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Tra Tradizione e Innovazione

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Tra Tradizione e Innovazione

Sulla vita e le attività culturali di Pellegrino Antonio Orlandi

(1660-1727) e la composizione dell’Abcedario Pittorico (1704)

Giugno

2007

Doctoraalscriptie Romaanse Talen en Culturen - Italiaans [vakcode LRI99B15]

Tesi di laurea di Erica Plantenga - s1022032 [ericaplantenga@gmail.com]

Università Statale di Groningen [RuG] – Facoltà di Lettere

Lingue e Culture Romanze [Italiano]

Relatore: Prof.dr.P.G. Bossier [RuG]

(2)

TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE

(3)

P

AROLA DI RINGRAZIAMENTO

N

on è in modo qualsiasi che si costituì il fondamento per questa tesi di laurea. Fu durante il tirocinio, che svolsi nella biblioteca dell’Istituto Universitario Olandese di Storia dell’Arte a Firenze [www.iuoart.org] ossia uno stimolante mondo di intenditori d’arte, che nacque l’idea di scrivere su questo particolare argomento di ricerca. Dopo una consultazione con il supervisore dello stage, Gert Jan van der Sman, decisi di tuffarmi nella materia e di tirare fuori ciò che stava ancora dentro il libro antico appena acquistato dall’Istituto; L’Abcedario Pittorico di Pellegrino Antonio Orlandi.

Senza l’intenzione di sovrabbondare, vorrei almeno dar notizia del fatto che, dopo un periodo di una relativa calma riguardo agli studi, fu nella gradevole atmosfera accademica dell’Istituto Olandese che ritrovai anche la motivazione e l’ispirazione di compierli in modo adeguato. Vorrei richiamare alla mente la signorina Geertje Jacobs, che con tanto entusiasmo e dedicazione si concentrava sulla composizione della proposta per la tesi di dottorato, e la dottoranda Bouk Wierda, che quasi ogni giorno, di sera ritornava dall’archivio dove aveva con tanta attenzione curiosato tra i manoscritti, sempre piena di storie affascinanti e anche lei facendo mostra di un entusiasmo davvero contagioso. In più, ricordo il simpatico signor Waldemar de Boer, già avendo compiuto la tesi di dottorato, che era sempre disposto a dare una mano ed a condividere le sue esperienze attinenti alla ricerca che aveva svolto. E in questo modo potrei continuare a lungo.

(4)

S

OMMARIO

A

L BENIGNO

L

ETTORE 7

I L

A FIGURA DI

O

RLANDI E LA FONDAZIONE DELLA RETE SOCIALE 10

Una breve biografia 11

Creare e mantenere i contatti: le attività letterarie e culturali di Orlandi 12

L’Accademia Clementina 13

La Società Albrizziana 15

L’Orlandi come precursore dell’era dell’informatica 16

II I

L GENERE DELL

’A

BECEDARIO

:

LA FORMA ORIGINALE E LA

RELAZIONE CON L

’E

NCICLOPEDISMO 18

Le nozioni di abecedario ed enciclopedico 19

L’abcedario nel Cinquecento 20

Il valore metafisico-teologico dell’alfabeto negli abecedari originari 21

Il genere enciclopedico nella fase iniziale 22

Il Seicento: la trasformazione della «Versprachligung des Wissens» 23

La nozione dell’Enciclopedismo

L’Enciclopedismo nel Sei e Settecento 24

Uno studio più profondo di cinque dizionari francesi dei secoli XVI e XVII 25

L’alfabeto come norma e la formazione letteraria dell’enciclopedia in pieno

ritmo 28

III L

E FONTI USATE PER LA COMPOSIZIONE DELL

’ABCEDARIO

P

ITTORICO 31

Un’osservazione precedente al discorso che segue: sull’uso delle fonti

in generale 32

Introduzione al panorama storiografico sulla letteratura artistico-biografica 34

Il Quattro ed il Cinquecento: la supremazia dei biografi fiorentini

Il Sei e il Settecento: le contribuzioni provengono da tutte le parti dell’Italia 36

Roma

Venezia, Milano, Bologna, Ferrara per ritornare a Firenze 38

Gli scrittori oltremontani 40

L’indicazione delle fonti nell’Abcedario Pittorico 41

La vita di Rembrandt del Reno 42

La vita di Isabella Parasole 43

La vita di Isabella Discalzi 44

(5)

La lettera di Antonio Balestra 46

La lettera di Alessandro Mari

La corrispondenza delle lettere composte da Orlandi 48

Il frutto della rete sociale

L’Orlandi redattore e l’ambizione di una contentezza reciproca 51

IV

L

O STILE E IL CONTENUTO IN CINQUE BRANI PARTICOLARI

DELL

ABCEDARIO 55

Dov’entra in scena la retorica

Tra realtà e poetica e il «problema dell’attendibilità» 56

La dedica 58

L’autore al lettore 59

L’introduzione all’abcedario degli artisti moderni 61

L’introduzione alle cinque tavole nella parte finale dell’abcedario 62

L’arte di persuadere 63

V L’

ARCHITETTURA NELL

’ABCEDARIO

65

Un’impressione generale delle descrizioni biografiche degli artisti 67

Uno sguardo più ravvicinato all’architettura dell’Abcedario Pittorico 68

La parte introduttiva

La prima parte: l’abcedario degli artisti classici

La seconda parte: l’abcedario degli artisti moderni 69

La terza parte: le cinque tavole 70

La prima tavola

La seconda tavola 71

La terza tavola 73

La quarta tavola

La quinta tavola 74

Le differenze tra l’architettura nella prima e la seconda edizione

dell’Abcedario 75

Ogni medaglia ha il suo rovescio: l’effetto, il successo e le critiche

sull’Abcedario Pittorico 77

Una struttura unica tra tradizione e innovazione 80

R

IASSUNTO E CONCLUSIONI 82

A

PPENDICE

:

O

PERE STAMPATE E MANOSCRITTE DI

O

RLANDI 86

A

PPENDICE

:

I

TESTI INTEGRALI DI CINQUE BRANI 88

A

PPENDICE

:

S

CHEMA DELL

ARCHITETTURA NELL

ABCEDARIO DEL

1704 91

A

PPENDICE

:

N

EDERLANDSE SAMENVATTING

[R

IASSUNTO IN OLANDESE

]

92

B

IBLIOGRAFIA

L

ETTERATURA PRIMA DEL

1800

97

B

IBLIOGRAFIA

L

ETTERATURA DOPO IL

1800

98

(6)

A

L BENIGNO

L

ETTORE

Una giusta doglianza, che fa la virtù di tutti quelli, che professarono ne’ tempi passati particolare inclinazione al disegno, perche vede perdersi a poco, a poco nell’obblìo, e perchè si trova senza Protettore, che le mantenga di preferite il suo lustro nel Mondo.

