava l’opera scritta in un campionatura 29

3. La ricezione 31

3.1. L’influenza che la pubblicazione ha avuto sulle arti europee 31 3.2. L’interpretazione dell’altro grande mistero: il contenuto 33

4. Conclusione: le innovazioni nell’opera 36

3. IL LINGUAGGIO POLIPHILESCO 37

1. Le lotte per raggiungere la codificazione nel Quattro- e Cinquecento 37 1.1. La valorizzazione accrescitiva del volgare fino al Quattrocento 37 1.2. La posizione della lingua volgare nel Quattrocento precoce 38 1.3. L’assimilazione fra la lingua latina e la lingua volgare 41

1.4.L’avanzata e lo scavalcare del volgare 43

2. Le mescolanze linguistiche della fine del Quattrocento 47 2.1. Soluzioni umanistiche per le lotte linguistiche 47 2.2. La mescolanza linguistica del Colonna analizzata 48 2.3. Le idee possibili per la creazione linguistica 51

4. LA QUESTIONE DELLA PALATALIZZAZIONE 55

1. La nascita di fonemi neolatini caratteristici per l’italiano 55 2. L’ortografia della velare sorda nella lingua poliphilesca 59 2.1. Il trattamento dei casi specifici del corpo 63 3. Conclusioni riguardo alla ricerca linguistica 67

CONCLUSIONI 69

APPENDICE 71

1. Sinossi della Hypnerotomachia Poliphili 71

2. Corpo linguistico della Hypnerotomachia Poliphili 74

(4)

PROLOGO

Aldo Manuzio e la Hypnerotomachia Poliphili si sono legati per sempre dal momento della pubblicazione del manoscritto. Benché si discuta ancora sulla scelta libera dell’editore per la pubblicazione dell’opera bizzarra, l’editore e lo scrittore hanno più in comune che si aspetti. Sono ambedue prodotti della fine di un’episteme, in questo caso dell’atteggiamento neoplatonistico, e di tempi con molti cambiamenti riguardo alla cultura e alla società.

La caratteristica del mutamento di episteme sembra essere che viene accompagnata da innovazioni: la combinazione delle idee vecchie e le idee nuove. Queste innovazioni possono essere accettate o no, come solamente una parte della Hypnerotomachia Poliphili è stata accettata nel canone; si loda Manuzio ma

vilipendia il Colonna.

Quest’opera è un esempio delle innovazioni letterarie e librarie, sorte a

Venezia nella fine del Quattrocento, e di un’invenzione linguistica che, se fosse stata accettata, magari sarebbe diventata la lingua italiana di oggi. Per poter

comprendere meglio l’invenzione del Colonna, ho svolto una ricerca linguistica sull’espressione ortografica della palatalizzazione della [k] latina, una delle

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1. ALDO MANUZIO

L’uomo innovativo che faceva nascere il libro più bello del Rinascimento

La fine del Quattrocento era il tempo in cui l’arte della stampa si avanzò e mostrò di essere più di un processo tecnico solo: la stampa fece possibile pubblicare le grandi opere della letteratura classica – che al suo turno provocò uno stimulo per il

Rinascimento1- e per gli stampatori divenne possibile distinguersi, il che significò la

nascita della professione di editore. Accanto a questi sviluppi si aveva anche ormai la possibilità di pubblicare un libro come la Hypnerotomachia Poliphili.

1. La vita di Aldo Manuzio al servizio della stampa 1.1. Il grammatico in via per Venezia

Lo stampatore Aldo Manuzio può essere visto come la personificazione dello sviluppo soprannominato. Benché la sua officina si trovasse a Venezia, le sue origini sono situate a Bassiano, un paese laziale a sud di Roma. Probabilmente ci nacque nel 1540 in una famiglia ebrea, che aveva ricevuta il suo cognome da un certo Paolo di Manduzio di Bassiano, egli stesso un discendente da un vescovo dominicano2.

Dopo una formazione di base in questo paese, Aldo partì per Roma dove voleva essere istruito nella lingua latina dal maestro Gaspare da Verona. Pensionato quest’ultimo, Aldo frequentava ancora alcuni anni le lezioni di Domizio Calderini ma lasciò Roma nel 1478 per andare a Ferrara, dove imparava anche il greco da

Battista Guarini. In queste lezioni Aldo conobbe Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494), il quale raccomandò l’amico a sua sorella, la vedova Caterina Pio di Carpi, per l’istruzione dei suoi nipoti3. Accanto ai due principi Aldo aveva altri due

1 “Systematization [degli studi classici] came only after the humanist impulse could be combined with new features supplied by print culture.” p.125, The printing revolution in early modern Europe, Elizabeth

L. Eisenstein, Cambridge University Press, Cambridge 1983. “Quando poi l’invenzione della stampa

diede la possibilità di una più celere ed efficace trasmissione dei capolavori della humanitas (...)” p.13, Battaglie editoriali del ‘500 dal Veneto alla Sicilia, Vincenzo Monforte, Ila Palma, Palermo 1992. 2 “(...) incerto essendo l’origine di Aldo, un passo della sua grammatica latina consentiva l’ipotesi che fosse un ebreo convertito (...) <<hebrai sunt et ego, idest ipsi hebrai sunt et ego sum hebraeus>> (...) C’era nel Quattrocento a Sermoneta una notevole comunità ebraica (...) una famiglia Manduzi, discesa da un focoso e prolifico domenicano, vescovo di Venafro nel medio Trecento. Dallo studio della Caciorgna risulta che nel dicembre del 1449 il più cospicuo degli ebrei di Sermoneta acquistò un terreno da Paolo di Manduzio di Bassiano.” p.16-18, Aldo Manuzio. Umanista e editore, Carlo Dionisotti, Edizioni Il Polifilo,

Milano 1995.

3 “It was Giovanni Pico who recommended Aldus to his sister when her first son, Alberto, was four years old and the second, Leonello, still an infant.” p.34, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica

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allievi da insegnare: Ercole Strozzi, in età avanzata il poeta cortile degli Este, e Jacopo Berengario, che diventerebbe un medico, avevano anche il privilegio di avere Aldo come maestro4. Così egli finì a Carpi, dove rimaneva il maestro di Alberto Pio

(1475-1531) per sei anni, il che fu l’inizio di un legame stretto e permanente fra il maestro e il suo allievo. Durante il suo tempo a Carpi, e particolarmente nel suo soggiorno a Mirandola, fuggito per la guerra fra Venezia e Ferrara, Aldo formò attorno a sè un grande gruppo di conoscenti, fra cui colleghi maestri e umanisti5.

Le sue esperienze nell’insegnamento, prima come studente, poi come maestro, rappresentano la ragione per Aldo di entrare nel mondo della stampa. Nel

Quattrocento, studiando le lingue classiche, gli studenti incontravano un problema fondamentale: il materiale.

Prima dell’invenzione della stampa tutti i libri vennero manoscritti, ed erano dunque preziosi e scarsi. Nella seconda metà del Quattrocento sì esistevano dei libri stampati, ma la quantità di opere classiche rimaneva bassa perché i libri furono ancora stampati su foglie grandi, nello stesso formato dei manoscritti6. Un altro

fattore peggiore era che il contenuto dei libri si cambiava; non tutti i manoscritti erano trasmessi con la stessa precisione e contenevano quasi sempre degli errori7.

Per insegnare le lingue, i maestri costruivano il suo proprio materiale e così anche Aldo: da lettere scritte a Caterina Pio appare che egli stava scrivendo una

grammatica, appunto per l’istruzione dei bambini8 e si crede adesso che si tratti del

libro Rudimenta grammatices latinae linguae, il quale Aldo pubblicò dopo nella sua officina9.

