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Cover Page

The handle

http://hdl.handle.net/1887/81821

holds various files of this Leiden University

dissertation.

Author: Cazzoletti, P.

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Fin dal principio della sua esistenza, l’umanità si è sempre interrogata sulla propria origine e posto nell’universo. Le stelle e le costellazioni hanno dato origine ad innumerevoli leggende e miti, che in molti casi hanno lasciato traccia nei nomi che stelle e costellazioni ancora portano. Nessuno oggi penserebbe che quelle storie siano realmente accadute, ma evidenziano chiaramente l’intuizione dei popoli di ogni epoca che le risposte alle domande sulla nostra origine e sul nostro posto nell’universo siano da ricercare nell’osservazione e nello studio dei cieli. Con il progredire della scienza, quest’ultima affermazione è rimasta vera. Telescopi sono continuamente costruiti in tutto il mondo e lanciati nello spazio con l’obiettivo di poter osservare meglio quegli stessi cieli e rispondere a quelle stesse domande. In particolare, come è iniziata la vita?

Nell’immensità dell’universo, vi è un unico luogo in cui sappiamo per certo che la vita abbia avuto origine: il pianeta Terra. Fino a circa 25 anni fa, nes-sun pianeta era conosciuto al di fuori del sistema solare. Nel 1995, tuttavia, il primo esopianeta è stato scoperto, e da allora è stata confermata l’esistenza di più di 4000 nuovi esopianeti. Questa esplosione di scoperte spalanca a nuove e promettenti possibilità verso la comprensione dell’origine della vita. In parti-colare risulta critico comprendere come i pianeti si formino dal punto di vista fisico e chimico .

Il percorso che conduce dalle nubi molecolari, come quella mostrata in Fig. 6.15, ai pianeti è complicato e richiede numerosi processi fisici e chimici a diverse scale (vedi Fig. 1.2). Per questo motivo, molti aspetti di questo percorso non sono ancora ben compresi. È tuttavia chiaro che la formazione di stelle e pianeti comincia dalle nubi molecolari. Il 99% di queste nubi è composto di gas molecolare e l’1% di polvere. Alcune nubili sono gravitazionalmente instabili: questo significa che la loro massa è troppo grande perché possa essere sup-portata dalla pressione del gas di cui sono composte. Di conseguenza, queste nubi collassano sotto l’effetto della loro stessa gravità. Durante il collasso, esse iniziano a ruotare sempre più velocemente per effetto della conservazione del

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186 RIASSUNTO

Figure 6.15: Vista della componente di polvere delle nubi nella regione di formazione stellare Corona Australis. Le nubi più dense sono in grado di bloccare efficacemente la luce proveniente dalle stelle più lontane. Credito & Copyright: Fabian Neyer.

momento angolare, fino a quando, ad un certo punto, la forza centrifuga è in grado di impedire l’ulteriore collasso del materiale. Viene dunque a formarsi una struttura a disco. Queste strutture sono chiamate dischi protoplanetari, e sono la culla della formazione dei pianeti.

A questo punto, la polvere nei dischi protoplanetari può crescere dalle di-mensioni di minuscoli granelli di sabbia a ciottoli, massi e pianetesimi, ovvero il componente fondamentale dei pianeti rocciosi e dei nuclei dei pianeti gassosi. Una volta formati, i pianeti interagiscono con il resto del materiale dei dischi scavando solchi e cavità, creando anelli ed eccitando onde.

Fino a circa 10 anni fa tali strutture non potevano essere osservate dalla Terra, a causa della limitata risoluzione spaziale dei telescopi di vecchia gener-azione. Era come guardare un dipinto da lontano: le grandi forme sono visibili, ma i dettagli sono nascosti e non distinguibili. Allo stesso modo, i dischi ap-parivano uniformi e simmetrici. Avvicinandosi al dipinto, tuttavia, più dettagli diventano chiari, e quando si è abbastanza vicini si possono distinguere anche i singoli tratti di pennello (per esempio, vedi Fig. 6.16). Ciò che ci ha permesso di "avvicinarci" ai dischi protoplanetari sono state le capacità senza precedenti di un nuovo potente telescopio: l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Ar-ray (ALMA). Se osservati con le piene capacità di ALMA, i dischi non sono più uniformi e simmetrici, ma presentano diverse strutture e una varietà di morfologie, anche più di quanto ci saremmo aspettati.

