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Studi preliminari all'edizione critica dei Fondamenti del parlar thoscano di Rinaldo Corso

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Studi preliminari all’edizione critica dei

Fondamenti del parlar thoscano di Rinaldo Corso

Volume 1

Floor Goevaerts - s1561103 Supervisor: Dr. Claudio Di Felice Second supervisor: Dr. Luisella Caon Master thesis - Italian Language and Linguistics Leiden University

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Un affettuoso grazie al mio ragazzo e alla mia famiglia, per il loro sostegno incondizionato, sempre. Un ringraziamento speciale al mio relatore dr. Claudio Di Felice per la sua conoscenza, il suo supporto e i suoi indispensabili consigli durante la stesura di questa tesi. Ringrazio inoltre il Reale Istituto Neerlandese di Roma (KNIR) per l’opportunità di trascorrere un mese a Roma per condurre ricerche e per l’indimenticabile esperienza.

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Indice

1. Introduzione 6 2. Biografia Rinaldo Corso 11 2.1. Cenni biografici 12 2.2. Dedicatoria e proemio 18 2.3. Conclusioni di questo capitolo 21 3. Metodologia 22 3.1. Recupero degli esemplari 22 3.2. Le fasi della ricerca 23 4. Aspetto fisico e contenuti 25 4.1. Aspetto fisico delle edizioni del 1549 e del 1564 25 4.2. Le parti della grammatica 26 4.2.1. Le lettere 27 4.2.2. Gli accenti 28 4.2.3. Le parti del discorso 28 4.2.4. Le preposizioni 29 4.2.5. L’articolo 29 4.2.6. Il nome 30 4.2.7. I pronomi 32 4.2.8. Il verbo 33 4.2.9. Il participio 35 4.2.10. L’avverbio 37 4.2.11. La congiunzione 37 4.2.12. La “concordia delle parti principali insieme” 38 4.2.13. Le figure 38 5. Prima e terza edizione a confronto 39 5.1. Varianti formali 39 5.1.1. Fenomeni del consonantismo 39 5.1.2. Fenomeni del vocalismo 43 5.1.3. Verbi e tempi verbali 46 5.1.4. Accenti 48 5.2. Refusi di stampa 50

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5.2.3. Mancanza di una o più lettere o di una sillaba 53 5.2.4. Parola sbagliata 54 5.2.5. Lettera o sillaba in più 56 5.2.6. Lettere invertite all’interno di una parola 56 5.2.7. Refusi relativi alle abbreviazioni 57 5.2.8. Refusi legati all’uso dell’apostrofo 58 5.2.9. Refusi legati ai segni di punteggiatura 59 5.2.10. Refusi legati al richiamo 61 5.2.11. Ripetizioni 63 5.2.12. Ordine sbagliato 65 5.3. Il testo e lo specchio di stampa 67 5.3.1. Le vesti grafiche 67 5.3.2. Problemi formali 82 5.3.3. Conclusioni sugli aspetti formali delle due edizioni 87 5.4. Varianti sostanziali 88 5.4.1. Spostamenti di frasi o di sezioni 89 5.4.2. Aggiunte 92 5.4.3. Sostituzioni 98 5.4.4. Eliminazioni 100 6. Conclusioni 104 7. La collazione 106 7.1. Criteri di trascrizione 106 7.1.1. Ammodernamenti grafici 108 Bibliografia 109 Sitografia 112 Appendice A - Varianti in apparato 113 I - Varianti legate al consonantismo 113 II - Varianti legate al vocalismo 119 III - Verbi e forme verbali 122 IV - Accenti 124 V - Varianti che hanno a che fare con le forme latine 128 Appendice B - Refusi di stampa 129 I. Carattere sbagliato 129 II. Lettere capovolte e/o speculari 137

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III. Mancanza di una o più lettere o di una sillaba 141 IV. Parola sbagliata 143 V. Lettera o sillaba in più 144 VI. Lettere invertite all’interno di una parola 146 VII. Refusi relativi alle abbreviazioni 147 VIII. Refusi legati all’uso dell’apostrofo 148 IX. Refusi legati all’uso dell’accento 149 Appendice C - Il testo e lo specchio di stampa 155 I. Le andate a capo 155 II. Elisione 157 III. Difetti di inchiostratura 166 IV. Caratteri danneggiati e altri difetti di stampa 172 V. Trattini 177 Appendice D - Errori di stampa corretti dell’editio princeps 192 Appendice E - Capitoli della grammatica 195

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1. Introduzione

Il Cinquecento è un periodo fondamentale per la lingua italiana, in quanto è il periodo in cui si colloca la nascita della grammatica italiana. Nel 1516 la prima grammatica a stampa della lingua italiana vide la luce: le Regole grammaticali della volgar lingua di Giovanni Francesco Fortunio (Sanson & Lucioli 2016, 355). Fortunio era stato preceduto da Leon Battista Alberti, però la Grammatichetta vaticana di quest’ultimo non fu stampata prima del 1908, rendendo le Regole di Fortunio la prima grammatica della lingua italiana a stampa di larga diffusione (Sanson & Lucioli 2016, 355).1

Il primo Cinquecento fu caratterizzato dalla cosiddetta “questione della lingua”, ossia, come la definisce Marazzini (2011), “il lungo dibattito attorno alla norma e all’identità dell’italiano”. Nel Cinquecento questo dibattito sulla lingua portò alla stabilizzazione normativa dell’italiano, fondata sul toscano trecentesco come lingua letteraria per eccellenza.

Al centro di questo dibattito possono essere collocate le Prose della volgar lingua (1525) di Pietro Bembo, un trattato in forma dialogica composto da tre libri, dei quali il terzo contiene una grammatica dell’italiano. Anche se non si tratta di una grammatica schematica e metodica, dal terzo libro delle Prose emerge, attraverso una serie di norme e regole esposte nella finzione del dialogo, un chiaro profilo dell’italiano teorizzato da Bembo (Marazzini 2002, 263). L’idea di base espressa in quest’opera è che, per la scrittura di opere letterarie, gli italiani dovevano prendere come modello i grandi autori trecenteschi, i cosiddetti Tre Corone (Dante, Petrarca e Boccaccio), in particolare Petrarca per la poesia e Boccaccio per la prosa. Come afferma Marazzini (2011), prendere come modello le opere delle Tre Corone non era di per sé un fatto eccezionale: Giovanni Francesco Fortunio aveva scritto le sue Regole grammaticali della volgar lingua (1516) utilizzando gli stessi modelli. Come dicono Sanson e Lucioli (2016, 355): “le Regole di Fortunio offrono una grammatica normativa del toscano, basata sulla lingua usata dai grandi autori del Trecento: Dante, Petrarca e Boccaccio”.

Nel Cinquecento furono pubblicate varie grammatiche dell’italiano e la via inaugurata dalle due opere fondamentali menzionate in precedenza - quelle di Fortunio e

1 Cfr. Sanson & Lucioli (2016), p. 355: La grammatica di Alberti fu stampata per la prima volta nel 1908, in

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Bembo - che proponevano come modello la lingua dei tre grandi autori trecenteschi, fu quella più seguita dai grammatici successivi (Fornara 2005, 50). Gli studi riguardo alle grammatiche pubblicate e scritte in questo periodo sono esaustivi, ma non esaurienti e si limitano spesso ai grandi nomi. Per quanto riguarda i grammatici meno noti ci sono pochi studi, o non ci sono affatto.

Uno di questi grammatici è Rinaldo Corso, autore dell’innovativa grammatica Fondamenti del parlar thoscano (1549). I Fondamenti sono l’opera più famosa di Corso e conobbero grande fortuna, come attestano le cinque ristampe che se ne fecero durante il XVI secolo (Finzi 1959, 15-16; Romei 1983). Nonostante ciò, non ci sono studi monografici su Rinaldo Corso e la sua grammatica. Tuttavia, esistono studi più generali che riguardano le grammatiche e i grammatici del Cinquecento, i cui corpus contengono anche la grammatica di Corso. Si tratta degli studi di Simone Fornara (2013)2 e Laurent Vallance

(2019)3.