Soprattutto l’offerta dei testi nel greco classico non rispondeva alla domanda: già nel periodo del Consiglio di Firenze e Ferrara, il che tentava di riunire la Chiesa romana con la sua parte greca, c’era un grande numero dei greci in Italia, ma non tanti quanti emigrarono dopo la caduta di Constantinopoli nel 1453. Con tutti

4 “(...) and it may be at this time that Aldus had as his pupil the future poet Ercole Strozzi, of the noble Florentine family, whose work would later be published in an Aldine edition.” p.33 e “One of Alberto Pio’s companions in study was Jacopo Berengario (...) was to become a noted medical doctor and anatomist.” p.37, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992. 5 Oltre a Giovanni Pico della Mirandola, si deve pensare a Marsilio Ficino, al Poliziano (Angelo

Ambrogini), a Lorenzo Valla e a Costantino Lascaris.

6 “What printers initially produced (...) were folio volumes that were still as large, expensive, unwieldly, and inaccessible to a large public as were the manuscripts that preceded printing (...)” p.9, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.

7 “Even when manuscripts or early printed books existed, the textual variants were usually so great as to make the works misleading at best.” p.38-9, Ibidem.

8 “(...) composing and writing a little grammar book particularly suited for instructing children.” p.37,

Ibidem.

(7)

questi greci attorno a sé, crebbe la voglia degli umanisti di avere la padronanza anche di questa lingua classica e di poter leggere le grandi opere greche nella lingua originale10.

Aldo fece di necessità virtù e decise di occupare questa nicchia nel mercato dei libri. Necessario per poter raggiungere questo scopo fosse l’abbandonamento di Carpi e il possedere di una casa a Venezia. La repubblica Serenissima era diventata la città della stampa per diverse ragioni: era la prima città attraversa le Alpi dove i tedeschi potevano stabilirsi quando cominciavano a spargere la sua invenzione. E benché i primi stampatori tedeschi si fossero stabiliti a Subiaco11, la maggioranza dei

tedeschi aveva trovato una residenza a Venezia12. Inoltre, la città giocava un ruolo

importantissimo nel commercio con la parte orientale del mediterraneo, importando non solo i suoi prodotti, ma anche una parte del suo popolo13. Anche il fatto che

Venezia era una repubblica, indipendente e lontana dallo Stato della Chiesa, significava un clima più aperto per nuove invenzioni come la stampa14. I motivi

particolarmente vantaggiosi per il progetto di Aldo erano la presenza di molti scienziati greci15 e quella della biblioteca Marciana, a cui Cardinale Bessarione

aveva lasciato la sua collezione di manoscritti greci16.

10 “(...) [the goal] to acquire enough skill to read the Greek ones, was abetted by the influx of Greek scholars into Italy during the Council of Florence-Ferrara, which in 1438-45 attempted reconciliation between the Greek and Roman churches.” p.21 Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press,

New York 1992 e “(...) gli [Aldo] fece comprendere l’importanza della tipografia greca in una città e in un

ambiente dove lo studio dei testi in lingua originale era desiderio molto sentito.” p.11, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze

1994.

11 “(...) introdotta in Italia alla fine degli anni Sessanta: il primo libro stampato in Italia fu probabilmente l’Ars grammatica di Elio Donato, che uscì intorno al 1465 dalla stamperia impiantata nel monastero di Subiaco dai tedeschi Corado Schweinheim e Adolfo Pannartz.” p.335-6, Storia della letteratura italiana. Dalle origine al Quattrocento, Giulio Ferroni, Einaudi Scuola, Milano 1991.

12 “(...) so many of the itinerant printers settled in Venice and set up shop there that soon a whole quarter of the city, Fondaco dei Tedeschi, was named for them.” p.12, Aldus and his dream book, Helen

Barolini, Italica Press, New York 1992.

13 “Venice, the foremost cosmopolitan mercantile center, (...) with its scores of printer-publishers, its international trade, and its émigré Greek community, was the focal-point of publishing.” p.2, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc., San Francisco 1988.

14 “Whether the new art was considered a blessing or a curse, whether it was consigned to the Devil or attributed to God, the fact remains that the initial increase in output did strike contemporary observers as sufficiently remarkable to suggest supernatural invention.” p.19, The printing revolution in early modern Europe, Elizabeth L. Eisenstein, Cambridge University Press, Cambridge 1983.

15 “[Venezia] sia che si trattasse di favorire l’arrivo in Italia dei dotti bizantini o i viaggi degli studenti a Constantinopoli, sia che procurasse e commercializzasse codici greci ed altro materiale antiquario.” p.13, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S.Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.

16 “Aldus was also aware that Venice possessed possibly the best collection of Greek manuscripts in all Italy, donated to the Serene Republic by Cardinal Bessarion and deposited in the Marciana Library.”

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Come già detto, Aldo partì da Carpi nel 1489, ma abbiamo trovato dei libri

pubblicati veramente dalla mano sua soltanto dal marzo 1495. Negli anni intermedi si occupava probabilmente con l’impadronirsi della tecnica e con la costruzione di un nuovo cerchio di conoscenti17 che potessero aiutarlo realizzare il suo sogno.

Soprattutto sul piano finanziario Aldo aveva bisogno di qualche aiuto: in quei tempi mettere in piedi un’officina tipografica ci volevano uno stabile, della carta, delle macchine tipografiche, dei caratteri ex-novo e poi ancora il personale18. Inoltre,

l’iniziare di una tale impresa fu allora più difficile che alcuni anni prima a causa della quantità di concorrenza combinata con il fatto che “la stampa aveva perduto lo splendore della novità, senza acquistare la patina della rispettabilità”19.

Stranamente si poteva allora anche pubblicare dei libri senza possedere una propria officina tipografica con l’attrezzatura necessaria; in questo modo due libri di Aldo entrarono sul mercato, Musarum Panagyris e Paraenesis, rispettivamente nel 1490 e nel 149120, ambedue stampati dal mano di un certo Baptista de Tortis.

Qualche anno dopo nacque la prima edizione della grammatica che egli aveva scritta21, questa volta stampata con i caratteri di un suo amico, il tipografo Andrea

Torresani (1451-1529), benché non si nomini né Aldo né Andrea come l’editore22.

Nel prologo di quest’ultimo libro Aldo annunciò la pubblicazione di una grammatica greca e altre opere greche23, quindi un’officina propria sarebbe stata più pratica ed

economica.

1.2. La nascita dell’officina aldina

Un anno e mezzo dopo, l’officina aldina cominciava a prendere forma: la metà dei costi fu finanziata da Pier Francesco Barbarigo (?-1495), un membro della nobile famiglia veneziana24, e l’altra parte fu nelle mani di Andrea Torresani, dalla quale

17 “Sono certi i suoi legami con la famiglia Barbaro, allora parte dell’élite culturale della Repubblica (...) Così come sono documentati i suoi legami con Marin Sanudo, anch’egli nobile e possessore di una importante biblioteca (...) e con Pietro Bembo.” p.11, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.

18 p.13,Ibidem.

19 p.396, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro editrice, Roma 1984.

20 “They are undated, but the Musarum Panagyris with its Epistola Catherinae Piae has been assigned to the period March/May 1487-March 1491; the Paraenesis to 1490.” p.2, New Aldine Studies, Harry

George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc., San Francisco 1988.

21 “Institutiones grammaticae” è del 9 marzo 1493.

22 “Si direbbe che Aldo, pubblicando a Venezia le cose sue, fosse già in qualche modo riuscito a servirsi in proprio dell’attrezzatura tecnica altrui (...) i caratteri s’identificano con quelli delle stampe di Andrea Torresani.” p.99 Aldo Manuzio. Umanista e editore, Carlo Dionisotti, Edizioni Il Polifilo, Milano 1995. 23 “In its preface, Aldus announced his plan for going on to publish a Greek grammar and oher works.”

p.51, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.

24 “(...) Pier Francesco Barbarigo, son of the late doge Marco Barbarigo and nephew of the current doge, Agostino Barbarigo (...)” p.3 New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc.,

(9)

Aldo ebbe al suo turno una piccola parte25. Questo Andrea Torresani da Asola aveva

imparato l’arte della stampa del famosissimo Nicolas Jenson ed essendo un

artigianato semplice faceva una buona combinazione con l’intellettuale Aldo26. Altri

collaboratori erano Scipione Forteguerri, o Carteromaco, un’amico di Aldo dai tempi romani27 e l’orafo incisore Francesco Griffo. L’impresa era divisa su due stabili:

l’officina tipografia, vicina alla chiesa Sant’Agostino, e una libreria a Sant’Innocenzo28, dove prima l’officina di Andrea Torresano si era trovata.