Q

ueste sono le parole che danno l’avvio all’opera che forma il principale oggetto di ricerca in questa tesi di laurea, in cui la storia d’arte viene unita alle lettere; L’Abcedario Pittorico di Pellegrino Antonio Orlandi. Trecento anni dopo la pubblicazione della prima edizione, che avvenne nel 1704, siamo noi a comporre un lavoro che vuol essere un tentativo di trarre dall’oblio questo stesso abcedario ovvero un documento antico, prezioso e degno di essere studiato ulteriormente. È sorprendente che a un’opera, nel suo tempo copiosamente consultata e ripetutamente ripubblicata, oggigiorno nella letteratura secondaria venga soltanto riferita in due righe o meno. Ciò viene rafforzato, se si prende atto del dato che quest’opera, che alberga una ricca miniera di informazioni, variando dalle vite degli artisti, antichi e contemporanei, ai monogrammi degli intagliatori in rame, conobbe un’alta densità di informazioni originali ed attualissimi. Riguardo ai riferimenti allo scrittore dell’opera, le cose non stanno diverse. Esiste un limitato numero di documenti che descrivono, in grandi linee, il corso della vita del nostro autore bolognese. Pare dunque, che altre ricerche negli archivi delle varie Istituzioni a Bologna o altrui debbano inevitabilmente portare a informazioni nuove o spunti interessanti. Per questa tesi, non ci è apparso opportuno incaricarci di questo compito, dunque, nel nostro discorso partiamo dai dati disponibili.

È altrettanto vero che l’assenza di tanta letteratura sul principale oggetto di ricerca, anche sull’abecedario in generale, ci ha invitato a comporre questa tesi al modo nostro ed a inserire nel discorso informazioni nuove ed originali. Così, si è cercato di collegare le informazioni disponibili alle osservazioni nostre, risultando in uno scritto che vuole interessare ed essere una guida nel mondo dell’abcedario e del suo compositore.

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 Quali sono gli elementi nuovi e tradizionali nella struttura dell’Abcedario Pittorico?

A realizzarlo, il discorso si apre con un’esposizione sulla figura di Orlandi e in cui cercheremo di inquadrarla in un contesto più vasto. È interessante la domanda come quest’uomo bolognese, che trascorse gran parte della vita in un convento nella città di nascita, sapeva svilupparsi come esperto in varie discipline, anche di carattere più profano. In più, è essenziale rispondere alla domanda come sapeva fondare la rete sociale, tanto indispensabile per la composizione delle sue opere enciclopediche.

Di seguito, per ottenere un’impressione del contesto letterario più largo in cui nacque l’opera orlandiana e a cui potremmo riferirla, si rivolge lo sguardo all’abecedario in generale, e la forma originaria di questa categoria di opere, per poi arrivare all’Enciclopedismo, congiungendo questi due concetti in base al ruolo dell’alfabeto nelle opere corrispondenti. Dopo questi capitoli introduttivi, siamo giunti al livello dell’opera stessa oppure il nostro principale oggetto di ricerca.

Trattando l’abcedario, vogliamo ottenere cognizione della sua esatta posizione sullo spettro delle opere con tematica paragonabile che uscirono nei secoli e decenni precedenti. A ottenerla, l’accento dell’argomentazione sarà messo sulla composizione dello scritto, che si lascia analizzare a due livelli, vale a dire al livello della stesura, e a quello dell’architettura. La prima implicando la redazione dell’opera e la fase precedente ad essa in cui ci si documenta e in cui si raccoglie il materiale necessario per la composizione del testo. La seconda coinvolgendo la struttura dell’opera, anche in relazione al contenuto delle varie parti costitutive.

In tal modo, il discorso prosegue con uno studio più profondo delle fonti usate da Orlandi per la composizione delle vite nell’abcedario, introdotto da un descrittivo panorama storiografico sulla letteratura artistico-biografica. In questa parte del discorso vogliamo rispondere alla domanda come il nostro autore sapeva raccogliere tutti i dati, in particolar modo quelli nuovi ed originali, sulle vite degli artisti, che con gran cura inserì nella sua opera. In più, vorremmo sapere in quale modo e in quale misura l’Orlandi si servì delle informazioni biografiche nei trattati dei precursori, e in quale modo faceva uso delle informazioni affidategli nelle lettere dei conoscenti.

Segue un capitolo in cui si sarà svolta un’analisi a livello testuale, per raggiungere una comprensione migliore dell’abcedario di Orlandi. A questa ricerca, che si focalizza sul contenuto e lo stile, saranno sottoposti cinque brani particolari, che mettono più luce sulle intenzioni dello scrittore e sul potenziale pubblico di lettori dell’abcedario. Inoltre, in questo capitolo cerchiamo di dimostrare il valore letterario delle opere artistico-biografiche.

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pittorico in un panorama più grande, con cui avremo raggiunto l’obiettivo della ricerca principale in questa tesi. Dunque, sarà esclusa dal discorso un’analisi dell’influsso dell’abcedario pittorico e la sua struttura, sulle opere artistico-biografiche pubblicate dopo il 1704.