Lo studio di Simone Fornara (2013) tratta delle modalità con le quali i primi grammatici del volgare, tra cui Rinaldo Corso, hanno adattato gli schemi della grammatica latina alla lingua volgare. Il corpus studiato da Fornara include anche la prima edizione dei Fondamenti. Fornara (2013, 39) afferma che i Fondamenti di Corso sono una grammatica molto estesa e completa, in cui tutte le parti del discorso vengono affrontate in modo molto dettagliato. I Fondamenti, secondo Fornara, presentano “un impianto più complesso e sistematico rispetto alle grammatiche di Fortunio e di Bembo, benché la lingua descritta sia sostanzialmente la stessa, con un ampio ricorso alle citazioni degli autori” (Fornara 2005, 50). Merita inoltre sottolineare che Corso “è il primo autore a manifestare un interesse per la sintassi, che restò per lungo tempo trascurata dalla maggior parte dei grammatici” (Fornara 2005, 50), nel breve capitolo intitolato Della concordia delle parti principali insieme4 (Fornara 2013, 151). Fornara spiega che Corso

raggiunge inoltre una evidente modernità nella classificazione dei verbi, “tanto che egli si può considerare uno degli autori che più si avvicina alla terminologia oggi accolta e utilizzata” (Fornara 2013, 196). A titolo di esempio, Fornara segnala che Corso è stato il primo grammatico dell’italiano a usare la parola congiuntivo, nonché uno dei grammatici

2 Fornara, S. (2013). La trasformazione della tradizione nelle prime grammatiche italiane (1440-1555).

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più precisi e innovativi nell’identificazione del condizionale (Fornara 2013, 196). Nei Fondamenti si vede inoltre una certa precisione nella classificazione delle preposizioni (Fornara 2013, 299-300) e Corso è inoltre molto accurato nella classificazione degli avverbi di tempo e di luogo (Fornara 2013, 307). Fornara ritiene che il nostro grammatico dispone di una “indubbia capacità di cogliere i punti controversi e non ancora ben definiti delle grammatiche precedenti” (Fornara 2013, 308).

Laurent Vallance, che analizza in modo dettagliato un corpus di grammatiche molto ampio, offre una panoramica completa del pensiero grammaticale durante il Rinascimento italiano. Il corpus studiato da Vallance comprende, tra l’altro, la prima e la seconda edizione dei Fondamenti. Vallance studia in modo dettagliato i contenuti della grammatica di Corso e, facendo ciò, anche lui menziona una serie di motivi per cui i Fondamenti sono interessanti. Come Fornara, anche Vallance sostiene che la trattazione degli avverbi è particolarmente sviluppata nei Fondamenti e che Corso, analizzando gli avverbi italiani in uso al suo tempo, ha potuto ricostruire come si sono formati storicamente nei secoli precedenti, dando così un contributo prezioso alla storia della lingua italiana e alla costituzione del suo lessico (Vallance 2019, 296). Corso merita inoltre credito per essere il primo ad aver parlato, e anche con la massima chiarezza, dei limiti della sillaba e di come separare correttamente una parola quando non c’è abbastanza spazio sulla riga per scriverla per intero (Vallance 2019, 211-213) e per essere stato il primo grammatico italiano a riconoscere i prefissi e i suffissi (Vallance 2019, 221). La grammatica di Corso non è eccezionale solo per i contenuti, ma anche per certi aspetti formali, come si vede ad esempio dal fatto che Corso, come afferma Vallance (2019, 571), ha generalizzato l'uso di tabelle (non solo per declinazioni o coniugazioni) e ha raccolto le osservazioni su un particolare fenomeno in piccoli elenchi di regole concise e numerate, il che rappresenta una novità significativa dal punto di vista didattico. Come abbiamo visto, anche se non esistono studi monografici sulla grammatica di Rinaldo Corso, gli studi sui contenuti dei Fondamenti del parlar thoscano non mancano, nonostante siano pochi e non considerino la terza edizione. Entrambi gli studi sopra citati, molto interessanti ed estesi sull’argomento che li riguarda, analizzano in modo dettagliato anche i contenuti dei Fondamenti e dimostrano che la grammatica di Corso è interessante per le innovazioni in essa contenute. Oltre alle innovazioni che presenta il lavoro di Corso, vi sono delle particolarità riguardo alla pubblicazione della grammatica che rendono interessante la ricerca oggetto

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della presente tesi. Prima di tutto, la grammatica suscita interesse per il fatto che il titolo, o meglio il sottotitolo, è cambiato nel corso del tempo. Questo fatto desta particolare interesse, in quanto questi sottotitoli esprimono certe affermazioni. La prima edizione (1549) porta il “semplice” titolo Fondamenti del parlar thoscano, mentre il sottotitolo della seconda edizione (1550) afferma di contenere i Fondamenti del parlar thoscano. Non prima veduti corretti, et accresciuti. Il titolo della terza edizione (1564), pubblicata quindici anni dopo la prima, recita: Fondamenti del parlar thoscano di Rinaldo Corso nella sua vera, & sana, & original lettione rappresentati.

In secondo luogo, come osservò Bartolomeo Gamba da Bassano nel 1839, sul verso del frontespizio della seconda edizione si legge: “Alla correttion di questo libro ognihuom s’attenga. & non ad altra ne scritta, ne stampata. Io Rin. Corso”. Siamo d’accordo con Gamba da Bassano (1839, 398) che questo commento di Corso porta all’idea che egli disapprovò la stampa della prima edizione. Allo stesso momento, in base a questa annotazione dell’autore si può presumere che anche la seconda edizione non presenti il testo come voleva Corso: anche se il nostro grammatico indica che il lettore deve impegnarsi a correggere questa versione e non un’altra, e che dunque questa versione è la migliore, il fatto che Corso indichi che questa versione è da correggere suggerisce che non era soddisfatto e che non era riuscito a controllare la qualità della stampa.

In terzo luogo, è interessante che la terza edizione contenga una prefazione del figlio del tipografo, Stephano Blado, in cui afferma che suo padre, il ben noto Antonio Blado, ha ricevuto “con non pochi preghi” la grammatica da Corso stesso. Importante per la presente ricerca è l’affermazione di Stephano Blado che Rinaldo Corso stesso avrebbe corretto di foglio in foglio il testo presente in questa edizione della grammatica. Blado dichiara inoltre che tutto ciò che si legge nelle grammatiche pubblicate a nome di Rinaldo Corso finora e che discorda dalla presente edizione, ovvero la terza, è illecito e “supposito”, perché gli stampatori non hanno mai visto alcuna copia della mano di Corso e perché Corso non è mai intervenuto in alcuna stampa in particolare.

Il dato di partenza della presente ricerca è la constatazione che non esiste ancora uno studio completo sulla grammatica di Corso, in quanto non è mai stata presa in considerazione la terza edizione dei Fondamenti. Gli studiosi che trattano la grammatica di Corso nell’ambito di studi più ampi che riguardano diverse grammatiche, dimostrano che la grammatica di Corso è indubbiamente interessante, anche se tali studi prendono in

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considerazione solo la prima edizione (Fornara 2013) o solo la prima e la seconda edizione dei Fondamenti (Vallance 2019). Come abbiamo visto, vi sono diversi motivi per cui si potrebbe ipotizzare che ci siano differenze tra la prima, la seconda e la terza edizione. Sarebbe quindi utile avere un’edizione critica dei Fondamenti, che consentirebbe di studiare l’opera di Corso nella sua integralità. L’obiettivo del presente studio è di elaborare alcune ricerche preliminari all’edizione critica dei Fondamenti del parlar thoscano, attraverso un’attenta analisi delle varianti presenti tra la prima e la terza edizione in base alla trascrizione comparativa di entrambi i testi.

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2. Biografia Rinaldo Corso

Per capire meglio le circostanze in cui furono pubblicate le varie edizioni dei Fondamenti, è utile avere una visione d’insieme di ciò che Corso ha fatto nel corso degli anni e dove si trovò in certi momenti della sua vita. Dato che la ricerca di studi su Rinaldo Corso non produce tanti risultati, per i cenni biografici ci baseremo sull’entrata di Giovanna Romei nel Dizionario Biografico degli Italiani dedicata a Corso (1983)5 e sul libro intitolato Un Correggese del Rinascimento: Rinaldo Corso, 1525-1582 di Riccardo Finzi (1959)6.

Come abbiamo visto nell’introduzione, vi sono alcune particolarità relative alla pubblicazione della grammatica di Corso, che fanno pensare che vi siano delle differenze tra le edizioni. Al fine di capire meglio quale delle due edizioni qui considerate probabilmente si avvicina di più all’ultima volontà di Corso, è utile considerare le circostanze in cui le edizioni sono state pubblicate. Uno dei motivi per cui si potrebbe supporre che un’edizione sia più vicina all’ultima volontà dell’autore rispetto a un’altra, riguarda la presenza dell’autore al momento della pubblicazione dell’opera in questione, vale a dire se si trovava vicino o lontano dalla stamperia. Occorre verificare, quindi, se è probabile che Corso si trovò a Venezia nel 1549 e a Roma nel 1564. Forniremo un quadro generale della vita del nostro grammatico attraverso cenni biografici che illustrano alcuni eventi importanti della sua vita. Vedremo dove Corso si trovò nei vari momenti illustrati, al fine di capire dove si trovò nei momenti in cui la prima e la terza edizione della sua grammatica furono pubblicate. Cercheremo di capire se Corso fu vicino alla stamperia al momento dell’uscita delle due edizioni qui considerate e, facendo ciò, tenteremo di indagare sulla veridicità di ciò che sostiene Stephano Blado nella prefazione alla terza edizione della grammatica.