Il primo libro stampato da Aldo nella sua propria officina uscì nel marzo 1495: la grammatica greca profetizzata nel 1493, “Erotemata cum interpretatione latina” di Costantino Lascaris (1434-1501), dedicata a ex allievo di Aldo, Alberto Pio, il che significa che questo probabilmente aveva finanziatola.

L’inizio della carriera editoriale di Aldo fu tardi, aveva già cinquantacinque anni e aveva già avuto una carriera come professore, ma questo non sarebbe uno svantaggio. Le opere scelte da Aldo per la stampa erano tutte di alto livello, e non solamente riguardo al contenuto - egli stava sempre cercando le edizioni più corrette allora conosciute29. Prima si mise soprattutto alla stampa di tutte le opere

di Aristotele – il che era stato lo scopo del suo cambiamento di carriera – ma dalla fine del Quattrocento elaborava il suo repertorio con la pubblicazione di opere latine, e perfino qualche libro in volgare e in ebraico.

Con la sua scelta di opere, soprattutto per quelle di Aristotele, Aldo si agganciò alle idee dell’avant garde30 di allora e siccome i suoi clienti non si

25 “Dai documenti risulta che Manuzio fosse almeno nel Quattrocento, socio di minoranza della tipografia (all’incirca la sua partecipazione è stimata ad un decimo del capitale totale) (...)”, p.13, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze

1994.

26 “Andrea Torresano, the bookseller, had been in charge of sales and marketing, while Aldus, the scholar, concerned himself with the choice, editing and printing of texts.” p.245, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.

27 “Studiò a Roma (...) incontrando allora il pistoiese Scipione Forteguerri, detto il Carteromaco, suo fedele collaboratore a Venezia;” p.35, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero

Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.

28 “(...)Sant’Innocenzo, near the Rialto Bridge,“al segno della Torre”, a play at the owner’s name.”

p.244-5, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.

29 “I suoi esemplari erano per lo più copie recenti prese a prestito dalle biblioteche dei suoi amici, ed egli passava da un codice a un altro come se stesse mettendo insieme una raccolta di ritagli, piuttosto che curando la pubblicazione di un testo.” p.393, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro editrice,

Roma 1984 e “His aim was to find even better texts of what was already extant so that he could emend

and print the best version that would become, if not a definitive text – since he was always open to re-examination based on superior versions – at least a decent standard for his time.” p.88, Aldus and his dream book,Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.

30 “(...) Aristotele ebbe la precedenza su Platone, e che pertanto quell’attività si sviluppò su di una linea affatto diversa da quella dei contemporanei filosofi (...)” p.101-2, Aldo Manuzio. Umanista e editore,

Carlo Dionisotti, Edizioni Il Polifilo, Milano 1995 e “(...) iniziando praticamente con il grande impegno

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limitavano ai nobili veneziani ma anche alle famiglie più importanti dell’Italia rinascimentale31, egli poteva esercitare una certa influenza sulle idee del suo

pubblico. Questo gli portava la fama e il predicato dell’editore più importante del mondo.

Quanto contrastante a questo periodo glorioso era il secondo decennio della sua carriera: nel 1505 l’officina tipografica alla Sant’Agostino venne chiusa e spostata verso l’altra riva del Canal Grande, al rione San Paterniano, vicino alla casa di Andrea. La ragione dello spostamento era probabilmente il matrimonio di Aldo; egli aveva sposato l’unica figlia del suo socio, Maria. Benché la grande

differenza nell’età e l’apparenza di un’azione commerciale32 in tempi di crisi33 invece

di amore, era un matriomonio felice e fertile, procreando cinque figli34.

Ormai le attività editoriali vennero sempre più interrotte per dei viaggi e a un certo punto Desiderio Erasmo (c.1467-1536) era l’unico che potesse convincere Aldo di mettersi di nuovo alla stampa35, volendo esser pubblicata la sua opera Adagia.

Poi la fatalità interrupe: la repubblica Serenissima venne attaccata dagli armi francesi e scomunicata dalla Chiesa. C’erano stati diversi momenti inquieti per Venezia nel tempo che Aldo ci aveva vissuto, ma non si era mai visto costretto ad abbandonare la città, fin’adesso. Aver viaggiato alcuni anni attraverso l’Italia, Aldo tornò nel 1512 a Venezia per continuare il suo lavoro nell’officina tipografica.

Dopo una vita caratterizzata da molti periodi di malattia36, Aldo morì il 6

febbraio del 1515, lasciando la sua officina ad Andrea Torresani e a suoi propri figli. Al mondo letterario lasciava un corpus di centotrentadue libri, dai quali settantatre classici (trentanove in greco, trentaquattro in latino), otto libri nella lingua volgare,

31 Tra i suoi clienti vennero annoverati i Medici, i Borgia, i Gonzaga, gli Este e Guidobaldo da

Montefeltro.

32 “Aldus (...) may have been induced to marriage by the prospect of the dowry of ducats that Maria Torresani brought him, and it may have also been a practical consideration contingent to Aldus’ partnership with her father Andrea (...)” p.85, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press,

New York 1992.

33 “(...) la crisi che colpì a fine Quattrocento la tipografia veneziana quando, per il fallimento delle più importante banche, molte botteghe dovettero chiudere.” p.11, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.

34 “During carnival of 1505 – thus no later than February 4th, Shrove Tuesday that year – Aldus married Andrea Torresani’s only daughter, Maria. She was born after 1480, and therefore was at least half Aldus’ age. They were to have almost precisely ten years of marriage together, seemingly happy if we may go by the evidence of the documents. They had three sons and two daughters, possibly twins. One of the girls would not survive infancy.” p.7, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M.

Rosenthal Inc., San Francisco 1988.

35 “(...) Aldo interrupe l’attività che riprese con due libri stampati nel 1507 e nel settembre 1508, dopo l’incontro con Erasmo da Rotterdam (...)” p.35, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo,

Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.

36 p.35-6, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc., San Francisco

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venti opere in greco e latino da scrittori contemporanei e diciotto libri per l’istruzione delle lingue classiche (dodici per la lingua greca).

2 L’umanista dietro lo stampatore Aldo Manuzio 2.1.Il suo ruolo nella società umanistica

Come la vita di tutta l’intellighenzia della società italiana nel Quattrocento, la vita di Aldo fu sotto il segno dell’umanesimo. Benché non fosse un membro della nobiltà, la sua famiglia era stata tanto abbiente che i figli potessero studiare. Dopo che Aldo aveva studiato la lingua latina, fu logico per egli di studiare anche il greco per poter leggere le opere classiche nella sua lingua originale. Anche lo scopo del suo cambio di carriera verso il mestiere di editore fare disponibili i testi classici ai coumanisti -è nato dalla idea umanistica che la gente si arricchisca tramite la scienza.

Primariamente c’è Aldo l’umanista intellettuale. Di tutto cuore Aldo era un grammatico e un educatore, come era stato a Carpi e lo rimaneva dopo il suo cambio di carriera. Pubblicò diversi libri per l’istruzione delle lingue classiche e quando cominciò a pubblicare i grandi del mondo classico, si trattava di testi per l’istruzione degli scolari avanzati e del suo pubblico. Pubblicava solamente i testi che egli considerava adatti per l’istruzione.

Essendo un’uomo convertito alla fede cristiana37 che si trovava alla fine del

Quattrocento, Aldo tentava probabilmente di trovare per sé stesso una

combinazione accettabile delle idee classiche e quelle bibliche. Il punto di vista di Platone che abbracciava le idee magiche, occulte e pagane, non risulta di essere una soluzione per Aldo ed egli era uno dei primi che fece il trapasso verso la visione aristotelica. Per istruire la gente, pubblicò tutto il corpus allora conosciuto di Aristotele e lasciava i testi di Platone38, dai quali il pubblico veneziano non aveva

bisogno secondo egli.