Questo tipo di opere, che a prima vista sembrano ‘solo’ narrare le vite degli artisti, formano un eccellente oggetto di studio non meno per chi si occupa delle lettere che per chi parte da un’angolazione storica d’arte. Ciò si rivela in modo assai chiaro al momento in cui viene svolta la ricerca al livello testuale. Essa ci provvede di indicazioni fondamentali relative alle caratteristiche testuali di questa categoria di opere, che ormai hanno preso forma di considerevoli testimoni, che più di ogni altra cosa raccontano sul mondo delle idee e le convenzioni letterarie che all’epoca erano attuali. Infatti, chi, senza ombra di dubbio, in queste opere crede di trovare oggettività o integrità storica, rimarrà deluso. Ora, il paradosso sta nel fatto che lo non si possa nemmeno addebitare ai compositori degli scritti. Tant’è che le aspettative di questo lettore non corrispondono del tutto con gli scopi degli autori, ed i mezzi per realizzarli, e negano lo specchio del tempo in cui operavano.

Potremmo, ad esempio, riferire al fatto che gli autori delle opere biografiche nell’arco di tempo del nostro interesse, conobbero tutti la tendenza ad esprimersi, volutamente, in favore degli artisti locali, anche a costo di altrii. Gli autori degli scritti non miravano solo a promuovere la

posizione dei propri artisti, ma anche quella della propria terra. Evidentemente, l’Orlandi apparteneva alla delegazione bolognese, di cui fu anche importante rappresentante il conte Carlo Cesare Malvasia, scrittore di una preminente opera sul patrimonio artistico bolognese La Felsina

Pittrice, che uscì nel 1678. In questo panorama seicentesco, si era assai sensibili alle informazioni presentate nelle opere degli scrittori provenienti dalle città concorrenti [più di quanto noi oggigiorno non possiamo immaginare], e in cui da secoli a Firenze era assegnato un ruolo centrale. Non è sorprendente che in quest’ambiente pieno di tensioni, nacquero varie polemiche tra i biografi delle diverse città, tra cui una fra il fiorentino Filippo Baldinucci e il Malvasia, che criticava Le Vite del Vasari, per la parzialità esposta nelle biografie dell’autore fiorentinoii. Anche se qui non si ha l’intenzione di entrare nei dettagli dell’argomento, è chiaro che questi lavori biografici che, specie nei circoli intellettuali, formarono documenti di delicato contenuto, vanno letti e studiati alla luce del proprio contesto storico, come faremo in questa tesi: leggi dunque con sicurezza, e vivi felice.

ii Si veda Edward Grasman, All’Ombra del Vasari (titolo originale olandese In de schaduw van Vasari. Vijf opstellen over kunstgeschiedschrijving in 18de-eeuws Italië, traduzione di Giancarlo Errico), Firenze, Istituto Universitario

Olandese di Storia dell’Arte, 2000, p.13.

(9)

I

L

A FIGURA DI

O

RLANDI E LA FONDAZIONE DELLA RETE SOCIALE

L

’introduzione di Paolo Tinti nella ristampa anastatica di Origine e progressi della

stampaii(2005), originalmente scritto da Orlandi nel 1722, comprende la biografia più recente

sulla personalità di Pellegrino Antonio Orlandi. In una nota attinente alla disponibilità di informazioni biografiche su Orlandi, Tinti riferisce al fatto che non si dispone di nessuna biografia recente e che la fonte più completa resterebbe lo storico bolognese Giovanni Fantuzzi nelle Notizie degli scrittori bolognesi del 1788ii. Questa opera originalmente scritta e

omonimamente intitolata da Orlandi nel 1714, fu ripresa, attualizzata e ampliata dal Fantuzzi alla fine del Settecento.

I dati biografici del Fantuzzi nel tomo sestoii, uscito nel 1788, formano un’esposizione

sommaria dei posti rivestiti da Orlandi. Entro il quadro della nostra ricerca, quest’opera si mostra particolarmente utile per l’estesa enumerazione annotata delle sue opere stampate e manoscritteii.

Il tomo successivo, che uscì nel 1793, contiene le aggiunte ai tomi precedenti e verte più estesamente ma sempre in modo conciso sul corso della vita dell’Orlandi. Le informazioni inserite ne costituiscono una succinta cronologia, e comprendono un aggiornamento della lista delle opere stampate e manoscritte documentate nel tomo precedente. I nuovi dati provenivano da un manoscritto dell’Orlandi, composto nel 1723, che si credeva perduto, e che fu ritrovato nel 1793 da un frate del convento di San Martino Maggiore a Bolognaii. Il documento ineditoii inizia con

una lettera intitolata al cortese Leggitore, che Fantuzzi considera «compendio della Vita di questo degnissimo Carmelitano»ii.

Invece, Tinti discute in modo più dettagliato le attività ecclesiastiche, didattiche, editoriali di Orlandi, pur lasciando lacune, particolarmente spettanti al periodo giovanile in generale e al ruolo dei genitoriii o di altri parenti in particolare. Viene estesamente discusso il profondo

interesse per gli incunaboli da parte di Orlandi, che aveva risultato in un’opera trattando la storia del libro in Europa dal 1442 al 1719 intitolata per esteso, appunto, Origine e progressi della

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all’anno M.D. È del resto opportuno notare che è nella prefazione del Tinti (2005: V) che leggiamo che l’Orlandi fu autore del primo repertorio italiano delle edizioni quattrocentine uscite dai torchi europeiii.

La biografia esistente viene pertanto caratterizzata da una mancanza non solo rispetto alla discussione del periodo infantile e giovanile dell’Orlandi, ma anche alle date esatte in cui rivestiva gli incarichi più importanti e decisivi per il corso della sua vita. Occorrerebbero intensive ricerche d’archivio per recuperare i fatti che fin qui sono rimasti ignoti. Il discorso sulla vita e la personalità di Orlandi che segue, cerca di sistemare i dati forniti da Fantuzzi (1965) e Tinti (2005) in un quadro più largo. Lo scopo è di rispondere alle domande seguenti

 Qual’è il modo in cui quest’uomo bolognese, che trascorse gran parte della vita in un

convento nella città di nascita, sapeva svilupparsi come erudito di rilievo ovvero un esperto in varie discipline?