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2.1. Cenni biografici 1525 Rinaldo Corso nacque il 15 febbraio 1525, probabilmente a Verona, come figlio di Ercole Macone e Margherita Merli da Correggio (Romei 1983).7 Questa data viene confermata dal nostro grammatico stesso nel nuovo proemio alla Dichiaratione fatta sopra la seconda parte delle Rime della divina Vittoria Colonna (1543) (Romei 1983).8 Dopo la morte del padre Ercole nel 1526, la famiglia ritornò a Correggio, dove Corso trascorse l’adolescenza e si dedicò agli studi (Romei 1983; Finzi 1959, 8). 1542 Romei (1983) riporta che, anche se non si ha notizia della pubblicazione della prima parte dell’opera, in quest’anno dovette già essere stata completata la Dichiaratione sopra la Prima Parte delle Rime di Vittoria Colonna.9

1543

Nel 1543 a Bologna venne pubblicata la Dichiaratione sopra la Seconda Parte delle Rime della Divina Vittoria Colonna, presso G. B. Faelli (Romei 1983). L’opera contiene una dedica a Veronica Gambara datata il 15 febbraio 1542 e al suo interno si trovano anche due sonetti del nostro grammatico (Romei 1983). 1546 In quest’anno Corso si laureò in giurisprudenza alla scuola di Andrea Alciato e Mariano Soccino junior a Bologna (Romei 1983; Finzi 1959, 8). 7 Cfr. Finzi (1959), p. 8: La data di nascita di Corso riportata da Finzi differisce di un giorno dalla data di nascita menzionata qui: “Figlio di Ercole e della Correggese Margherita Merli, il Nostro nacque in Verona il 16 febbraio 1525.” 8 Cfr. Corso, R. (1543). Dichiaratione fatta sopra la Seconda Parte delle Rime della Divina Vittoria Collonna Marchesana di Pescara. Da Rinaldo Corso alla molto Illust. Mad. Veronica Gambara da Correggio: Et alle Donne gentili dedicata. Nella quale i Sonetti spiritali da lei fino adesso composti, Et un Triompho di Croce si contiene. Con la Tavola sua. Bologna: G. B. Faelli.

L’esemplare da noi consultato si trova al seguente indirizzo:

https://play.google.com/books/reader?id=sX0laUfoRBAC&pg=GBS.PP122. Questo esemplare è della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (Collocazione 130. H.19).

9 Cfr. Finzi (1959), p. 9: Finzi scrive che Corso “Fanciullo prodigio, a solo 17 anni, nel 1542, pubblicava a

Bologna una Dichiarazione sopra la prima parte delle Rime di Vittoria Colonna...” e, inoltre, che essa “doveva essere stata scritta nel 1541, quando Corso non aveva che sedici anni. L’opera venne stampata in Bologna, presso il Faelli: ma nessuno ha mai rintracciata una copia della stessa.”

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Come affermano sia Romei (1983) che Finzi (1959, 11) e come attesta Corso stesso nella dedicatoria dei Fondamenti, nella seconda metà del 1546 il nostro grammatico ritornò a Correggio a causa della sua cattiva salute: QUESTI mesi (hà già il ventesimo sesto) che io lasciata per la febbre Bologna, & i civili studi, hò passato, & passo miseramente in Correggio mia si come ne patria, ne madre, cosi balia, & matrigna poco amorevole, dai molti, & gravi travagli, che voi della mente, me della mente, & del corpo hanno HIPARCHA dolcissima oltra il dovere molestato lungamente, & molestano di continuo, ... 10 Romei (1983) riferisce che durante il periodo di più di due anni in cui fu afflitto dai suoi problemi di salute11, il nostro grammatico non cessò di prendere parte alle attività della accademia fondata da Veronica Gambara e iniziò inoltre a scrivere i Fondamenti del parlar thoscano, attestato anche questo da Corso stesso nella dedicatoria della grammatica: Et la Thoscana favella incerta fin hora, & sparsa hò ridutto in guisa (come vedete) che potrà per innanzi da ciascuno, quantunque Barbaro, & strano, sotto certe regole essere impresa non altrimenti, che l’altre lingue ordinate si sien fatte per adietro.12 Finzi (1959, 11; 14-15) riporta che il 1546 deve anche essere stato l’anno in cui Corso si innamorò di Lucrezia Lombardi. Lei è la donna alla quale il nostro grammatico si riferisce con “Hiparcha” nei Fondamenti. 1549

Nel 1549 furono pubblicati a Venezia, presso Comin da Trino, i Fondamenti del parlar thoscano.13 La grammatica di Corso fu lodata dai letterati del tempo (Finzi 1959, 15).

Romei (1983) sostiene che Corso e Lucrezia Lombardi nel 1549 dovettero già essere sposati, dato che in quest’anno Corso cambiò il suo testamento a favore di sua moglie. 10 Cfr. Fond., 1549, p. 2r | 1564, p. 3 11 Cfr. Finzi (1959), p. 11: Finzi riferisce che Corso, ritornato a Correggio verso la fine di luglio 1546, sembra afflitto da febbri di origine sconosciuta che lo avevano colpito da un po’ di tempo, e menziona inoltre che una tubercolosi polmonare potrebbe esserne stata la causa. 12 Cfr. Fond., 1549, p. 2r | 1564, p. 3 13 Cfr. Finzi (1959), pp. 14-15: Finzi riporta che nell’ultima pagina della prima edizione dei Fondamenti

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1550 Tra il 1551 e il 1554, in seguito alla morte di Veronica Gambara nel 155014, Rinaldo Corso fondò una nuova accademia a Correggio: l’Accademia dei Filogariti (Romei 1983; Finzi 1959, 23). 1554 Come riferiscono sia Romei (1983) che Finzi (1959, 26), in quest’anno Corso si recò a Venezia per chiedere al Senato il diritto di apporre lo stemma della Repubblica sul monumento funebre in onore di suo padre. Finzi (1959, 26) riporta che il nostro grammatico andò a Venezia anche per offrire al Senato veneziano il suo trattato Delle Private Rappacificazioni, che sarebbe uscito l’anno dopo.

1555

Basandosi su una lettera da Corso inviata a G. B. Giraldi, il Segretario del Duca di Ferrara, Finzi (1959, 26) riporta che il nostro grammatico dovette trovarsi nella città di Venezia anche il 27 febbraio 1555. Sempre nel 1555, nella stessa città fu pubblicata presso S. Bordogna la seconda edizione del Dialogo del ballo (Romei 1983; Finzi 1959, 24-26).15 Durante quest’anno uscì un’opera di Corso anche a Correggio, a cura di Giaccarelli (Finzi 1959, 24). Si tratta dell’opera legale Delle private rappacificazioni, la quale, riferisce Finzi (1959, 24), suscitò così tanto interesse che fu ristampata varie volte.16 14 Cfr. Finzi (1959), p. 22: Nel 1549 Veronica Gambara era ancora in vita, affetta dalla malaria. Veronica morì il 13 giugno dell’anno successivo. 15 Cfr. Romei (1983); Finzi (1959), p. 26: Sia Romei che Finzi riportano che la seconda edizione del Dialogo del ballo fu già completata nel 1554 e che non si ha notizia della prima edizione dell’opera.

16 Cfr. Finzi (1959), p. 24: Finzi sostiene che, insieme ai Fondamenti, “questa è l’opera del Corso da

considerare la più notevole, sia per il lavoro in sé che per la diffusione che ebbe presso i contemporanei” e che l’opera fu tradotta in latino da Corso stesso, con il titolo De privata reconciliatione.