Ma l’umanesimo non si limitò alle professioni di Aldo, anche nella sua vita personale cercava di individuarsi con il mondo classico. Nel suo comportamento aveva preso come esempio il famoso censore romano Cato Uticensis (95-46). Ambedue erano uomini tranquilli e seri e che rivestivano il loro incarico

37 “(...) fosse un ebreo convertito.” p.16 e “Sulla fede e devozione cristiana di Aldo non possono sorgere dubbi.” p.106, Aldo Manuzio. Umanista e editore, Carlo Dionisotti, Edizioni Il Polifilo, Milano 1995. 38 “(...) Aristotele ebbe la precedenza su Platone, e che pertante quell’attività si sviluppò su di una linea affatto diversa da quella dei contemporanei filosofi che anteponevano Platone o che miravano alla concordia sostanziale dei due sommi filosofi antichi fra loro e di entrambi con la dottrina cristiana.”

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appassionati. Sia il romano che il veneziano avevano imparato la lingua greca dall’ammirazione39. Siccome Aldo sottolineò le loro sommiglianze tramite l’uso di

citazioni dalle opere di Cato, i suoi contemporanei lo vedevano davvero come il Cato del loro tempo.

L’unica devianza del suo esempio – e dei suoi contemporanei umanistici 40- è

che Aldo non si mischiava per niente nelle diverse discussioni forti per le quali il Quattrocento è noto. Come abbiamo visto, egli era uno dei primi aristotelici e aveva dunque una prevalenza per l’ordine e per le regole. La situazione ideale sarebbe stato per egli una tradizione umanistica nelle tre lingue bibliche41, un’idea che

predicava già qualche anno prima che il suo amico Erasmo lo posasse42. Aldo

poteva sottoporre le idee sulla purezza linguistica di Pietro Bembo (1470-1547), ma non era stato mai un vero ciceroniano riguardo alla lingua volgare43, probabilmente

perché questa lingua non gli interessava tanto che le lingue classiche.

2.2. La ‘neaccademia’ nell’officina aldina

Un’altra vestigia del credo nella vita di Aldo si trovano nelle prime pagine dei libri pubblicati da egli. Nei primi anni dell’officina, la firma aldina era spesso l’indirizzo dell’officina in latino: in aedibus Aldi, in domo Aldi, apud Aldum. Ma esistono altri termini usati da Aldo per la sua officina che indicano una vita dedicata

all’umanesimo. Infatti, alcune firme di pubblicazioni nell’officina aldina suonano ‘ex Aldi Neacademia’. La ‘Neacademia’, per esteso la Philhellenica Neacademia, oppure l’Accademia aldina, era il nome per un cerchio di intellettuali che avevano come il luogo di ritrovo l’officina e la casa di Aldo. Questa lega era basata sull’accademia antica di Plato, dove gli intellettuali potevano incontrarsi e discutersi nel e sul greco, ed era la quinta accademia nell’Italia cinquecentesca44. I membri erano

39 “In the humanist use of finding a classical mentor, Aldus would come to be likened by his contemporaries with the Roman censor Cato not only for his enduring admiration for Cato’s zeal in learning Greek in his old age (...) but also for his own rectitude, the austerity of his habits, his diligence and seriousness.” p.41-2, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992. 40 “It is also in contrast to some of the other strong personalities contemporary with him who expressed themselves in violence, vanity, polemics, and schandal.” p.42, Ibidem.

41 “(...) plans for a polyglot Bible to be printed in Hebrew, Greek, and Latin.” p.147, Ibidem.

42“Il progresso della società attraverso l’instruzione, la pubblicazione e lo studio della Bibbia nelle tre lingue antiche, la fondazione di collegi speciali, erano tutti progetti che Aldo aveva propagandato per l’Europa, quando Erasmo vagabondava ancora quasi sconosciuto tra Parigi e Oxford.” p.398, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.

43 “(...) risulta che Aldo non poteva, né in volgare né in latino, fedelmente attenersi alla lezione del Bembo

(…) [Aldo non era] mai, come umanista, un ciceroniano.”p.12, Gli umanisti e il volgare fra Quattro e

Cinquecento, Carlo Dionisotti, Felice Le Monnier, Firenze 1968.

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particolarmente degli amici di Aldo45, che tuttavia passarono il loro tempo

nell’officina come collaboratori o autori46. Lo spostamento dell’officina al nuovo

indirizzo significava la fine degli incontri dei membri e dunque dell’accademia. Un’altro nome straordinario per l’officina, ‘in Thermis Aldi Romani’, è

probabilmente47 legato all’idea che l’officina era il posto di incontro per intellettuali,

il quale nell’antichità romana erano le terme48.

Il terzo punto chiave dell’umanesimo che si ritrova nella vita di Aldo è lo sguardo esteriore e il viaggiare. Aldo errava attraverso l’Europa rinascimentale per

incontrare altri intellettuali e altre culture. Creava così una grande rete di

conoscenti italiani e stranieri – Angelo Poliziano (1454-1494), Johannes Reuchlin (1455-1522), Jean Grolier (c.1490-1565), William Latimer (c.1467-1545), Thomas Linacre (c.1460-1524) – tramite la quale propagandò e rinnovò le sue idee.

L’umanista olandese Erasmo venne perfino a vedere Aldo a casa sua e divenne durante il suo soggiorno un amico intimo dello stampatore.

Nel trapasso del Quattrocento al Cinquecento gli umanisti si vedevano inibiti al rispondere a questo punto di forza umanistico: Europa e soprattutto Italia era quasi continuatamente implicata in lotte per il dominio, il che provocò non solamente un clima pericoloso per i viaggiatori, ma come conseguenza, un forte

45 Fra Giocondo, Andrea Torresani, Alberto Pio, Pietro Bembo, Marcus Masurus, Marin Sanudo,

Scipione Forteguerra, Girolamo Aleandro, Andrea Navagero, Egnazio, Erasmo da Rotterdam e Tomasso Linacre da Canterbury.

46 “(...) hang around the bookshop or edit texts himself as younger nobles like Pietro Bembo or Andrea Navagero would do (...)” p.43, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S.

Olschki, Firenze 1994 e “Nella sua officina si dettero convengno [sic] quali autori, editori, correttori e

semplici frequentatori, personaggi (...) che hanno lasciato un segno anche nella storia religiosa della riforma cattolica.” p.11, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi,

Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.

47 Esistono diverse ipotesi sull’origine di questo nome per l’officina aldina: “Didot concluded that the name derived from the need for stoves in wintertime to dry the sheets of paper and to render the ink workable (...) Dazzi suggested two areas of origin. The first was from the heat generated from casting the type in tin and led; the second, from the repetitious, gymnast-like girations which the pressmen went through in their daily labors at the hand presses (...) the thermopolium mentioned by Juvenal was a place where people refreshed themselves by ordering warm drinks – in other words, a tavern. So the house where Aldus lived and worked might once have been a kind of bathhouse or tavern, facing toward Sant’Agostino and the name had been stuck (...) The name of the house could have been a play on Aldus’ family name. Thermus was a Roman cognomen in the Minucian gens:(...) We have already noted that Aldus published this work [Epistolae familiares] in April 1502, and the phrase about the house occurs in his preface; also, his classical education had been very extensive. Did he hint at Manutius behind Minutius Thermus?” p.60-1, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M.

Rosenthal Inc., San Francisco 1988.

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sentimento di nazionalismo49. È significativo che Aldo sì rimaneva viaggiare e che

poteva costruirsi una reta sociale che conteneva dei membri dell’aristocrazia internazionale50.

3. Il ruolo significante di Manuzio nei cambiamenti del mondo librario 3.1. La creazione dell’editore e della casa editrice

Fra le officine tipografiche della fine del secolo quindicesimo quella aldina ha uno status speciale. Era la prima officina dove gli incarichi venivano separati: Andrea Torresani, era l’artiginato risponsabile per la tecnica della stampa e per la vendità51,

lo stampatore, mentre Aldo si occupava con la scelta, il redigere e l’impaginazione dei testi da pubblicare – degli incarichi più editoriali. Questo significava che si poteva ormai essere l’editore senza anche essere lo stampatore di un’officina tipografica52.