 In che modo sapeva egli fondare la sua rete sociale?

A raggiungere quest’obiettivo, vorremmo delineare globalmente l’andamento della formazione intellettuale dell’Orlandi, uomo versatile quanto la sua opera. In più, cercheremo di dipingere un’immagine della figura di Pellegrino Antonio Orlandi, inquadrandola nell’ambiente culturale e sociale.

Una breve biografia

Pellegrino Antonio Orlandi nacque nel 1660 e trascorse gran parte della propria vita nel convento carmelitano di San Martino Maggiore nella città di nascita, Bologna. Come frate, si dedicò all’attività di studio e di ricerca in varie discipline come la teologia, la filosofia, la storia dell’arte, la grafica, la tipografia, la filologia. Da giovane, l’Orlandi provò una predilezione per la pittura, come egli stesso descrive nella parte introduttiva dell’Abcedario del 1704, “Il genio che fino da

fanciullo m’inclinava alla Pittura, sebbene distratto dalle scienze speculative cangiossi col tempo in ardentissimo amore verso la dilettazione del disegno”ii.

In senso più generale, si potrebbe poi dar qualche rilievo all’interesse per la storia d’arte tenendo in mente il fatto che la storia del convento, fino ad un certo punto, viene caratterizzata da un coinvolgimento rispettabile da parte dei frati per le discipline artistico-architettoniche. Ne testimonia tra l’altro la partecipazione dei frati alla costruzione della basilica di San Martino nel Trecentoii. È inoltre opportuno rendersi conto del monopolio secolare dei carmelitani e degli altri

ordini di frati mendicanti del dominio religioso e culturale di Bologna nel medioevoii.

(11)

d’apprezzamento al soggiorno ferraresco, chiamando in causa pure i parenti “ [..] la Città di

Ferrara, della quale, per altro, ne ho tutta la stima, e venerazione, per obbligo d’avere quivi consumati gli anni migliori della mia gioventù negli Studii di Filosofia, e per le strette parentele, che io tengo in detta Città”ii.

L’Orlandi si fece una cultura anche a Parma, dove studiò la teologia. Qualche anno più tardi, ottenne nella patria la cattedra di filosofia, poi passò a Roma dove tenne l’insegnamento di teologia. Ritornato a Bologna, rivestiva nel convento di San Martino Maggiore la docenza in entrambe le discipline. Almeno dal 1718 si guadagnò la carica di priore del convento, nello stesso anno fu dottore aggregato al Collegio Teologico di Bologna. Il frate si dedicò quindi agli studi e all’insegnamento della teologia, ma acquisì contemporaneamente conoscenza su materie di carattere più profano. Si spense nel convento in novembre del 1727 all’età di 67 anni.

Creare e mantenere i contatti: le attività letterarie e culturali di Orlandi

Nei paragrafi che seguono risulterà che la passione per la storia dell'arte costituì il filo conduttore nella vita del carmelitano. Studiando l'elenco delle opere orlandiane stampate e manoscritte in Fantuzzi, si osserva che un terzo dei titoli, in totale ventiquattro, riferisce all'arte. Altri vertono sulla teologia, la filosofia, la grafica, il convento di San Martino Maggiore, e sulle persone illustri e provenienti da Bologna (si veda l’appendice OPERE STAMPATE E MANOSCRITTE DI ORLANDI su

p.86). Prevalente sulla lista è la categoria delle opere di carattere enciclopedico; l'abcedario, la serie, la compilazione, l'antologia. Questa tipologia indica non solo una conoscenza vasta dell’autore ma anche una disposizione di un’estesa cerchia di persone, indispensabile per la stesura di un’opera considerevole come, ad esempio, l’Abcedario pittoricoiiche descrive le vite di circa quattro mila artisti europei, antichi e moderni. Una descrizione più dettagliata sul funzionamento della rete di contatti del frate si troverà nel terzo capitolo che tratta le fonti usate per la composizione dell’abcedario.

Anche se la maggior parte degli scritti orlandiani oggi è smarrita, è da consultare una piccola collezione, perlopiù in forma manoscritta, nella Biblioteca Universitaria e l’Archiginnasio di Bologna. Altri documenti si trovano nell’archivio del Convento di S. Martino Maggiore. Anche se la maggioranza dei lavori del frate rimase manoscritta, oggigiorno siamo sempre nella possibilità di consultare tre sue opere che conobbero edizioni a stampa. Sarebbero, in ordine cronologico, L’Abcedario Pittorico (1704), Le Notizie degli Scrittori Bolognesi (1714) e Origine e

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La sostanziosa rete di conoscenti dell’Orlandi viene spiegata alla luce della personalità e delle sue attività socio-culturali. Avendo, come frate, l’opportunità di dedicarsi intensivamente agli studi, divenne un uomo di lettere e di gran cultura. Ne sono la prova non solo le opere di carattere panoramica, ma anche la quantità innumerevole di esatti riferimenti alle opere dei predecessori come il Vasari, il Malvasia, il Borghini che si manifestano nell’Abcedario pittorico. Orlandi si mostrò particolarmente capace di farsi largo nella immensa quantità di pubblicazioni del Sei e Settecento, che tennero in moto il torchio europeo. Ne testimonia tra l’altro l’ampia bibliografia in fondo all’abcedario, che si compone di otto pagine che racchiudono le opere sulla pittura, dall’Adriani allo Zanotti, e quattro pagine di scritti sull’architettura, dall’Alberti al Vitruvio. Il nostro autore non si limitò alla letteratura italiana ma consultò o almeno conobbe anche i volumi degli scrittori esteri come il Félibien, il Fresne, il Dührer, il Van Mander, lo Houbrakenii. Si sarà evidenziato che fu quest’erudizione del frate, a metterlo nell’opportunità di

creare le circostanze appropriate per poter svilupparsi al modo desiderato.