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1557

Come indica Romei (1983), il 1557 non fu un anno facile per il nostro grammatico. All’inizio di quest’anno Lucrezia lo abbandonò, dopo che egli, riferisce Romei (1983), si era appena ripreso da una grave ricaduta della sua malattia. Lucrezia andò a vivere a Parma e venne da Corso diseredata nel mese di maggio dello stesso anno (Finzi 1959, 19; 26-27; Romei 1983). Il 1557 è inoltre l’anno dei primi problemi politici di Corso, legati alle mutevoli posizioni dei Da Correggio nella guerra della Lega Sacra (Finzi 1959, 26-27; Romei 1983).17 1558 In quest’anno, riporta Romei (1983), Girolamo Ruscelli curò l’edizione di Tutte le rime della illustris. et eccellentiss. signora Vittoria Colonna Marchesana di Pescara, con la esposizione del signor Rinaldo Corso, a Venezia presso i fratelli Giovan Battista e Melchior Sessa (Finzi 1959, 9; Romei 1983). Il nostro grammatico, dopo essere stato a Napoli, Vasto e Benevento, nel 1558 tornò a Correggio, dove venne nominato giudice supremo delle cause civili (Finzi 1959, 28-29; Romei 1983). 1559 Nel 1559 Corso e Lucrezia si rappacificarono e tornarono a vivere insieme (Finzi 1959, 29; Romei 1983). 1560 A Bologna, presso Benacci e Rossi, venne pubblicata la tragedia Panthia, probabilmente scritta molto prima e completata nel 1551, in quanto alla fine dell’opera a stampa si trova la data 6 febbraio 1551 (Finzi 1959, 29; Romei 1983). Finzi (1959, 30) riferisce che Corso in quest’anno fu a Rossena come giudice, in quanto la sua cattiva salute lo costringeva a rimanere in montagna. 17 Cfr. Romei (1983): Romei riferisce che Girolamo da Correggio rimase fedele all’Impero, mentre i cugini

Camillo e Fabrizio si schierarono con papa Paolo IV, e che Corso fu sospettato di aver istigato questa giravolta. Nel febbraio del 1557 il nostro grammatico si vide costretto a dichiarare pubblicamente di non

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1562

Nel 1562 il nostro grammatico si recò a Roma, perché il 26 febbraio 1561 Girolamo da Correggio era stato nominato cardinale e a Corso fu richiesto di entrare al suo servizio (Finzi 1959, 30; Romei 1983).18 Questo è anche l’anno in cui Lucrezia lo abbandonò

definitivamente (Finzi, 1959, 30; Romei 1983). Il soggiorno di Corso a Roma durò diversi anni e durante questo periodo Corso ebbe due figli da relazioni extraconiugali (Finzi 1959, 30-31; Romei 1983). Nonostante gli impegni necessari per gestire la piccola corte del cardinale nell’assenza dello stesso, in questo periodo il nostro grammatico curò l’edizione latina del suo trattato Delle Private Rappacificazioni e la sua traduzione delle Pastorali di Virgilio (Finzi 1959, 31).19 1566 In quest’anno Corso partì per Ancona, sempre al seguito di Girolamo da Correggio, che aveva ricevuto il comando della città (Finzi 1959, 32; Romei 1983). In questa città venne pubblicata la traduzione di Corso delle Pastorali di Virgilio (Finzi 1959, 32; Romei 1983) e anche, riporta Romei (1983), la Vita di Giberto terzo di Correggio detto il Difensore, colla vita di Veronica Gambara. 1567

Il 1° ottobre di quest’anno, Lucrezia fu assassinata da sconosciuti e Corso, in quanto marito tradito, fu sospettato di aver ordinato l’omicidio (Finzi 1959, 36; Romei 1983). Non ci furono però prove sufficienti e i colpevoli non furono mai trovati (Finzi 1959, 36; Romei 1983). Finzi (1959, 36) riporta che il nostro grammatico sofferse molto sia della tragica morte di Lucrezia che per l’accusa falsa. 18 Cfr. Finzi (1959), p. 30: Secondo Finzi, Corso arrivò a Roma il 28 aprile 1561. 19 Cfr. Finzi (1959), pp. 31-32: Finzi riporta che il cardinale fu a Roma il 28 aprile 1561, poi tornò a Correggio, dove rimase fino al novembre del 1565, dopodiché si recò nuovamente a Roma per il conclave in cui fu eletto Papa Pio V (1566) e poi ad Ancona. Questo fa pensare che Corso dovette essere a Roma dal 1561 fino al 1566.

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1568

L’anno dopo la morte di Lucrezia, il nostro grammatico pubblicò un’opera giuridica a Venezia, intitolata Indagationum Iuris libri tres (Finzi 1959, 38; Romei 1983). In quest’anno Corso prese inoltre la decisione di abbracciare lo stato ecclesiastico, una decisione che diede vita a una carriera brillante durante la quale svolse importanti incarichi (Finzi 1959, 39; Romei 1983).

1579

I diversi incarichi portarono Corso a Policastro, a Roma, dove fu esaminatore e giudice sinodale e referendario della Segnatura e dove il 9 ottobre 1572 assisté alla morte di Girolamo da Correggio (Finzi 1959, 39-40), e lo condussero inoltre a Malta, a Cipro e infine, il 7 agosto 1579, a Strongoli in Calabria, come vescovo (Finzi 1959, 40-42; Romei 1983). 1580 Romei (1983) menziona che la data della morte di Rinaldo Corso non può essere data con certezza. L’ultimo documento databile è l’ultimo testamento del nostro grammatico, steso dal dott. Giovanni Stracciotti nel 1580 (Finzi 1959, 42; Romei 1983). Come dice Romei (1983), c’è chi sostiene che il 1580 è anche l’anno della morte di Corso, poiché ciò sarebbe riportato in un documento del notaio romano Curzio Saccoccio de Santi del 6 febbraio 1581 (Finzi 1959, 42; Romei 1983). Altri dicono che l’anno della morte di Corso è il 1582, basandosi, come dice Romei (1983) su un canone annuo che risulta pagato ancora dal Corso il 28 dicembre 1581. Finzi (1959, 42-43) sostiene che Corso morì nel 1582, a 57 anni di età, e che il documento di Curzio Saccoccio de Santi allude al testamento Stracciotti (Finzi 1959, 42-43). Rinaldo Corso fu sepolto nella sagrestia della cattedrale di Strongoli (Finzi 1959, 43; Romei 1983), un comune della provincia di Crotone in Calabria.

(18)

2.2. Dedicatoria e proemio

Spesso si può capire meglio quali siano state le intenzioni dell’autore in base alla dedicatoria che precede l’opera. Per capire meglio quanto Corso sia stato in grado di incidere sulla stampa della sua grammatica, purtroppo la dedicatoria non fornisce molte informazioni, in quanto le informazioni contenute nella dedicatoria della prima e della terza edizione sono le stesse: AD HIPARCHA SUA RINALDO CORSO. QUESTI mesi (hà già il ventesimo sesto) che io lasciata per la febre20 Bologna, & i civili studi, hò passato, & passo miseramente in Correggio mia si come ne patria, ne madre, cosi balia, & matrigna poco amorevole, dai molti, & gravi travagli, che voi della mente, me della mente, & del corpo hanno HIPARCHA dolcissima oltra il dovere molestato lungamente, & molestano di continuo, mi sono io pur finalmente riscosso, & in me medesimo tornato tanto, che quello, che gran tempo prima nell’animo haveva, in ispatio di pochissimi giorni hò messo ad effetto21; Et la Thoscana favella incerta fin hora, & sparsa hò ridutto in guisa (come vedete) che potrà per innanzi da ciascuno, quantunque Barbaro, & strano, sotto certe regole essere impresa non altrimenti, che l’altre lingue ordinate si sien fatte per adietro. Tale, vò dire, è stato il mio intendimento, & percio mi sono affaticato. Hora se io l’hò fatto, non sò. Mà se io l’hò fatto, disponga (nel resto) nell’altre cose tutte Fortuna à suo modo, che io non curo. À voi mando carissima giovane questo dono, perche l’amore, che portato m’havete, & la fermezza, & l’honestà vostra l’han meritato. Et è ben degno, che si come la memoria mia nel |2r| cor vostro più, che pietra, saldo non |3| s’è mai spenta, cosi la vostra per me non si lasci morire, mà resti meco viva in queste carte, se io con loro vivrò giamai. Forse anchora adverrà, che voi cosi leggendo prenderete tregua co vostri fastidi, come io scrivendo hò preso co miei. Di che prego Dio, fino attanto che i desideri22 nostri giustissimi habbiano miglior fine, che principio non hanno havuto, & mezzo non hanno. State sana. |2v| |4|23

In ogni caso, la dedicatoria conferma quanto descritto nei cenni biografici: Corso, tormentato dalla febbre, tornò a Correggio, dove inizia a scrivere i Fondamenti del parlar thoscano. Egli afferma che ha finalmente fatto quello che da molto tempo voleva fare, cioè scrivere una grammatica: “Et la Thoscana favella incerta fin hora, & sparsa hò ridutto in guisa” che può essere imparata da chiunque “quantunque Barbaro, & strano”, perché solo sotto certe regole può essere imparata e non altrimenti. 20 Cfr. Fond., 1549, p. 2r: 5: febbre 21 Cfr. Fond., 1549, p. 2r: 15: effeto 22 Cfr. Fond., 1549, p. 2v: 6: disideri 23 Il testo in nero è testo presente sia nella prima che nella terza edizione. Il testo indicato in blu è testo presente soltanto nella terza edizione, e non nella prima. Dove il testo nero si trova tra parentesi tonde blu (...), si tratta di testo che figura soltanto nella prima edizione, e non nella terza. Tutti i criteri applicati per la trascrizione delle due edizioni dei Fondamenti sono riportati nel capitolo 7.