Accanto a queste occupazioni Aldo manteneva i contatti sociali con i protettori e con la clientele, allo stesso momento rimanendo aggiornato delle

tendenze culturali per poter anticipare alla domanda futura e per poter influenzare il gusto dell’aristocrazia53. Ciò che egli considerava il suo incarico più importante

era invece la ricerca di nuovi manoscritti classici e di nuovi talenti fra gli scrittori54.

Ecco qui un’altro vantaggio di Aldo su i suoi concorrenti: il suo carattere

umanistico. Aldo aveva dei contatti con diversi umanisti che gli aiutavano nella sua

49 “Era inoltre inevitabile che una reazione nazionalistica, di rivalsa intellettuale contro la superiorità militare degli invasori stranieri, si verificasse nella cultura italiana dopo il 1494.” p.105, Ibidem. 50 “L’appello di Aldo all’aristocrazia letteraria dell’Europa tutta rappresentava il fondamento di una collaborazione internazionale (...)” p.64 Aldo Manuzio. Umanista e editore, Carlo Dionisotti, Edizioni Il

Polifilo, Milano 1995.

51 “Andrea Torresano [sic], the bookseller, had been in charge of sales and marketing, while Aldus, the scholar, concerned himself with the choice, editing (...)” p.245, Aldus Manutius and Renaissance Culture,

David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994 e “Si procurò inoltre l’aiuto tecnico e finanziario di

Andrea Torresani, facoltoso tipografo e libraio già in rapporto con Nicholas Jenson (...)”, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore, Firenze

1994.

52 “(...) for in the first half-century of printing, printer and publisher are practically always one and the same person. (...) beginning of the sixteenth century the division of labour between book-printer and bookseller becomes very general and the mark we find on the titles (...) refers the public to the publisher who had the book printed and would supply it, not to the printer.” p.78-9, Ibidem.

53 “ È assolutamente chiaro che Aldo esercitava un ascendente emotivo sui dotti del suo tempo (…) Aveva notevole disponibilità all’amicizia.”p.398, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro editrice,

Roma 1984.

54 “Movendo da una clientela ristretta di filosofi, di scienziati, di umanisti ellenizzanti, Aldo si volgeva a una clientela di gran lunga più ampia e varia. Sollecitava e offriva la moderna poesia del Sannazzaro, del Pontano: di lì a poco, nel 1505, avrebbe offerto la moderna prosa volgare degli Asolani (...)Quale possa essere stato su Aldo l’influsso di un uomo come il Bembo, come poco più tardi il Navagero (...)”

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ricerca per manoscritti classici55 e che gli fornivano di materiale nuovo da

pubblicare. Soprattutto i membri dell’Accademia aldina riempivano questi ultimi compiti56 e avevano anche i suoi propri contatti che potevano utili per l’officina57.

Così la funzione dei membri sommigliava quella dei collaboratori di una casa editrice adesso58.

3.2. I caratteri greci da stampare

Necessario per raggiungere lo scopo di Aldo, stampare le opere dall’antichità greca nella sua lingua originale, fossero i caratteri che rappresentavano la scrittura greca. Alcuni anni prima che Aldo cominciasse la sua officina a Venezia, i primi tentativi di tipografia greca erano successi a Firenze e a Milano, che si chiudeva invece in uno scacco59. Appena arrivato a Venezia, Aldo si mise in contatto con un incisore per

elaborare le sue idee riguardo ai caratteri greci. Invece di usare un solo carattere per rappresentare una sola lettera, i caratteri inventati da Aldo si basavano sulla scrittura attaccata come nei manoscritti. Questa tecnica significava che nello stampare si usano certe combinazioni frequenti di lettere greche che formano un solo carattere, come anche delle abbreviazioni usate dagli scolari60. La somma di

Aldo – la tecnica di stampa e la scrittura attaccata dei manoscritti – diventerebbe un grande passo avanti nello spargere della letteratura greca61.

55 “(...) ciò che gli permise di allargare i suoi affari a tutta Europa e di ricevere spesso aiuti da molte biblioteche europee.” p.13, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi,

Octavo Franco Cantini Editore, Firenze 1994.

56 “(...) a consultive board of experts, each of whom would edit in his particular field (...) another function of the academy members was to provide texts for Aldus, or search them out for him on any journeys they made.” p.138, Aldus and his dream book,Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.

57 “Colui che assunse una posizione ancor più rilevante nei rapporti tra Venezia e Firenze, tra gli ambienti fiorentini e il circolo aldino, fu Scipione Forteguerri.” p.25, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.

58 “ (...) Aldus founded his Neaccademia (...) with scholars and literary men who were to be for him what the editorial director and staff (...) is for a publishing house today.” p.136, Aldus and his dream

book,Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.

59 “(...) fece fallire il tentativo della tipografia greca iniziata da Giano Lascaris (...)” p.11-3, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.

60 “He was accustomed to the use of numerous abbrevations and ligatures, which could economize a writer’s time and paper (...) making type-casting and composition vastly more difficult for typesetters trying to duplicate handwritten letters that are connected. Still, Aldus adopted a Greek font containing no less than 462 sorts, including abbrevations, so that the editions of the Greek classics in which he took such pride became for later scholars almost undeciphrable unless they mastered that kind of

shorthand.” p.147, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York 1992. 61 “Vanificato il tentativo di Lascaris, fu Manuzio che dettò il progresso della tipografia greca e i suoi caratteri vennero presi a modello anche a Firenze, come dimostra il nuovo III gr. utilizzato da Lorenzo d’Alopa nel 1496.” p. 20, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki,

Firenze 1994 e “Questi caratteri, ammirati ed imitati all’epoca perché molto simili alle forme di scrittura a

mano più apprezzate, sono oggi trascurati e condannati da studiosi e tipografi appunto per queste ragioni (...)sono più decorativi che leggibili.” p.392, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro

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Alcunni anni dopo Aldo venne sul mercato tipografico con un altro completo di caratteri. Questa volta si era fatto ispirare dal tipo di calligrafia usato dalla cancellaria papale con lo scopo di creare dei caratteri stampati che fossero confortevoli per il lettore. Il carattere nuovo, corsivo e più snello del ‘romano62’,

riceveva il nome ‘italico’ 63 ed è stato il base di molti caratteri tipografici moderni.

Particolarmente la snellezza del carattere ‘italico’ appare di essere vantaggiosa nel mondo tipografico: fece possibile di stampare più parole su una sola pagina, il che significava un prezzo più basso e un pubblico più largo. La presentazione del reperimento al pubblico letterario era in un’illustrazione del libro Epistole devotissimi di Santa Catarina di Siena, pubblicato nel 1500; il primo libro completamente stampato in italico fu l’edizione del Virgilio un anno dopo.

Esistono diverse richieste da Aldo per un brevetto per i suoi caratteri

‘inventati64’, finalmente accordate nel veneto e poi, tramite la sua amicizia di Pietro

Bembo, perfino nello stato papale65. Questo processo di brevettare venne la causa di

un conflitto fra Aldo e il suo incisore Francesco Griffo, il che finiva con la partenza dell’ultimo.

3.3. L’enchiridion come passo avanti

Il mutamento del libro dalla mano di Aldo non solamente succedeva all’interno; una grande parte dell’aspetto dei libri come se lo conosceva nel Quattrocento spariva tramite i cambiamenti che Aldo eseguiva. L’Aeneid del 1501 era una novità nel mondo librario, e non solamente perché era stampato con i nuovi caratteri corsivi. I formati del libro erano più piccoli di quelli dei libri allora conosciuti. Sia i libri manoscritti che quelli stampati negli ultimi decenni del Quattrocento avevano delle dimensioni tanto grandi che occoresse un tavolo di lettura, o una scrivania66 per

62 Il ‘romano’ era allora l’unico carattere che venne usato nella tipografia.

63 “Aldus based it upon the hand commonly used for correspondance and records in the papal chancery. In 1431 the Vatican chancery had adopted a beautiful and clear formal style of handwriting that became known as the chancery hand (...) others came to call the new typeface Aldino (...) Italic was more compressed than roman face and could fit more words to a line (...)” p.80, Aldus and his dream book,

Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.