L’Accademia Clementina

L’Orlandi, infatti, non avrebbe avuto disposizione dei diversi dati sulla vita degli artisti se non avesse fatto una diversione fuori del cerchio ecclesiastico. Infatti, si osserva che il frate cercò di ampliare la cerchia delle conoscenze nel campo artistico e letterario e nell’ambito editoriale. Apparteneva a due organizzazioni autorevoli, di cui una completamente focalizzata sull’arte e l’educazione artistica, l’altra piuttosto legata alla tipografia e la letteratura scientifica.

La prima sarebbe l’Accademia Clementina, della quale fu socio onorarioii. L’accademia

ebbe l’inaugurazione a Bologna nel 1710, per istigazione del pittore e letterato Giampietro Zanottiii, il generale Luigi Ferdinando Marsili ed un gruppo di artisti. Già nel 1706, trentaquattro

artisti avevano presentato al Senato una petizione per poter fondare un’Accademia del Disegno. Solo a seguito del contributo di Papa Clemente XI, il Senato si dichiarò pronto ad acconsentire all’istituzione dell’Accademiaii. L’idea dell’istituzione da parte degli artisti trovò fondamento

nell’esigenza di riaffermare il carattere liberale delle arti figurative, invece di appartenere alla corporazione e di essere considerati membri del gruppo degli artisti meccanici.

Il desiderio, come descritto dallo Zanotti (1739), era di “instituire una pubblica

Accademia a prò della gioventù, e a gloria maggiore della nostra patria, e delle belle arti, chiedendo ajuto, e protezione, perchè l’opera fosse illustre, e durevole”ii. La mancanza di una tale

istituzione era considerata come vergogna della città, come appare nel seguente brano

[..] ma una città tanto famosa, e che in genere di pittura, e di Pittori ha fama tale, che a qualunque altra

aggiunse, parea, che avesse vergogna di non avere anch’ella, come alcune altre, un’Accademia pubblica, reale, e mantenuta riguardevolmente sotto gli auspici de’ suoi supremi Signoriii.

(13)

una simile Accademia che, palesemente, anche Bologna si sarebbe meritata. Le osservazioni dell’istitutore svelano una forma leggera di campanilismo, oltre l’aspetto dell’arte colpisce l’amore per la propria terra. Si potrebbe sostenere che con la fondazione dell’Accademia, non solo l’arte bolognese ma anche la città di Bologna dovesse ottenere un ruolo rilevante a livello internazionale. Anche l’Orlandi fece mostra di una tendenza campanilista, ritorneremo su quest’argomento in un momento successivo.

L’obiettivo della fondazione fu triplice (Zamboni 1979: 211) (Boschloo 1989:14)ii;

- Il mantenimento e la protezione del patrimonio artistico bolognese, garantendone la continuità

culturale. Questo compito apparve estremamente necessario in seguito ai provvedimenti napoleonici verso la fine del secolo quando l’Accademia si occupò della raccolta delle opere dei conventi e delle chiese soppresse.

- La trasmissione della eredità della pittura bolognese del Seicento alle nuove generazioni.

L’accademia si presentò espressamente come moderna scuola di pittura, scultura e architettura.

- La formazione di un istituto che fungeva da punto di riferimento nei rapporti con le altre

Accademie italiane ed estere. La storiografa e storica d’arte Silla Zamboni descrive l’Accademia come «una sorta di canale diplomatico» formato dagli Accademici d’onore, gli artisti, gli uomini di cultura e di statoii.

Insomma, importanti noccioli vennero formati dall’insegnamento alla gioventù, e il mantenimento e la promozione del patrimonio artistico bolognese. In Benassi (2004: 197) leggiamo che era ‘l’idea del Marsili di compilare una serie di biografie di pittori bolognesi famosi, antichi e contemporanei, sul modello della Felsina Pittrice (1678) di Malvasia’ii, che entrava direttamente

negli obiettivi didattici dell’Accademia. Fu lo Zanottiii a raccogliere le notizie sulla vita dei pittori

bolognesi ed a redigere la serieii. Contemporaneamente, l'Orlandi stava compilando L’Abcedario

pittoricoii, sapeva anche il Marsili, essendo corrispondente del frateii.

(14)

più alti e più influenti della popolazione bolognese, sia con i membri regolari, gli studenti, gli altri amatori d’arte e gli amici dell’Accademia. Ogni singolo conoscente con i propri contatti, e anche questi con le proprie reti di conoscenti, che si continuarono anche oltre i confini nazionali.

La Società Albrizziana

La seconda organizzazione sarebbe la Società Albrizziana, fondata nel 1724 a Venezia per iniziativa dello stampatore e libraio Almorò Albrizzi. Promovendo la stampa di opere importanti e l’arte tipografica, la Società si proclamò, come appare negli Atti Eruditi dell’associazione, come punto d’incontro per eccellenza per i letterati, gli scrittori e gli studiosi. Gli iscritti erano eruditi non solo di nazionalità italianaii ma anche estera ed i luoghi di interesse erano le scienze e le arti liberaliii.

Le attività principali erano;

- Lo stampare delle dissertazioni, le riflessioni e le opere dei soci e il ripubblicare delle edizioni

rare.

- L’editare di un settimanale sulle novità scientifiche dell’Europa, il progresso della Società, gli

sviluppi sull’elenco dei soci, registrando anche le opere scritte dagli associatiii.

L’Albrizzi riuscì a legare alla Società le figure provenienti dalle classi sociali più potenti come i pontefici, i cardinali, i monarchi, gli ambasciatori, i professori ed i letterati, costituendo così un’associazione di respiro internazionale. Dal 1743 cominciarono a fondarsi stabilimenti della Società in circa quindici altre città italiane, quali Bologna, Modena e Parma. Tuttavia, le nuove sedi non ebbero lunga vita, nel 1745 un decreto del Senato Veneto soppresse la Società per motivi ignotiii.