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Una differenza tra la prima e la terza edizione, però, sta nel fatto che nella terza edizione la dedicatoria è preceduta da una prefazione scritta da Stephano Blado, figlio del noto Antonio Blado, stampatore della terza edizione dei Fondamenti: A GLI AMATORI DELLA THOSCANA FAVELLA Steph. Blado. Pigliate Humaniss. Lettori questi Fondamenti del parlar Thoscano, che M. Ant. mio padre hà con non pochi preghi ottenuto dall’Autore per utilità vostra. Et siate certi, come che da XVI anni in quà sieno stati più volte impressi, di non gli haver mai veduti in si perfetta forma, havendogli l’Autore stesso co gli occhi, & con la man propria castigati di foglio in foglio, & in più d’una parte renduti più copiosi, & migliori. Onde havete anchora à non dubitar punto, che cio, che altrove si legge discordante da questo, sia parto adulterino, & supposito, non solamente ne libri di questo titolo, mà in qual si voglia componimento, che à nome del presente Autore fino al dì d’hoggi sia dato in luce, non n’essendo per aventura stata mai veduta copia di sua mano da gl’Impressori, ne essendo egli intervenuto ad alcuna impressione di questa opra particolarmente. La quale ardisco dire pe’l giudicio, che n’odo fare da gl’intendenti, che sia delle utili, che’n questa materia si leggano. Et percio mio padre volentieri ve l’offerisce trà l’ultime cose, che homai per l’età v’è lecito attender da lui. Di me, se havrò pari corso di vita à suoi desiderii, promettetevi pari studio anchora di giovarvi. Et restate felici. |2|24

Stephano Blado sostiene che suo padre ha ottenuto il testo presente in questa edizione da Corso stesso e che i Fondamenti, anche se sono stati stampati più volte nei sedici anni precedenti a questa edizione, non sono mai stati pubblicati in modo così perfetto, in quanto il testo di questa edizione sarebbe stato controllato, ampliato e corretto dall’autore stesso. Corso ha, secondo Blado, “con la man propria castigati di foglio in foglio”25 i Fondamenti così come presentati in questa edizione. Per questo motivo, Blado

dice che non si deve dubitare che quello che si legge in altre parti che discorda dalla presente edizione “sia parto adulterino, & supposito, non solamente ne libri di questo titolo, mà in qual si voglia componimento, che à nome del presente Autore fino al dì d’hoggi sia dato in luce”, poiché gli stampatori non avrebbero mai visto una copia di Corso stesso ed egli non avrebbe mai potuto intervenire in qualsiasi impressione dell’opera.

24 Il testo è riportato in blu perché si tratta di testo presente soltanto nella terza edizione e non nella prima.

(20)

Le note di Stephano Blado non sono soltanto all’inizio della terza edizione dei Fondamenti, ma anche alla fine: Steph. Blado, à chi legge. Non è la Dio gratia sparso nella presente impressione errore di tanta importanza, che non basti ciascuno à prima vista per conoscerlo, & emendarlo. I segni de gli Accenti, ne quali per difetto, di chi le stampe hà gittato, più che per altrui colpa, è convenuto più spesso errare, tu per testesso alle regole, che l’Autore opportunamente n’hà dato, gli accommoda. Et ricordati in ogni parte, ricordati del nostro esser tutti huomini. |207|26 Qui Blado dice che nella terza edizione non ci sono errori di tanta importanza e che per colpa di chi ha stampato la grammatica ci sono più errori per quanto riguarda i segni degli accenti, i quali il lettore stesso deve aggiustare in base alle regole date da Corso. 26 Il testo è riportato in blu perché si tratta di testo presente soltanto nella terza edizione e non nella prima. Tutti i criteri applicati per la trascrizione delle due edizioni dei Fondamenti sono riportati nel capitolo 7.

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2.3. Conclusioni di questo capitolo

In base a dove si trovò il nostro grammatico nei diversi momenti della sua vita, e più specificamente nei momenti in cui furono pubblicate le edizioni della sua grammatica qui considerate, possiamo capire qualcosa su quanto sia probabile che Corso sia stato in grado di incidere sulla stampa della sua grammatica. In base a quanto sappiamo non possiamo dire con certezza se Corso fu a Venezia nel 1549, quando venne pubblicata la prima edizione dei Fondamenti. Sappiamo solo che si recò a Venezia cinque anni dopo, nel 1554. Per quanto riguarda la terza edizione, in base alle informazioni disponibili possiamo dire che è probabile che Corso si trovasse a Roma al momento della pubblicazione, dato che il nostro grammatico si recò a Roma nel 1562 e rimase lì per diversi anni, probabilmente fino al 1566. Se Corso fu a Roma al momento della pubblicazione della terza edizione dei Fondamenti, ciò rende più probabile quello che sostiene Stephano Blado. In base alle informazioni biografiche che abbiamo, possiamo dire che è più probabile che Corso abbia potuto incidere sulla stampa della terza edizione che sulla prima.

Per quanto concerne la dedicatoria, notiamo che si potrebbe dire che è rimarchevole che sia rimasta in sostanza invariata se è vero che Corso ha corretto la terza edizione, poiché Lucrezia Lombardi (“Hiparcha”) e Rinaldo Corso non furono più insieme dal 1562. Il fatto che la dedicatoria sia rimasta invariata nella terza edizione potrebbe farci dubitare della veridicità di quanto detto da Blado, ma naturalmente non sappiamo nulla dei sentimenti di Corso nei confronti di Lucrezia in quel momento, o di altre possibili ragioni per cui potrebbe non aver voluto cambiare la dedicatoria.

Dunque, non possiamo dire con certezza se e in quale misura Corso abbia potuto influire sulla stampa della prima o della terza edizione in base alle informazioni biografiche che abbiamo. In ogni caso, quanto sostenuto da Stephano Blado è un motivo per indagare ulteriormente le differenze tra le edizioni.

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3. Metodologia

3.1. Recupero degli esemplari Per la realizzazione di una vera e propria edizione critica dei Fondamenti si dovrebbero confrontare più esemplari di ogni edizione della grammatica di Corso, dal momento che, come dice Conor Fahy (1988, 52): “il solo modo di verificare la presenza, o l’assenza, di varianti interne in un’edizione del nostro periodo è di collazionarne interamente diversi esemplari.” Questo perché la possibilità della presenza di varianti all’interno di ogni edizione è inerente al procedimento tipografico della produzione manuale del libro.27

Fahy (1985, 65) spiega che:

Una delle difficoltà che la critica testuale incontra quando deve occuparsi di testi trasmessi a stampa è la necessità di eseguire la collazione di numerosi esemplari della stessa edizione, dovendosi ricercare tutte le possibili testimonianze relative al testo in essa contenuto. La collazione viene eseguita normalmente affidando all’esemplare da collazionare la copia di controllo, consistente in una riproduzione fotografica o fototipica di un esemplare della stessa edizione scelto come riferimento, e confrontando poi i testi parola per parola - una procedura questa che spesso diventa faticosa e soprattutto molto lunga.

Poiché una collazione di numerosi esemplari sia della prima edizione che della terza edizione dei Fondamenti per poi confrontare le due edizioni della grammatica sarebbe un obiettivo troppo ambizioso per una tesi di master, abbiamo deciso di dare soltanto un contributo, un primo passo, confrontando un esemplare della prima edizione con un esemplare della terza edizione. A causa dei limiti di tempo e data la convinzione che si tratti di una tappa intermedia tra la prima e la terza edizione, abbiamo inoltre deciso di non includere la seconda edizione in questa ricerca. Prima di poter iniziare la ricerca, abbiamo dovuto procurarci le copie necessarie. Per la prima edizione ciò non costituiva un problema, in quanto si possono trovare vari esemplari di questa edizione in rete.28 Della terza edizione non ci sono copie disponibili

in rete, ma, per fortuna, ci è stata data l’opportunità di trascorrere un mese al Reale Istituto Neerlandese di Roma. Grazie al soggiorno a Roma abbiamo potuto consultare un

27 Cfr. Fahy (1988) per approfondimenti.

28 Corso, R. (1549). Fondamenti del parlar thoscano. Venezia: Comin da Trino di Monferrato.

La copia della prima edizione utilizzata nella presente ricerca si trova al seguente indirizzo:

https://play.google.com/books/reader?id=KhZmAAAAcAAJ&hl=nl&pg=GBS.PA1. (Collocazione: General Reference Collection DRT Digital Store 627.d.3.).

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esemplare della terza edizione, più precisamente quello presente nella Biblioteca Nazionale Centrale (collocazione: 68 13 G 55).29 Abbiamo potuto consultare e fotografare la terza edizione, in modo da poterla consultare anche in un secondo momento. 3.2. Le fasi della ricerca Il primo passo per capire se i contenuti della prima e la terza edizione dei Fondamenti sono - nel complesso - gli stessi o meno, consisteva nell’analisi degli argomenti trattati in entrambe le edizioni, in base ai titoli dei capitoli presenti in ambedue le edizioni e la loro lunghezza. Da questo confronto manuale è emerso che gli argomenti trattati sono gli stessi (130 capitoli in totale), ma che non tutti gli argomenti occupano lo stesso spazio. Abbiamo scoperto che alcuni capitoli della terza edizione sono sostanzialmente più lunghi di quelli della prima.30

Una volta stabilito che gli argomenti trattati sono rimasti gli stessi, abbiamo iniziato a trascrivere il testo della grammatica, iniziando dalla prima edizione. Per la sua trascrizione abbiamo scelto un approccio conservativo, correggendo solo quei refusi ovviamente imputabili al compositore o alle altre fasi di stampa e riportando ogni scelta fatta in apparato.