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pro-Figure 6.16: Immagini del disco protoplanetario attorno a HD 135344B, a diverse risoluzioni. A sinistra, la primissima osservazione ALMA con una risoluzione di 0.0025

(⇠ 30 au) resolution, apparentemente di un singolo anello leggermente asimmetrico. A destra, le più recenti osservazioni ALMA dello stesso oggetto, con una risoluzione spaziale di 0.0006 (⇠ 8 au): a questa risoluzione, è possibile distinguere più

sottostrut-ture, e cioè un anello interno e simmetrico ed una struttura esterna azimutalmente asimmetrica.

di pianeti è stata fino ad ora rilevata.

L’ubiquità delle sottostrutture nei dischi protoplanetari, combinata alla mancanza di pianeti osservati sfidando l’interpretazione delle sottostrutture come originate dall’interazione tra disco e pianeti. In particolare, le domande alle quali questa tesi cercherà di rispondere sono le seguenti:

• Possono le sottostrutture nei dischi protoplanetari essere originate da fenomeni che non siano l’interazione tra dischi e pianeti?

• Che tipo di informazioni possono darci le sottostrutture nei dischi proto-planetari riguardo alle proprietà fisiche dei dischi?

• C’è qualche legame tra le sottostrutture nel gas e quelle nella polvere, o ci forniscono informazioni indipendenti?

• Fino a che punto sono le proprietà dei dischi dovute all’evoluzione, rispetto che alle condizioni iniziali?

Questa tesi e le prospettive future

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188 RIASSUNTO dischi, e i meccanismi fisici che giocano un ruolo nella crescita ed evoluzione dei grani di polvere. Vengono anche presentati i telescopi e gli strumenti numerici utilizzati per l’analisi dei dati.

Il Capitolo 2 presenta uno studio delle strutture del disco attorno a GG Tau A. La particolarità di questo disco protoplanetario è che esso non ruota intorno ad una singola stella, ma intorno ad una binaria (viene per questo chiamato circumbinario). Il disco circumbinario GG Tau A mostra un anello molto sottile situato a ⇠ 200 au dalle stelle centrali. La regione tra le stelle e l’anello è completamente priva di polvere e della maggior parte del gas, poiché il materiale è stato spinto fuori dall’interazione gravitazionale con le stelle. L’interazione tra la compagna stellare ed il disco è molto simile a ciò che accadrebbe se, invece di una stella, fosse presente un pianeta massiccio. A seconda della massa del compagno, tuttavia, i calcoli teorici prevedono una diversa posizione dell’anello. La posizione dell’anello dipende anche dall’orbita della stella. Eseguendo una serie di simulazioni idrodinamiche e confrontando i risultati con le osservazioni del disco ed il moto stellare, si conclude che l’orbita stellare che meglio si adatta ai vincoli osservativi è un’orbita disallineata rispetto al piano del disco.

I Capitoli 3 e 4 si concentrano su un altro oggetto specifico, HD 135344B (vedi Fig. 6.16). Fin dalle primissime osservazioni con ALMA, il disco attorno a HD 135344B è apparso molto interessante, con una grande cavità interna di ⇠ 50 au ed un anello di polvere simile a quello di GG Tau A, ma più piccolo, come ci si aspetterebbe se fosse scolpito da un pianeta. Un’altra differenza rispetto a GG Tau A è il fatto che il disco HD 135344B non è simmetrico, ma è più luminoso nella regione sud. Inoltre, osservando la luce proveniente dalla stella centrale e diffusa dal disco, è possibile osservare due braccia a spi-rale molto luminose, che sono state generalmente spiegate con la presenza di due ulteriori pianeti. Il Capitolo 3 presenta osservazioni del disco effettuate ad alta risoluzione con ALMA. Esse evidenziano che quello che nelle prece-denti osservazioni sembrava essere un anello asimmetrico, appare invece ad alta risoluzione come 2 strutture: un anello interno simmetrico ed una asimmetria esterna a forma di banana, interpretabile come un vortice. L’estremità dei bracci a spirale si trova molto vicina al centro dell’asimmetria (pannello cen-trale di Fig. 3.1): proponiamo quindi che i bracci a spirale siano provocati dal vortice, e non da pianeti aggiuntivi. In questa spiegazione è richiesto un solo pianeta, che scava l’anello interno. Questo scenario è in accordo con il fatto che, nonostante gli sforzi, nessun pianeta sia stato ancora identificato nelle regioni esterne dell’HD 135344B.