La letteratura sulla Società viene parzialmente caratterizzata dalla discussione sulle intenzioni del fondatore, che vale la pena menzionare in questo punto, anche per rendere più completo il quadro della organizzazione. A secondo delle parole del fondatore, la Società esisteva

[..] di soda e mera erudizione i suoi aggregati Accademici, si prendesse cura dall’altra di qui far

giungere tutte le squisite Opere de’ lontani, di stampar quelle de’ vicini e di ripristinare la bellezza della nostra antica Stampa, per poscia premiare di anno in anno coll’utile, da tali imprese provenuto, le degne fatiche de’ suoi Accademici predettiii.

Lo storiografo fiumano Michele Maylender (1863-1911), autore della Storia delle Accademie

dell’Italia (1926), opera che pure oggigiorno rimane alquanto utile, mette in discussione queste intenzioni apparentemente buone dell’Albrizzi, ma infine non si sa pronunciare in modo univoco, forse perché si è servito di fonti che esprimono opinioni contraddittorie.

Il Maylender considera gli Atti Eruditi come solo mezzo per impressionare a proprio profitto i sette cavalieri procuratori della Repubblica Veneta. Il linguaggio ampolloso praticato dal libraio gi fa sospettare che “il suddetto libraio, il quale si appella: Perpetuo sopraintendente alle

(15)

storiografo descrive la costruzione finanziaria ideata dall’Albrizzi che mirava a rendere l’Associazione come «una specie di banca cooperativa», con lo scopo di spillare denaro ai membri creduloniii. Si vede spalleggiato dallo storiografo veneziano Michele Battagia, che in

Delle Accademie Veneziane (1826) scrive “[..] l’Albrizziana sarebbe riuscita a più lodevol

termine se nell’animo del suo fondatore l’amore delle lettere fosse andato innanzi a quello del denaro”ii. Nondimeno, alla fine, Maylender si riferisce all’abate veneto Giovanni Antonio

Moschini, scrittore dell’opera intitolata Della Letteratura Veneziana del secolo XVIII (1806), che parla in modo favorevole sulle idee dell’Albrizzi, e attenua i commenti fatti prima. Lo storiografo suppone che in linea di principio le intenzioni fossero state rette e che forse per un malaugurato concorso di circostanze le sue idee erano male interpretate. Tutto sommato, anche se le opinioni degli storici differiscono, la reputazione del fondatore della Società Albrizziana non era del tutto irreprensibile.

Orlandi fu vice presidente della colonia bolognese della Società Albrizziana. Nella letteratura sono assenti i dati su il suo esatto ruolo in e il contributo all’organizzazione. In Maylender viene soltanto menzionato una pubblicazione della Società contenente una relazione delle esequie fatte in onore del frateii. Facendo parte dei vertici della Società, Orlandi avrebbe avuto tanta opportunità di conoscere gli altri membri e di costruire un’ampia rete di contatti.

L’Orlandi come precursore dell’era dell’informatica

In sintesi, si può affermare che l’Orlandi era un esperto in varie discipline, che provava un profondo interesse, anzi, un’inclinazione, per l’arte. Si mostrò particolarmente laborioso e dotato nel raccogliere, documentare, riordinare e descrivere in modo sistematico di informazioni di caratteri vari, provenienti da molteplici fonti per rendere più accessibile l’arte, e altre materie, in senso esteso per un vasto pubblico.

Il bolognese sapeva svilupparsi in tal modo, grazie ai vari studi che svolse nelle diverse città italiane. In questo punto, non va trascurato l’importanza della sua veste di frate, che gli permetteva di rispondere alla condizione di base per poter farsi una cultura, che sarebbe l’occasione di investire del tempo sulla dedicazione agli studi e sui viaggi di studio. Queste escursioni istruttive, sia in qualità di studente sia di professore, gli misero in contempo nell’opportunità di creare una rete sociale anche fuori della patria. Inoltre, la sua alta posizione in due organizzazioni autorevoli, una che ebbe sede nella patria e l’altra con sede principale a Venezia ed avendo diversi stabilimenti nelle altre città italiane tra cui Bologna, formarono il contesto per eccellenza per fondare una rispettabile rete di conoscenti, tanto indispensabile per la composizione delle sue opere enciclopediche, e per guadagnarsi la riputazione come erudito di spicco e stimato scrittore.

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stesso tempo un fervore o, se si vuole, una vocazione per trasmettere conoscenza ad altri. Sfogliando le varie opere orlandiane, al lettore non può sfuggire neanche la sensazione del piacere che l’autore deve aver provato in comporre questi scritti informativi. In questo contesto, potremmo concludere con l’osservazione che l’Orlandi è stato un precursore dell’era dell’informatica in cui viviamo oggigiorno.

ii Intero titolo: Origine e progressi della stampa o sia dell’arte impressoria e notizie dell’opere stampate dall’anno M.CCCC.L.VII. sino all’anno M.D.

ii Pellegrino Antonio Orlandi, Origine e progressi della stampa (con introduzione di Paolo Tinti), Bologna, Forni,

1722, ristampa anastatica 2005, p. VI.

ii Giovanni Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, Tomo sesto (volumi V-VI), Bologna, Forni, 1793, ristampa

anastatica 1965.

ii La maggioranza delle opere oggi purtroppo è smarrita.

ii Da: Giovanni Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, Tomo settimo (volumi VII-IX), Bologna, Forni, 1794, p.161. ii L’Orlandi lasciò manoscritti sei tomi intitolati Miscellanei Eruditi Tomi VI, di cui gli ultimi cinque volumi sono

smarriti. Nel 1793 fu ritrovato il primo tomo con il frontespizio Fr.Peregrini Antonii Orlandi a Bononia Ord. Carmelit.