Dopo aver trascritto per intero la prima edizione, abbiamo confrontato i contenuti con la terza edizione trascrivendo anche questa, integrando il “nuovo” testo della terza edizione con quello della prima. Nel trascrivere la terza edizione, abbiamo scoperto che le differenze con la prima erano numerose, ragione per cui abbiamo dovuto fare una scelta. Dato che la terza edizione contiene decisamente più informazioni rispetto alla prima e la stampa della terza edizione appare più curata - argomenti che ci hanno portato all’idea che la terza edizione sia quella più vicina all’ultima volontà di Corso - abbiamo deciso di utilizzare la terza edizione come testo base, utilizzando le descrizioni di Corso nella grammatica come punto di riferimento per la scelta di conservare o ammodernare il testo. Si veda il capitolo 7 per tutti i criteri di trascrizione adoperati. 29 Un elenco completo delle biblioteche in cui si trova un esemplare di una o più edizioni dei Fondamenti si

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La seconda fase della ricerca è l’analisi delle varianti, in cui ci siamo concentrati sulle varianti sostanziali.31 Esamineremo quali sono le correzioni apportate e le informazioni

aggiunte e tolte da Corso e sul possibile perché di questi cambiamenti. Nel secondo volume di questa tesi si troverà la trascrizione ibrida32 del testo completo dei Fondamenti del parlar thoscano risultato della presente ricerca e, speriamo, un punto di partenza per ulteriori ricerche.

31 Cfr. Greg (1950) e Stoppelli (2008) sulla distinzione tra varianti sostanziali e formali. 32 La nostra trascrizione è una trascrizione interpretativa di tipo comparativo, definita ibrida perché mostra il testo di entrambe le edizioni.

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4. Aspetto fisico e contenuti

Prima di passare all’analisi dei contenuti, analizzeremo brevemente alcuni aspetti fisici di entrambe le edizioni dei Fondamenti. 4.1. Aspetto fisico delle edizioni del 1549 e del 1564 La princeps dei Fondamenti è stampata in formato in 8°, ogni fascicolo consta quindi di otto carte ovvero sedici pagine, tranne l’ultimo fascicolo che è duerno e conta quattro carte e otto pagine. Alla fine della prima edizione si legge, infatti: “Tutti sono Quaderni eccetto N che è duerno”. La prima edizione contiene i fascicoli A, B, C, D, E, F, G, H, I, K, L, M e N. La segnatura è indicata sul recto delle prime quattro carte di ogni fascicolo, tranne nei fascicoli A, B e D, dove la segnatura è indicata solo sul recto delle prime tre carte. La formula collazionale della prima edizione è A-M8 N4. Come si legge nel catalogo SBN,

l’ultima carta dell’ultimo fascicolo è bianca.33 La prima edizione dei Fondamenti contiene quindi tredici fascicoli e la grammatica consta di un totale di 100 carte, che sono numerate sul recto.34 Anche la terza edizione della grammatica di Corso è stampata in formato in 8° e quindi anche per questa edizione vale che ogni fascicolo è costituito da otto carte, cioè sedici pagine. La segnatura segue anche in questa edizione un sistema alfabetico e la terza edizione ha inoltre gli stessi fascicoli della prima, vale a dire A, B, C, D, E, F, G, H, I, K, L, M e N, però in questa edizione ogni fascicolo è quaternione, e quindi la formula collazionale della terza edizione è A-N8. Nella terza edizione la segnatura è più costante che nella

prima, in quanto in questa edizione la segnatura è indicata, per ogni fascicolo, sul recto delle prime quattro carte. La paginazione è moderna, ogni pagina è numerata e la terza edizione ha quindi 208 pagine.35

(26)

4.2. Le parti della grammatica

Come indicato nel capitolo precedente, entrambe le edizioni della grammatica di Corso trattano gli stessi argomenti.36 I contenuti della grammatica sono da Corso divisi in 130

capitoli, riportati qui in appendice E.

Sia la prima che la terza edizione inizia con la dedicatoria, seguita da quindici capitoli che riguardano le lettere (Primo partimento delle lettere fino a Regole universali), cinque capitoli sugli accenti (De gli accenti fino a Come s’usi il converso), per poi discutere le parti del discorso, introdotte in due capitoli. Corso considera otto parti del discorso (“parti dell’oratione”) e le tratta nell’ordine seguente: preposizione (6 capitoli), articolo (12 capitoli), nome (18 capitoli), pronome (12 capitoli), verbo (28 capitoli), participio (16 capitoli), avverbio (8 capitoli) e congiunzione (4 capitoli). Il nostro grammatico parla anche delle interiezioni, ma queste sono incluse nel capitolo sugli avverbi: “L’Articolo per parte dell’Oratione hò nominato & la Interiettione hò tacciuto all’usanza de Greci. Ella si truoverà compresa nello Adverbio”.37 Dopo aver trattato le parti del discorso, Corso

dedica un breve capitoletto alla sintassi (Della concordia delle parti principali insieme). Prima della conclusione dell’opera si trova infine un capitolo sulle figure retoriche, che sono “un modo di parlare fuor dello stil comune”, di cui Corso dice che alcune si dovrebbero evitare, mentre altre “son lecite ad usare con gratia, & ornamento della scrittura”.38

Di seguito parleremo brevemente degli argomenti trattati da Corso. Non ci soffermeremo troppo in merito, poiché per la prima e la seconda edizione ciò è già stato fatto negli studi di Fornara (2013) e Vallance (2019). Entrambi gli studiosi citati discutono in dettaglio il contenuto dei Fondamenti e lo confrontano con quello di altre grammatiche, motivo per cui noi ci concentreremo sulle differenze tra la princeps e la terza edizione, dal momento che sia Fornara che Vallance non includono la terza edizione nella loro ricerca. 36 Segnaliamo che alla fine della prima edizione si trova un errata, assente nella terza. 37 Cfr. Fond., 1549, p. 13v | 1564, p. 34 38 Cfr. Fond., 1549, p. 94r | 1564, p. 198

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4.2.1. Le lettere Rinaldo Corso inizia la sua grammatica parlando delle lettere. La parte relativa alle lettere inizia con una sorta di capitolo introduttivo, in cui Corso spiega che i toscani usano venti lettere, le vocali A, E, I, O e U (lettere “pure”) e le consonanti B, C, D, F, G, L, M, N, P, Q, R, S, T, X, Z (lettere “non pure”).

La parte della grammatica dedicata alle lettere include - nell’ordine in cui sono citati qui - capitoli in cui Corso parla delle vocali, dei dittonghi, di come alcune vocali cambiano in altre, delle consonanti - che Corso divide in due gruppi: nove “mute” (B, C, D, F, G, P, Q, T e Z) e sei “mezzo vocali” (L, M, N, R, S e X) -, della X e della Z, dopodiché dedica un capitolo a come alcune consonanti cambiano in altre e uno a come alcune consonanti cambiano in vocali. Poi segue un capitolo in cui Corso parla di altri cambiamenti relativi alla presenza di certe vocali e consonanti insieme, un capitolo sulle consonanti che non possono stare prima di altre consonanti, dopodiché si trova un capitolo sull’aspiratione, in cui Corso parla della lettera H, che non considera una consonante ma il “segno dell’aspiratione”, di cui dà nove regole. Dopo questo capitolo segue un breve capitolo sul “componimento delle lettere”, in cui Corso spiega che dalle lettere si formano le sillabe, dalle sillabe le parole e dalle parole le frasi. L’ultimo capitolo sulle lettere contiene le regole universali relative alle lettere e alle sillabe, tra cui si trovano anche alcune regole relative alla punteggiatura. Rispetto alla prima edizione, nella terza quest’ultimo capitolo è decisamente più lungo.

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4.2.2. Gli accenti

Dopo la prima parte riguardante le lettere, Corso dedica alcuni capitoli all’accento, di cui dice che “è temperamento, & armonia di ciascuna sillaba, ò lettera significante.” Il nostro grammatico nomina quattro tipi, vale a dire l’accento grave, acuto, misto (l’accento circonflesso) e converso (l’apostrofo), e spiega come vengono scritti. Dopo una spiegazione più generica degli accenti, Corso dedica un capitolo ad ognuno di essi, spiegando come ogni tipo di accento va usato.