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Figure 6.17: La struttura a forma di anello dell’emissione del CN osservata attorno aTW Hya.

l’anello interno e l’asimmetria esterna sono chiaramente distinguibili. Inoltre, combinando le nuove osservazioni con le precedenti, viene effettuato uno studio del vortice a più lunghezze d’onda. Questo approccio permette di ottenere in-formazioni su molte proprietà dei granelli di polvere all’interno del vortice. Ad esempio, è chiaro che i grani sono più grandi nel vortice rispetto al resto del disco: è quindi probabile che la polvere al suo interso stia crescendo fino a di-mensioni maggiori, potenzialmente originando una popolazione di pianetesimi. Anche la massa del vortice viene misurata e, all’interno delle incertezze, risulta compatibile con lo scenario in cui è il vortice a originare le spirali.

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190 RIASSUNTO L’origine di questi anelli è infatti chimica. La reazione che porta a questa particolare emissione, inoltre, dipende fortemente da alcune proprietà del disco, come la sua dimensione, massa, la variazione del suo spessore con il raggio, e anche dall’emissione ultravioletta della stella centrale. Pertanto, osservando il CN nei dischi protoplanetari, quindi, le dimensioni e la luminosità dell’anello possono essere utilizzate per ottenere informazioni su queste proprietà.

Il Capitolo 6, infine, si concentra sulle osservazioni ALMA di polvere e gas non più in singoli dischi, ma in più dischi appartenenti ad una singola regione di formazione stellare, Corona Australis (CrA), mostrata in Fig. 6.15. Si ri-tiene che la CrA sia una regione giovane, e come tale ci si aspetta mostri dischi relativamente grandi e luminosi come altre regioni della stessa età quali Lupus. Tuttavia, nessun disco è stato rilevato nel gas, e i dischi di polvere sembrano es-sere deboli e piccoli, paragonabili a quelli di una regione 10 volte più vecchia del Lupus, ovvero Upper Sco. Tuttavia, nuovi spettri VLT/X-Shooter degli oggetti osservati con ALMA sembrano confermare la loro giovane età. La domanda sul motivo della bassa luminosità dei dischi resta aperta, ma due opzioni princi-pali sono possibili. La prima possibilità è che in CrA abbiano avuto luogo due distinti eventi di formazione stellare, a distanza di alcuni milioni di anni l’uno dall’altro. In alternativa, la luminosità e le dimensioni dei dischi osservati oggi dipendono fortemente dalle condizioni iniziali (e.g. dalla rotazione del nucleo) presenti nelle primissime fasi del processo di formazione delle stelle. Ulteriori osservazioni saranno necessarie per distinguere gli scenari. In particolare, se i dischi attorno agli oggetti più giovani della regione fossero osservati e trovati anch’essi meno luminosi del solito, sarebbe un chiaro segno che le condizioni iniziali giocano un ruolo importante rendendo i dischi piccoli e meno massicci fin dall’inizio.

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mazioni sulle proprietà all’interno delle sottostrutture, inclusi i vortici. In par-ticolare, il legame tra i vortici e le spirali devono essere studiati in maggior dettagli in un campione più ampio di dischi, anche sfruttando la sensibilità e la risoluzione spaziale di ALMA a frequenze più alte.

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