64 “Già dal colophon del volume di Aristotele Aldo si dichiara esplicitamente inventor del carattere” p.15, Aldo Manuzio. Tipografo 1494-1515, Luciana Bigliazzi et altri, Franco Cantini Editore, Firenze 1994. 65 “quando Leone X confermò ad Aldo (con la firma del Bembo) un amplissimo privilegio che agitò le regole del mercato nello stato papale” p.24, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S.

Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.

66 “(...) large expensive volumes, designed for use at lectern or desk. One went to them (...) stood in their presence while reading them.” p.4, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M.

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poter leggerli. Eccezioni di questa norma erano i libri d’ore e i breviari67, che si

usavano nella chiesa. Altri nomi per libri di questo formato sono editio minor68, libri

portatiles69 o il nome greco enchiridion70, ma il nome moderno e più conosciuto è

ottavo. In un’edizione posteriore dello stesso testo virgiliano, quella del 1514, Aldo avrebbe scritto un prologo dedicato a Pietro Bembo, in cui disse che l’idea del formato ottavo nacque quando vidi certi manoscritti classici nella biblioteca del suo padre Bernardo Bembo71. La conseguenza di quest’ultima innovazione era che Aldo

occupava una nuova nicchia del mercato di libri: il formato nuovo fece possibile portare il libro con sé, molto pratico per gli uomini d’affari, un gruppo che finora sì aveva le risorse finanziarie di comprare i libri ma non la possibilità di leggerli72.

Inoltre a questa novità, Aldo decise di omettere il commento di primi editori73

e solamente fornire il testo dell’autore. Il risultato della combinazione del suo nuovo carattere, del nuovo formato e di un testo non più circondato da commento era che il prezzo dei libri poteva essere diminuito74, il che significò al suo turno un aumento

di clienti per Aldo entro il gruppo degli studenti.

3.4. La rivalorizzazione dell’arte di stampa

Ma i vantaggi non erano solamente sul piano economico. Più importante era che Aldo con queste innovazioni e con la scelta per la pubblicazione di letteratura

67 “(...) il formato in 8°, che era usato per la produzione di libri religiosi (breviari e libri d’ore)” p.13, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore,

Firenze 1994.

68 “This was the first appearance of what classical scholarship tends to refer to as the editio minor (...)”

p.4-5, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc., San Francisco 1988.

69 “in his June 22, 1503 catalog he [Aldus] described his octavo editions as libri portatiles.” p. 82-3, Aldus and his dream book,Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.

70 “(...) he [Aldus] used the term enchiridion, from the Greek εγχιριδιον, meaning a manual or a small, hand-held weapon.” p.4, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc.,

San Francisco 1988.

71 “His preface to the 1514 edition of Virgil is dedicated to Pietro Bembo and recalls that his small book format is derived from seeing manuscript copies of certain classics in small size (...) in the library of Bembo’s father.” p.82, Aldus and his dream book,Helen Barolini, Italica Press, New York 1992.

72 “(...) it could go along in pocket or bag. This was of no small importance to the readers of these authors

[i classici]. They tended quite frequently to be men of affairs, engaged in an active life in business and

diplomacy. Much of their time was spent in travel, or in waiting for the opportune moment to discharge an embassy.” p.5, New Aldine Studies, Harry George III Fletcher, Bernard M. Rosenthal Inc., San

Francisco 1988.

73 “During the incunabular period, the convention had been developed, or rather had been canonized out of earlier manuscript tradition, of printing works of classical authors in a particular guise. This was in large part that of the commented text. This virtually demanded a large page, on which the words of the original text were surrounded by the learned commentary of the editor – as often as not with additional commentary taken from the works of still earlier editors.” p.4, Ibidem.

74 “Individual books could be had for a day’s or a week’s salary, not six month’s or a year’s.” p.5,

Ibidem e “It was inexpensive enough for students and scholars who wandered between Europe’s great

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classica aumentava il prestigio del libro stampato75. Egli provava che la stampa era

più che la meccanizzazione, e dunque il facilitare, del processo di molteplicare i libri. La mancanza del lavoro faticoso prima effettuato dai monaci, aveva fatto svalutare il prestigio dei libri stampati, ma le edizioni di Aldo divennero presto degli oggetti benvoluti76, perché i caratteri sommigliavano la scrittura attaccata e perché

contenevano degli ornamenti come i manoscritti77.

3.5. Un’officina ben avviata tramite dei trucchi pubblicitari

Una caratteristica fondamentale del modo di lavorare dell’officina aldina era che Aldo non solamente riempiva le nicchie nel mercato dei libri con innovazioni, ma anche sapeva vendere. Nel decennio precedente era venuta sempre più concorrenza nel mercato tipografico e si presentarono i primi segni di pubblicità78, benché

modesti, e le prime richieste dei brevetti di copyright79. Con lo scopo di estromettere

i suoi avversari Aldo aggiungeva alcune cose speciali ai libri che pubblicava. Già dall’inizio della sua carriera tipografica Aldo accompagnava i testi

pubblicati con una lettera dedicatoria dalla sua mano, finora non usata nel mondo della stampa80, in cui faceva pubblicità per il libro e lo legava a una persona

dell’elite culturale81. Le prime pubblicazioni di Aldo contengono ancora una lettera

dedicata a un membro dell’intellighenzia locale, ma quanto il cerchio di Aldo si

75 “I pregiudizi alla moda contro i barbari sporchi d’inchiostro [Schweinheim e Pannartz], e gli interventi di personaggi del genere di Vespasiano de’ Bisticci, fecero sì che la clientela aristocratica

quattrocentesca fosse ben poco toccata dall’arrivo della stampa.” p.399, Il mondo di Aldo Manuzio,

Martin Lowry, Il Veltro editrice, Roma 1984.

76 “In 1501 Isabella d’Este had expressed a wish to have copies of fine paper of various productions of the Aldine Press.” p. 238, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki,

Firenze 1994.

77 “Aldus’ type continues to have a certain cursive slant that imparts a particular elegance to it. Aldus also uses ornamental capitals and borders so that the pleasing impression is conveyed that manuscript art is not totally abandoned to mechanical form.” p.78, Aldus and his dream book, Helen Barolini,

Italica Press, New York 1992.

78 Invece del “Explicit opus, Deo gratias” degli scribai anonimi (…) “editors added advertising jingles in crude elegiacs at the end of a volume (...)” p. 33, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S.

Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.

79 “Scribal culture could not sustain the patenting of inventions or the copyrighting of literary

compositions. It worked aganist the concept of intellectual property rights.” p.129, The printing revolution in early modern Europe, Elizabeth L. Eisenstein, Cambridge University Press, Cambridge 1983.

80 “Jenson and John of Cologne saw little need for dedications after 1473, and Ratdolt, the dominant figure of the 1480s, thought eleven sufficient for his sixty-six Venetian editions.” p.37, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.

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ingrandisce, tanto internazionali diventavano gli indirizzati82. Non tutte le lettere

sono dedicate a persone specifiche; ogni tanto semplicemente indirizzate al lettore. Le pubblicazioni di libri greci avevano per esempio una lettera in greco per

raggiungere i lettori di opere greci83.

Un altro trucco pubblicitario inventato da Aldo sono i cataloghi84, i quali

facevano notare il cliente gli altri libri che erano usciti dalla sua officina. Nella pubblicazione di questi cataloghi Aldo teneva conto con il carattere eterogeneo della sua clientela: pubblicava cataloghi con tutte le opere classiche da egli pubblicate per gli umanisti, per i lettori delle opere greche faceva stampare uno nella lingua greca85.