Notiamo che i capitoli sugli accenti sono decisamente più elaborati nella terza edizione rispetto alla princeps. Nella terza edizione, ad esempio, troviamo un’aggiunta in cui Corso spiega quali sono i movimenti della bocca pronunciando i diversi accenti: Percio che nel grave si tira la lingua à dietro verso il palato, & s’ingrossa la voce. Nell’acuto si spinge oltra la lingua abbassandola verso i denti, & la voce s’assottiglia. Nel misto si contrahe la bocca nel modo medesimo quasi, che si depinge, & la lingua stà bassa, come nell’acuto, mà la voce s’ingrossa, come nel grave.39 4.2.3. Le parti del discorso

Dopo aver discusso le lettere e gli accenti, Corso prosegue con le parti del discorso. Secondo il nostro grammatico vi sono otto parti del discorso, vale a dire la prepositione, l’articolo, il nome, il pronome, il verbo, il partecipio, l’adverbio e la congiuntione. Dopo la parte introduttiva, in cui spiega, tra le altre cose, la sua scelta di iniziare il discorso sulle parti del discorso con la preposizione40, segue un capitolo che parla della divisione delle parti del discorso. Corso dice che ci sono tre parti del discorso che non variano mai, vale a dire la preposizione, l’avverbio e la congiunzione, mentre le altre cinque variano in base al genere, il caso, il numero, la persona, la maniera, il tempo e il modo. 39 Cfr. Fond., 1564, p. 22: 34 - p. 23: 4 Il testo è riportato in blu perché si tratta di testo presente soltanto nella terza edizione e non nella prima. Tutti i criteri applicati per la trascrizione delle due edizioni dei Fondamenti sono riportati nel capitolo 7. 40 Cfr. Fornara (2013), pp. 129-130: Come riporta Fornara (2013), ed è affermato nei Fondamenti (Fond., 1549, p. 13v | 1564, pp. 34-35), Corso sceglie di iniziare il suo discorso relativo alle parti del discorso con la preposizione perché: 1. si distacca dalla tradizione grammaticale latina, il che ammette esplicitamente (“La prepositione hò messo innanzi per ordine contra lo stil de Greci, & de Latini scrittori”); 2. ritiene che le preposizioni sono più facili da imparare rispetto alle altre categorie; 3. dice che le preposizioni distinguono i casi obliqui negli articoli e nomi toscani.

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4.2.4. Le preposizioni Come detto sopra, Corso inizia il suo discorso sulle parti del discorso con la preposizione. Il capitolo introduttivo della parte dedicata alle preposizioni è seguito da un capitolo sulla divisione delle preposizioni, in cui Corso dice che possono essere divise in tre classi: Le Prepositioni tutte in trè parti si dividono. Alcune son proprie, & quasi continue compagne de gli Articoli, & de nomi ne casi loro obliqui. Alcune altre sono, mà non tanto proprie, ne si continue. Alcune solo in compositione si truovano.41

Il capitolo sulla divisione delle preposizioni è seguito da un capitolo intitolato “degli accidenti suoi”42, in cui Corso dice che la preposizione varia a seconda del caso e della figura. Riguardo alla figura delle preposizioni, il nostro grammatico afferma che possono essere semplici (le preposizioni semplici odierne) o composte (“come Á lato.43 Di nascosto.”). Poi seguono tre parti dedicate alle preposizioni, di cui ogni parte è dedicata a una delle tre classi citate sopra, di cui la terza (che riguarda quelle che “solo in compositione si truovano”) è invece dedicata a quelli che oggi consideriamo prefissi, il che attesta l’influenza ancora forte della tradizione grammaticale latina (Fornara 2013, 300).44

4.2.5. L’articolo

Corso prosegue con l’articolo, di cui dice che è una parte variabile del discorso e che distingue il genere insieme al nome. Nel brevissimo capitolo sugli accidenti dell’articolo, il nostro grammatico spiega che questa parte del discorso varia in base al genere (maschile o femminile), il numero (singolare o plurale) e il caso. Il primo accidente è il genere. Dopo questo capitolo segue uno che spiega come si riconoscono le voci neutre. Dopo aver discusso il genere, Corso parla del numero e dei casi.

41 Cfr. Fond., 1549, p. 14v: 5-9 | 1564, p. 36: 16-20

42 Cfr. Vocabolario Treccani, s. v. accidente, 4: https://www.treccani.it/vocabolario/accidente/. Data di

consultazione: 26-02-2021.

Un accidente è, nella terminologia grammaticale, ogni modificazione morfologica cui possono sottostare le parti variabili del discorso. Corso usa il termine accidente per tutte le parti del discorso (non solo per le parti variabili), per indicare gli aspetti in base a cui variano.

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Una volta discussi gli accidenti, Corso dedica un capitolo alle differenze tra i due articoli maschili il e lo, spiegando come ambedue variano. I capitoli dedicati agli articoli maschili sono seguiti da un capitolo relativo all’articolo femminile e uno dedicato a quando usare l’articolo o meno. La parte della grammatica dedicata agli articoli finisce con un capitolo in cui Corso spiega quando gli articoli possono essere utilizzati invece dei pronomi. 4.2.6. Il nome

La terza parte del discorso discusso da Corso è il nome, che è “parte nobilissima, & principalissima dell’Oratione” e che insieme al verbo è una parte del discorso di “maggior perfettione”, in quanto queste due categorie insieme bastano per formare una “perfetta sententia”. Dopo la parte introduttiva, seguono i capitoli con la prima, la seconda e la terza divisione dei nomi, seguiti dal capitolo riguardo alle regole generali relative ai nomi. Dopo aver dato le regole generali dei nomi, Corso parla degli accidenti del nome, che sono cinque. Il primo è la spetie (o natura), in base alla quale si capisce se il nome “è da se stesso, come valore” (nome) o “derivato, come valoroso” (aggettivo). Gli altri accidenti del nome sono il genere (maschile, femminile, comune, incerto o indifferente), il numero (singolare o plurale), la figura (semplice “come felice”, composta “come infelice“ o ricomposta “come infelicità”) e il caso. Dopo aver dato gli accidenti del nome, Corso parla degli ordini dei nomi, ovvero le classi nominali, che secondo lui sono quattro, individuate in base alle terminazioni: -a, -e, -i e -o. Per illustrarlo meglio riportiamo una scheda creata in base a più schede presenti in Fornara (2013):45 Classe Forma (sg./pl.)

Esempio Genere Rinaldo Corso

1 -o / -i campo/campi m Questa classe corrisponde al quarto ordine, insieme alla classe 5.

2 -a / -e casa/case f Questa classe è compresa nel primo ordine, insieme alla classe 4. 3 -e / -i fiore/fiori notte/notti m / f Questa classe corrisponde al secondo ordine. 45 Cfr. Fornara (2013), pp. 251-258.

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4 -a / -i papa/papi m Questa classe è compresa nel primo ordine, insieme alla classe 2. 5 -o / -a castello/castella sg. m, pl. f Questa classe viene considerata a parte (vengono segnalati anche i plurali in -i e in -e). 6 varie; invariabile re, dì, gru, volontà, spezie, crisi m, f Questa classe corrisponde al terzo ordine, che è però limitato agli invariabili che finiscono in -i; parole come virtù (virtute) e bontà (bontate) vengono riportate nel secondo ordine (classe 3) e le parole grù e Iesù vengono nominate a parte. 7 -o / -ora prato/pratora sg. m, pl. f Nei Fondamenti viene citato solo il caso di pratora. Quindi, nei Fondamenti il primo ordine corrisponde alla seconda (-a/-e) e quarta (-a/-i) classe nominale, il secondo ordine alla terza classe nominale (-e/-i), il terzo ordine alla sesta classe nominale (invariabile), che nei Fondamenti è però limitato agli invariabili che finiscono in -i, e il quarto ordine alla prima (-o/-i) e alla quinta (-o/-a) classe nominale, mentre la settima classe nominale (-o/-ora) viene considerata a parte.

Dopo aver parlato degli ordini dei nomi, Corso continua con un capitolo sulla formazione del plurale dei nomi, dopodiché dedica un capitolo ai nomi che non hanno il plurale e uno ai nomi che non hanno il singolare. Dopo questi capitoli Corso continua con un capitolo sui nomi maschili appartenenti al primo ordine, seguito da uno sui nomi femminili appartenenti al primo ordine, uno sui nomi maschili del secondo ordine, uno sui nomi femminili del secondo ordine, uno sui nomi maschili del terzo ordine, uno sui nomi comuni appartenenti al terzo ordine, per proseguire con un capitolo dedicato ai nomi maschili che fanno parte del quarto ordine e uno dedicato ai nomi femminili del quarto ordine.