Congr.Mantua Sac. Theol. Mag. et Doct. Colleg. Miscellanea Anno Domini MDCCXXIII. Da: Giovanni Fantuzzi,

Notizie degli scrittori bolognesi, Tomo settimo (volumi VII-IX), Bologna, Forni, p.161.

ii ibid.

ii Sola la terza fonte, L.Frati in Varietà storico-artistiche, Città di Castello, Lapi, 1912, p.113, ci sa fornire dei nomi dei

genitori, Antonio Orlandi e Leggiadra Modelli. Poi, neanche questa fonte contiene dati complementari riguardo alla biografia di Orlandi.

ii Pellegrino Antonio Orlandi, Origine e progressi della stampa (con introduzione di Paolo Tinti), Bologna, Forni, 1722,

ristampa anastatica 2005, p. V.

ii Cit. in Orlandi (1704: 7).

ii Umberto Beseghi, Introduzione alle chiese di Bologna, Bologna, Tamari, 1956, p. 90. ii ibid.

ii Cit. in Orlandi (1722: 138).

ii Intero titolo: Abcedario pittorico nel quale compendiosamente sono descritte le Patrie, i Maestri, ed i Tempi nei quali fiorirono circa quattro mila Professori di Pittura, di Scultura e d’Architettura (da ora in poi l’Abcedario (pittorico).

ii Questi scrittori sono menzionati tutti nella bibliografia in fondo dell’Abcedario pittorico (1704 e 1719).

ii Si veda Giampietro Zanotti, Storia dell’Accademia Clementina di Bologna, Bologna, Forni, 1739, ristampa anastatica

1977, p.324. Purtroppo rimane ignota la data esatta in cui entrò nell’Accademia.

ii Lo Zanotti fu personaggio cruciale dell’Accademia Clementina. Essendo per lungo tempo segretario, aveva la

posizione per eccellenza per scrivere l’opera fondamentale riguardante i primi anni dell’istituzione, Storia

dell’Accademia Clementina di Bologna, che uscì nel 1739 con autorizzazione dei membri.

ii Per il contributo decisivo del Papa Clemente XI, l’Accademia fu denominata Clementina. ii Cit. in Zanotti (1739: 11).

ii Cit. in Zanotti (1739: 33).

ii Cfr. Silla Zamboni, “L’Accademia Clementina” in L’arte del settecento emiliano; la pittura: l’accademia clementina

(a.c.d. Andrea Emiliani, Eugenio Riccòmini, Renato Roli et al), Bologna, Alfa, 1979, pp.211-8. e Anton W.A. Boschloo, L’Accademia clementina e la preoccupazione del passato, Bologna, Nuova Alfa, 1989, p. 14.

ii id., p. 211.

ii Cit. in Stefano Benassi, L’Accademia Clementina: la funzione pubblica, l’ideologia estetica, Bologna, Minerva, 2004,

p.136, p.197, p.365

ii Lo Zanotti fu scrittore delle opere seguenti: Nuovo fregio di gloria a Felsina sempre pittrice (1709), Storia dell’Accademia Clementina aggregata all’Istituto delle Scienze e dell’Arti (1739), Avvertimenti per lo incamminamento

di un giovane alla pittura (1756).

ii Benassi (2004: 197).

ii La prima edizione uscì nel 1704, la seconda nel 1719, entrambe pubblicate a Bologna. Le altre edizioni uscirono

postumo, in città diverse da stampatori diversi.

ii Ne testimoniano le lettere di L.F. Marsili a Pellegrino Antonio Orlandi, conservate nella Biblioteca Universitaria di

Bologna (da ora in poi BUB), ms 245, ms 85 (vol. III A) e ms 1042 (Benassi 2004: 136).

ii Per motivi di comodità, nel discorso facciamo uso dei termini ‘Italia’ ed ‘italiani’, pur sapendo che in quell’epoca non

esisteva ancora l’Italia come Stato unitario di oggi.

ii Si veda Michele Maylender, Storia della Accademie dell’Italia, volume primo, Bologna, Cappelli, 1926, pp.112-5. ii La Società Albrizziana entrò perfettamente nella République des Lettres, un fenomeno europeo dei secoli XVI-XVIII

che dava forma alla esigenza degli intellettuali di formare una propria comunità.

ii Cfr. A. Maestri, La Medaglia della società albrizziana di Venezia – L.A. Muratori [1727-1730] (1909), Modena,

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II

I

L GENERE DELL

’A

BECEDARIO

LA FORMA ORIGINALE E LA RELAZIONE CON L

’E

NCICLOPEDISMO

C

on l’Abcedario pittoricoii, l’Orlandi pubblicò un’opera che nel corpoii, comprendeva la

descrizione di circa quattromila vite di artisti. Intitolandola Abcedario, l’autore accentuò la sistemazione alfabetica. Orlandi non era il primo a servirsi di tale ordine e ad usare il termine

Abcedario nel titolo. Se si può parlare di un movimento letterario con orientamento alfabetico, questo, evidentemente, non era del tutto univoco e non si manifestò in un breve arco di tempo ben delineato.

Il presente capitolo ha lo scopo di mettere in rilievo il panorama storico-letterario più largo in cui Orlandi fece il suo abcedario. A tale obiettivo, è necessario rispondere alle seguenti domande:

 Qual’era la forma originaria dell’abecedario e in quale misura assomiglia a o differisce

dall’abcedario di Orlandi?

 Quali sono le categorie di opere a cui, in questo contesto storico più vasto, potremmo

relazionare l’abcedario pittorico e su quale base?

 Qual’era la struttura nelle opere che più si assomigliarono all’abcedario di Orlandi?

 È possibile pronunciarci sulla misura in cui i compositori dei vari scritti erano liberi a

esporre nelle proprie opere le preferenze personali, e se affermativo, in quale modo avvenne?

La nozione di abbecedario potrebbe funzionare come punto di partenza delle ricerche che saranno eseguite in questo capitolo. Nel discorso, l’accento sarà messo sul ruolo dell’alfabeto nelle varie opere enciclopediche. Vedremo che lo studio sull’alfabeto dà l’avvio a una discussione più larga, che si concentra sul rapporto tra il contenuto e l’ordinamento dell’opera. Così, si comincia il discorso con una breve discussione sulle definizioni attuali dei termini abbecedario, abbicì,

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In seguito, si svolgerà una piccola ricerca storico-bibliografica concentrata sugli abecedari precedenti, vale a dire i volumi intitolati ‘Abecedario’ o ‘Alfabeto’, pubblicati anteriormente al 1704. La ricerca bibliografica, completata da una spiegazione teorica relativa all’uso dell’alfabeto negli abecedari originari, vuol offrire un’immagine equivoca dell’abecedario nella sua forma originale, e può mettere più luce sulle analogie e le differenze tra questi e l’abcedario di Orlandi.