Il marchio semplice che gli stampatori mettevano alle sue pubblicazioni per indicare la sua origine86veniva anche usato da Aldo nelle lotte pubblicitarie. Dalla

seconda edizione di Poeti Christiani Veteres del 1502, questo segno era cambiato in un emblema artistico esprimendo un proverbio molto amato da Aldo87, “Festina

lente”. Il delphino che attorciglia a un’ancora - l’illustrazione di questo motto, prendeva il posto del motto scritto che si trova in tutte le pubblicazioni dell’officina aldina dal 1498. Negli anni intermedi Aldo aveva due volte incontrato

quest’illustrazione – come geroglifico nella Hypnerotomachia Poliphili e come incisione in una moneta romana88– e l’aveva adottata. L’emblema verrebbe usato

fino agli ultimi decenni del Cinquecento, benché alterato leggermente, e perfino

82 “(...) di accattivarsi rapidamente l’appoggio del patriziato colto veneziano. Per il tramite di questi nobili, egli venne ben presto accettato nei sofisticati gruppi padovani, e da Padova era breve il passo per raggiungere le élites intellettuali e sociali d’Italia e d’Europa.” p.399, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin

Lowry, Il Veltro editrice, Roma 1984.

83 “The choice of personalities, and the choice of language, were both fostering a sense of solidarity among different nationalities and different levels of intellectual society.” p.40, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.

84 “He used an established mode of publicity, but removed something of the stereotyped form that had tainted it with vulgarity.” p.37, Ibidem.

85 “Why the register in the Aristotle is printed in Greek is an open question, but one explanation is that Aldus hoped to sell copies to the Greek-speaking inhabitants of Venice’s Ionian and Aegean

possessions.” p.239, Ibidem.

86 “Just as the merchants’ bales were marked so that the carters could easily tell one man’s property from another’s, so the books received a mark because for many people employed in the trade it was easier to identify them than to spell out a title or a printer’s colophon.” p.81, Aldo Manuzio. Umanista e editore, Carlo Dionisotti, Edizioni Il Polifilo, Milano 1995.

87 “When he dedicated Politian’s works to Marin Sanudo in 1498, Aldus noted that the diarist had advised him to follow the Greek proverb [σπευδε βραδεως] and ‘hasten slowly’.” p.40-1, Aldus Manutius and Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994 e “The latin version first appeared in an October 14, 1499 letter to Prince Alberto Pio of Carpi [come scusa della pubblicazione

tardi di Astronomici Veteres], where Aldus writes: ‘I am my own best witness that the Dolphin and Ancor

are my constant companions;” p.89, Aldus and his dream book, Helen Barolini, Italica Press, New York

1992.

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usato da altri editori, perché l’emblema sarebbe diventato il simbolo di livello alto e di buon gusto letterario, il gusto di Aldo89.

4. Conclusioni: Manuzio come re di innovazioni

In tutte le invenzioni di Aldo si tratta di un’idea o di un’usanza già esistente, che viene combinata con la scienza nuova o con una tecnica nuovo – è il maestro dell’innovazione. Senza questo ingegno si può domandarsi se egli era diventato tanto famoso. Le sue innovazioni facevano possibile raggiungere ciò che gli scienziati nominano come i suoi grandi meriti: Aldo Manuzio è “l’avvocato

dell’istruzione di massa e del progresso sociale90” e l’editore del più bello libro mai

pubblicato, la Hypnerotomachia Poliphili.

89 “It [il segno] immediately set Aldus’s publications apart from those of his predecessors or competitors: it linked them with the glittering world of privilege and good tast;” p.44, Aldus Manutius and

Renaissance Culture, David S. Zeidberg, Leo S. Olschki, Firenze 1994.

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2. LA HYPNEROTOMACHIA POLIPHILI

L’opera umanistica contraria, che si ama e si disgusta

‘Il più bel libro illustrato del Quattrocento’91è l’apposizione della Hypnerotomachia

Poliphili, data dai suoi ammiranti. La bellezza del disegno tipografico e delle

illustrazioni xilografiche hanno mietito e ancora sempre mietono consensi. Il nome di Aldo Manuzio, il suo stampatore e dunque il disegnatore dell’impaginazione e il committente delle illustrazioni, ci è legato quasi più strettamente che quello del suo presunto scrittore, Francesco Colonna.

Egli rappresenta invece il canto sgraziato dell’opera. Il carattere

anacronistico, medievale, banale, bizzarro92, dissonante viene vilipendiato, come

anche la lingua in cui il libro è stato scritto è definita come illeggibile e pedantesca, creata da un pazzo93. È difficile credere che si tratta di un prodotto del

Rinascimento, perché è tanto contrario ai capolavori canonici che quest’episteme ha progenito, si ha la tendenza a considerarlo dilettantismo umanistico.

Prima di tutto è un’opera composta e circondata da misteri, che invita il lettore di svelarli; il che può significare molte irritazioni oppure delizie di riconoscimento.

1. Il manoscritto

1.1. Il titolo come profeta

Leggendo il titolo, il lettore vede che l’opera ha un elemento stravagante: sembra essere scritto nella lingua greca, ma non si tratta di parole esistenti. Il primo termine è composto dalle tre parole greche ‘υπνος, έρως e μαχη, ma latinizzate94,

combinato con un nome greco, che è anche coniugato secondo le regole latine. Probabilmente il libro riceveva questo titolo nell’officina aldina; alcuni anni prima

91 P.55, Aldo Manuzio, Manlio Dazzi, Neri Pozza Editore, Vicenza 1969.

92 “As a literary work it is called a bizzarria by Benedetto Croce (...)” p.97, Ibidem.

93 “The Poliphilo is a famous book because of its illustrations, but like some other great books it is written by a lunatic.(...) who [Colonna] became so intoxicated with the new words, the new forms, the classic frsase and the classic ornament, that he burst into a voluminous and confused rhapsody into which he crammed all of his New Learning and he illustrated it with all the new shapes and figures recently revealed to him and to the world.”, p.51, The printed book of the Renaissance, E.P. Goldschmidt, Gérard

Th. van Heusden, Amsterdam 1966.

94 Il cambiamento della parola greca μαχη verso ‘machia’, non è solamente uno verso un altro tipo di

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Aldo Manuzio aveva pubblicato un libro con un titolo uguale, la Galeomyomachia. Sembra allora trattare dell’espressione di una tendenza linguistica95.

Benché non creato allo stesso momento come il linguaggio, il titolo è adattissimo: l’autore ha scritto tutta l’opera in una contiminazione di lingue, soprattutto un mischio del latino classico e del volgare quattrocentesco, ma si trovano anche delle parole greche, ebraiche, arabe, aramaiche e germaniche. Lo scopo di questo linguaggio artificioso non è chiaro, ma è la ragione principale che l’opera viene bollata di ‘illeggibile’.

1.2. L’identità dello scrittore megalomano

Due sono i cenni chiari che l’opera stessa contiene riguardo all’identità dello scrittore: un acrostico e la nome vera dell’amata. Per essere precisa si tratta di due acrostici, l’uno più chiaro dell’altro. Le lettere iniziali di ogni capitolo, tutte

bellissimamente decorate, svelano una frase con il nome vero dell’amante: “Poliam frater Franciscus Columna peramavit”. Alla fine del libro questo nome torna quando Polia dice che Poliphilo “è la colonna della sua vita”96. L’altro acrostico consiste nelle

lettere iniziali delle ultime frasi: FCI, del quale si dice che significa ‘Franciscus Columna Inscripsit’. Sono noti due uomini con questo nome negli ultimi decenni del Quattrocento: l’uno giovanissimo, l’altro un vecchiaio.

Nella seconda parte del libro Polia racconta sulle sue origine e fa sapere che in verità il suo nome è Lucrezia Lelli. Questa famiglia era abbastanza importante nel Veneto quattrocentesco, possedendo dei grandi campi fra Padova e Treviso. Nel libro la protagonista Polia viene contagiata dalla peste, il che ha delle sommiglianze con la vera situazione nel 1464. In quest’anno Teodoro Lelli fu il vescovo di Treviso, e benché non esistino delle prove, può essere che una sua parente97 era contagiata.

95 “(…) un procedimento linguistico ben noto, consistente nel combinare in un’unica parola nuova due o a volte tre distinte radici greche. (…) Il volgare stesso guarda con attenzione alla cosa, sfruttandone il sicuro effetto promozionale soprattutto nell’intitolazione dei libri.”p.237, Prosatori volgari del Quattrocento, a cura di Claudio Varese, Riccardo Ricciardi Editore, Milano 1955. Accanto al titolo

pseudogreco di Colonna, nacquero negli stessi tempi le opere seguenti: Letologia di Betin da Trezzo e

Pirotechnia di Vannoccio Biringuccio.