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4.2.7. I pronomi

Dopo aver trattato dei nomi, Corso continua con i pronomi, di cui, dopo averli introdotti, dà una prima, seconda e terza divisione. La prima include, come afferma Fornara (2013, 268-269), le tre grandi classi dei determinati, degli indeterminati e dei partecipanti, la seconda suddivide ulteriormente gli indeterminati in base al significato (ad esempio di qualità “Questi à mostrar qualità. Tale. Cotale. Quale.”46 o di quantità “Questi à mostrar

quantità. Tanto. Cotanto. Altrettanto. Quanto.”47), mentre la terza suddivisione dei

pronomi riguarda la natura dei pronomi, che può essere prima (io, tu, se, noi e voi) o derivata (mio, tuo, suo, nostro e vostro e le corrispettive forme femminili). Una volta discusse le divisioni dei pronomi, Corso dice che al pronome accadono gli accidenti del genere, della figura (semplice o composta: “La figura è semplice. come Io. Chi. ò composta. come Io stesso. Chi che.”48), dell’ordine, della persona, del numero e del caso, che poi tratta nell’ordine in cui sono citati qui. Dopo aver parlato degli accidenti dei pronomi, Corso dà le regole generali relative ai pronomi. Rispetto alla prima edizione, la parte sulle regole generali dei pronomi è decisamente più lunga ed elaborata nella terza edizione. 46 Cfr. Fond., 1549, p. 33v: 6 | Fond., 1564, p. 72: 8. Nella prima edizione vengono dati solo gli esempi tale e quale, ai quali nella terza edizione viene aggiunto cotale. 47 Cfr. Fond., 1549, p. 33v: 7 | Fond., 1564, p. 72: 9-10. Nella prima edizione vengono dati solo gli esempi tanto e quanto, ai quali nella terza edizione vengono aggiunti cotanto e altrettanto. 48 Cfr. Fond., 1549, p. 34r: 7-8 | Fond., 1564, p. 73: 13-14

(33)

4.2.8. Il verbo

Corso afferma, come aveva già fatto nel capitolo dei nomi, che il verbo è “l’altra parte dell’oratione principale”. Il verbo, secondo Corso, varia a seconda del genere, del tempo, del modo, della spetie, della figura, del numero, della persona e della maniera. Ad ognuno di questo accidenti dedica poi un capitolo, trattandoli nell’ordine in cui li ha citati. Secondo Corso il verbo ha quattro generi: attivo, passivo, neutro e impersonale. Corso nomina cinque tempi del verbo: il presente, l’imperfetto, il perfetto, il più che perfetto e il futuro (o advenire). Anche i modi sono cinque, vale a dire il dimostrativo (l’attuale indicativo), l’imperativo, il disiderativo, il congiuntivo e l’indefinito (o l’infinito). Riportiamo i nomi da Corso utilizzati per i modi verbali nelle tabelle sottostanti, create in base a tabelle più elaborate di Fornara (2013):49 I modi finiti Corso Indicativo dimostrativo Imperativo imperativo Congiuntivo disiderativo congiuntivo; soggiuntivo Condizionale tempo sciolto; tempo sospeso; sesto tempo; conditionale I modi indefiniti Corso Infinito indefinito; infinito Participio partecipio Gerundio gerondio

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Al fine di dare una visione d’insieme, di seguito è riportata una scheda dei tempi e modi verbali descritti da Corso con i loro corrispettivi nell’italiano moderno:

Corso Attuale

Modo Tempo Tempo Modo

Dimostrativo presente presente Indicativo imperfetto imperfetto

perfetto passato prossimo & passato remoto più che perfetto trapassato prossimo

futuro futuro

Imperativo presente presente Imperativo

futuro futuro Indicativo

Disiderativo presente & imperfetto imperfetto Congiuntivo perfetto & più che perfetto trapassato futuro presente

Congiuntivo presente presente Congiuntivo

imperfetto imperfetto perfetto passato più che perfetto trapassato

futuro futuro Indicativo

Secondo Corso, la spetie o natura dei verbi sono due, cioè “Prima, & natia, come INCIDO” o “seconda, & derivata, come INCISCHIO.” Le figure dei verbi sono tre: semplice (“come spingo”), composta (“come sospingo”) e ricomposta (“come risospingo”). I numeri dei verbi sono due, vale a dire primo e secondo ovvero singolare e plurale e le persone sono tre. Secondo Corso le maniere del verbo, individuate in base all’infinito, più specificamente in base alla penultima sillaba dell’infinito, sono quattro:50 la prima maniera ha la a lunga (sperare), la seconda maniera la e lunga (temere), la terza maniera la e breve (ridere) e la quarta maniera la i lunga (sentire). Corso dice inoltre che alcuni verbi appartengono a due

50 Cfr. Fornara (2013), p. 276: La maggior parte dei primi grammatici del volgare studiati da Fornara

(35)

maniere: “come Aggradare da Aggrado, & Aggradire da Aggradisco. cosi Colorare da Coloro, & Colorire da Colorisco. Apparere da Appaio, & Apparire da Apparisco.”51 Dopo aver discusso tutti gli accidenti, segue un capitolo con le regole generali dei verbi in cui Corso spiega anche come si formano nelle varie coniugazioni. Dopo aver parlato degli accidenti e come variano le forme dei verbi in base ad essi, Corso continua con alcuni capitoli sui perfetti, che secondo lui differiscono in base alla vocale singola o doppia con cui finiscono alla prima persona. Corso tratta prima i perfetti che finiscono con due vocali, dopodiché prosegue con quelli che finiscono in una vocale sola. I “perfetti della seconda qualità”, ovvero quelli che finiscono in una vocale sola, vengono da Corso ulteriormente suddivisi in quattro ordini, ad ognuno dei quali il nostro grammatico dedica un capitolo.

Una volta discussi gli ordini dei perfetti, Corso spiega la formazione del presente dimostrativo, la formazione degli imperfetti, dei perfetti, del futuro, del presente disiderativo, del futuro del disiderativo, dell’imperativo presente, del congiuntivo, del più che perfetto e del futuro dell’indefinito. Dopo aver spiegato la formazione dei verbi nei vari tempi e modi, segue l’ultimo capitolo della parte relativa ai verbi, che tratta di come havere ed essere si possono alternare. 4.2.9. Il participio La sesta parte del discorso trattata nei Fondamenti è il partecipio. Dopo una piccola parte introduttiva, Corso dà i sei accidenti del participio, dei quali due si accordano con il nome, vale a dire il genere e il caso, e due con il verbo, cioè il tempo e il significato, mentre gli altri due accidenti - il numero e la figura - si accordano sia con il nome che con il verbo. I generi del participio, dice Corso, sono due, vale a dire maschile (“come temuto”) e femminile (“come amata”). C’è anche il comune, che si usa sia per il maschile che al femminile (“amante”). I casi sono sette e i tempi sono cinque come per i verbi. Vi sono, secondo Corso, due possibili significati, vale a dire attivo (il participio presente) e passivo (participio passato). I numeri sono due, vale a dire primo (singolare, “come sperante”) e secondo (plurale, “come speranti”) e le figure tre, cioè semplice (“come spinto”), composta (“come sospinto”) e ricomposta (“come risospinto”).

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Il capitolo sugli accidenti è seguito da un capitolo intitolato Della formatione del partecipio attivo, & del gerondio e uno con il titolo Del Partecipio passivo, ed entrambi i capitoli parlano esattamente di quello che dichiara il titolo. Dopo questi due capitoli ne segue uno che tratta della “prima sorte” dei partecipi passivi. Questa “prima sorte” riguarda i partecipi che si formano dalla prima persona dell’indicativo presente. Questa categoria è a sua volta divisa in tre ordini. Il primo ordine è costituito dai participi passivi che si formano dalla prima persona dell’indicativo presente e non cambiano di lunghezza in termini di numero di lettere e sillabe (ad esempio “vinto” da “vinco” e “pianto” da “piango”), il secondo ordine comprende quelli che hanno una lettera in più rispetto alla prima persona dell’indicativo presente (ad esempio “afflitto” da “affligo” e “presso” da “premo”) e il terzo ordine include quelli che hanno una sillaba in più rispetto alla prima persona dell’indicativo presente (“tacciuto” da “taccio”).

Dopo questi tre capitoli dedicati ai tre ordini della “prima sorte” dei participi passivi, segue uno sulla “seconda sorte” dei participi passivi, che si formano dalla seconda persona plurale dell’indicativo presente. Questo tipo di participio viene da Corso suddiviso in due ordini. Il primo ordine comprende i participi che si formano dalla seconda persona plurale dell’indicativo presente mutando una sola vocale (ad esempio “sperato” da “sperate” e “sentito” da “sentite”), mentre per la formazione dei participi del secondo ordine si mutano due vocali (ad esempio “perduto” da “perdete” e “voluto” da “volete”). Dopo due capitoli che trattano questi due ordini della “seconda sorte” dei participi passivi, Corso prosegue con i verbi “straordinari”, che sono havere, essere e dovere, ad ognuno dei quali dedica un capitolo separato. In seguito Corso dà, in un capitolo nuovo, esempi di altri verbi “straordinari” (verbi irregolari).

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