96 “Tu sei quella solida columna et colume della vita mia”

97 “Lucrezia Lelli, supposedly the niece of Fra Colonna’s bishop.” p.93, Aldus and his dreambook, Helen

Barolini, Italica Press, New York 1992 e “(...) the absence of her name from the Lelio genealogy in his

alleged source, the sixteenth-century Niccolò Mauro, (...)go far to deprive his [Federici] statement of reliability. But we may agree that Polia was a Lelio, whether an otherwise undocumented child of Francesco or of one of his brothers, or a natural daughter of another member of the family, perhaps even of Bishop Teodoro himself.” p.8-9, The Hypnerotomachia Poliphili of 1499, George D. Painter,

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Poi Polia dice che raggiungeva la sua età di fioritura nel 146298, il che significa che

Lucrezia era una giovane nubile durante la peste. Il libro conclude con la notizia del dato del sogno di Poliphilo, il 1 maggio del 146799; la storia d’amore che serviva

come fonte di ispirazione per la Hypnerotomachia Poliphili si dovrebbe stata svolta negli anni dopo la peste.

Secondo queste indicazioni lo scrittore e il protagonista maschile dovrebbe essere un certo Francesco Colonna che ha dei legami con Treviso. Perciò la maggioranza degli scienziati crede che si tratti del frate libertino Francesco Colonna. Questo nacque attorno al 1433 perché morì nell’ottobre 1527 nell’età di novantaquattro anni a Venezia. Visse dei periodi entro e fuori le mura della chiostra dei Santi Giovanni e Paolo probabilemente a causa di scandali diversi. Fu noto nel Veneto come il prete avventuroso100del San Marco che non guardava troppo per il

sottile rispetto al morale o ai comandamenti101. Prima di entrare nell’ordine dei

domenicani negli anni settanta, fu un prete nella chiesa San Nicolò a Treviso. Un’altro punto che fa plausibile che egli sia lo scrittore dell’opera, è un documento dal 1499 in cui si può leggere che il prete aveva preso in prestito una grande somma per far pubblicare un libro102.

L’altro candidato per il titolo di scrittore della Hypnerotomachia Poliphili, è Francesco Colonna, il principe romano da Palestrina103. Egli è nato nel 1453 e morì

nel periodo fra 1505 e 1517. Le sue origine sono romane, ma aveva parecchi legami stretti con la regione settentrionale di Italia: la sua famiglia era in amicizia con i Piccolomini ed era un parente del duca di Urbino, Guidobaldo da Montefeltro

98 “Et postomi il prestante nome della casta Romana, che per il filio del superbo Tarquinio se occise. Nutrita patriciamente, cum molte delitie, perveni al fiore della etate mia nel anno della redemptione humana. Dapò gli quatrocento et mile, nel sexagesimo secondo.”

99 “Il primo maggio sia il giorno d’amore, nell’anno 1476 il mese di maggio cominciò a un venerdì, il giorno dedicato a Venere, p.9, The Hypnerotomachia Poliphili of 1499, George D. Painter, Eugrammia

Press, London 1963.

100 Altre informazioni sulla vita di frate Francesco Colonna si è trovato nelle storie di due

contemporanei: Matteo Bandello, anche un frate dell’ordine dominicano, scrisse nelle sue novelle del frate veneziano Francesco, settantenne, che ama una donna, la quale si innamora di un altro e premidita l’omicidio del frate, il quale uccide il suo rivale e abbandona la donna. Un altro domenicano, Felix Fabri scrisse nel 1487 del lusso e dell’ostentazione della chiostra dei Santi Giovanni e Paolo.

101 “Nel 1516 egli [Francesco Colonna] fu al centro d’uno scandalo che sconvolse il Convento dei SS. Giovanni e Paolo da cima a fondo, coinvolgendo il Consiglio dei Dieci e il Generale dei Dominicani. Fra Francesco accusò parecchi dei suoi superiori di sodomia, poi ritrattò e venne a sua volta accusato e condannato per aver sedotto una fanciulla. » p.164, Il mondo di Aldo Manuzio, Martin Lowry, Il Veltro

Editrice, Roma 1984.

102 Esiste un documento, datato il 5 giugno del 1501, in cui la somma viene reclamata.

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1508)104. L’argomento degli scienziati avversari che il principe non potesse

conoscere il paesaggio veneziano – dettagliamente descritto nel libro105– viene

indebolito dal fatto che sì poteva risiedere dei periodi nel Veneto dai suoi

conoscenti. A beneficio del principe sono il fatto che era noto come un umanista intellettuale e che faceva parte dell’intellighenzia letteraria di Roma106; la

Hypnerotomachia Poliphili sarebbe stata un’opera scritta da giovane.

Accanto a queste due possibilità, sorgeva l’alternativa che il nome Francesco Colonna funziasse come uno pseudonimo per uno scrittore solo o per una

collaborazione di parecchi scrittori107. Col passar del tempo e l’aumento di ricerche

cresce la quantità di candidati: Felice Feliciano (1433-1479), Eliseo da Treviso108,

Leon Battista Alberti (1404-1472)109, Lorenzo il Magnifico (1449-1492), Giovanni

Pico della Mirandola (1463-1494), Domizio Calderini (1446-1478), Gaspare da Verona e Nicolò Lelio Cosmico (c.1420-1500)110.

1.3. Un’enciclopedia combinata con una storia d’amore

In breve, la Hypnerotomachia Poliphili è un libro che racconta la ricerca sognata di un giovane, Poliphilo, per la sua amante Polia. Errando in un mondo pieno di esseri divini e diabolici, incontra diverse rappresentazioni dell’amore che egli sente: amore per Polia, per la natura e per l’architettura. Tutte queste vengono descritte da Poliphilo, il quale il lettore fa annegare nella sua conoscenza111.

Chiunque sia stato lo scrittore, fu uno con molta conoscenza del mondo allora conosciuto agli umanisti. Bisogna che avesse l’accesso a una delle più riempite biblioteche di allora, perché l’opera contiene delle indicazioni e dei riferimenti a diversi capolavori letterari, sia classici che moderni. Si vedono

104 “(…) legami molto stretti che Francesco Colonna manteneva con Venezia (…) e soprattutto dei buoni rapporti tra i Colonna e i Piccolomini (…) un parente del Colonna, Guidobaldo da Montefeltro.”p.149-50, Aldo Manuzio e l’Hypnerotomachia Poliphili del 1499, Marco Gallo, in Storia dell’arte, vol.66 (1989),

p.143, La Nuova Italia, Firenze 1989.

105 “(...) l’autore mostra di possedere una minuta conoscenza della toponomastica della Marca Trevigiana – compaiono nel romanzo località modestissime e fiumi assolutamente secondari (...)” p.428, Francesco Colonna, il “Polifilo” e la famiglia Lelli, Myriam Billanovich, in Italia medioevale e umanistica, vol.19

(1976), p.419, Antenore, Padova 1976.

106 “(...) signore di Preneste, umanista della cerchia di <<fratres>> di Pomponio Leto.”p.23, Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini Editore,

Firenze 1994.

107 Emanuela Kretzulesco-Quaranta, Les jardins du songe.“Poliphile” et la mystique de la Renaissance,

Editrice Magma, Roma 1976.

108Aldo Manuzio. I suoi libri, i suoi amici tra XV e XVI secolo, Piero Scapecchi, Octavo Franco Cantini

Editore, Firenze 1994.

109Leon Battista Alberti’s Hypnerotomachia Poliphili: re-cognizing the architectural body in the early Italian Renaissance, Liane Lefaivre, MIT Press, Cambridge 1997.

110 Roswitha Stewering, Architektur und Natur in der ‘Hypnerotomachia Poliphili’ (Manutius 1499) und die Zuschreibung des Werkes an Niccolo Lelio Cosmico, Lit, Hamburg 1996.

Referenties

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