Poi, tratteremo globalmente lo sviluppo del genere enciclopedico nella fase iniziale. Segue un’altra parte teorica, che apre il discorso sulle opere enciclopediche più moderne del Seicento. Si finisce con uno studio più ampio e dettagliato al livello delle opere stesse, anche in combinazione con la teoria. La ricerca si concentra sulla loro architettura, e mostra anche l’eventuale presenza della voce dell’autore nell’opera. Se rilevante per la nostra ricerca, si sarà anche descritto l’ambiente sociale in cui è nata l’individuale opera enciclopedica. Le fonti che abbiamo usato nei paragrafi corrispondenti, sono due in particolare. La prima sarebbe Notable

encyclopedias of the seventeenth and eighteenth centuries: nine predecessors of the encyclopédie

(1981) di Frank A. Kafker, la seconda Encyclopaedias: their history throughout the ages (1966) di Robert Collison.

L’intero discorso può palesare il contesto storico-letterario in cui è nato l’Abcedario

Pittorico, e renderà possibile in un momento successivo il vedere nella giusta prospettiva il tono e la strutturazione adoperati da Orlandi nel suo lavoro enciclopedico.

Le nozioni di abecedario ed enciclopedico

Qual’è la definizione attuale della nozione di ‘abecedario’ e in quale misura è applicabile all’opera di Orlandi? Nei nostri giorni, abbecedario significa ‘libretto per imparare l’abc’ o come aggettivo, riferisce al ‘componimento poetico, proprio della letteratura latina cristiana, nel quale le lettere iniziali dei singoli versi o delle singole strofe si succedono in ordine alfabeticoii: carmi o

inni abbecedari’ii. Invece, abbiccì viene definito ‘alfabeto’ o ‘l’elementare d’una particolare scienza o tecnica’. Nel rispetto di queste definizioni, l’Abcedario pittorico avrebbe poca affinità con la nozione dell’abbecedario, mentre le definizioni di abbiccì mostrano entrambe analogia con l’opera di Orlandi perchè serve, dal punto di vista più generico, come manuale artistico ed è, come già menzionato, ordinato a secondo dell’alfabeto. Se poi continuiamo con le definizioni dei termini enciclopedia ‘opera che raccoglie sistematicamente, per lo più in ordine alfabetico, nozioni relative a tutte le discipline o a una disciplina in particolare’ ed enciclopedico ‘che concerne l’enciclopedia o ha carattere di enciclopedia’ii, diventa chiaro che sono applicabili anche

essi. L’abecedario orlandiano comprende, oltre le vite artistiche, alcune sezioni metodiche relative alla pittura e degli elenchi bibliografici sull’architettura, la scultura, la pittura ma anche sugli abiti, l’anatomia, le favole. Insomma, potremmo qualificare l’abcedario come sorta di enciclopedia artistica o pittorica. In conclusione, in base agli attuali standard, l’Abcedario

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enciclopedico. Per questo, entrambi i concetti meritano di essere ricercati più profondamente.

L’abcedario nel Cinquecento

I volumi iniziando con ‘Abecedario’ o ‘Alfabeto’ e pubblicati prima del 1704 sono circa una ventinaii, e provengono da scrittori italiani e spagnoli. Il primo abecedario da noi registrato, che è

anche uno dei volumi più studiati su questa lista, è lo spagnolo Abecedario espiritual ii. Questo abecedario consisteva in sei volumi che uscirono tra il 1536 e il 1555, e fu composto dal frate francescano Francisco de Osuna (ca.1491-ca.1541). La letteratura secondaria ci informa che con questa pubblicazione, l’Osuna diventò l’esponente più influente della mistica spagnola del Cinquecento. È del resto importante non considerare questa opera come dizionario spirituale formatosi da una grande quantità di lemmi e articoli, a secondo degli standard di oggigiorno. Invece, è una raccolta di ventitre trattati che descrivono il Recogimiento, implicando il ritirarsi per raggiungere l’unione spirituale con Dio, attraverso la contemplazione interna. Il Recogimento formava un tema principale nell’ordine dei francescani nel Cinque e Seicento. Di seguito, passano in rassegna materie come la Passione di Cristo, la povertà, l’umiltà, i demoni. In tal modo, l’Abecedario espiritual funzionava da guida per il pellegrino spirituale.

L’aspetto alfabetico di questo scritto si manifesta nell’acrostico; le lettere iniziali dei singoli titoli di ciascun trattato, lette verticalmente, formano l’abc. In tal modo, i titoli dei primi tre trattati dicono “Anden siempre juntamente”, “Bendiciones muy fervientes”, “Ciego, y sordo, y mudo debes ser”ii. È esattamente questo acrostico a cui riferisce la seconda definizione di

abbecedario, appena menzionata. Inoltre, l’acrostico appare anche nel testo stesso, formando ad esempio il nome di Gesù. Riguardo al contenuto dell’abecedario in relazione alla visione dell’autore, si osserva che in alcuni passaggi appare l’opinione personale dell’autore sui diversi ordini religiosi, che risulta, evidentemente, in una forte simpatia per i francescani e in una antipatia verso i seguaci di Erasmo e Lutero, che sono chiamati «mordedores de la réligion»ii.

Altre pubblicazioni spagnole ed italiane di abecedari a partire dal tardo Cinquecentoii:

- Serafino Salsi, Alfabeto confessionale, Girolamo Concordia, Pesaro, 1576

- Vincenzo Ferrini, Alfabeto essemplare, Erasmo Viotti, Venezia, 1582

- Angelo Francesco Tignosi, Abecedario d’alcune similtudini, tolte dalla Scrittura S. et

applicate a Maria vergine diuiso in 30. Discorsi, Agostino Tradate, Milano, 1598

- Antonio Navarro, Abecedario virginal de excelencias del santissimo nombre de Maria, Pedro

Madrigal, Madrid, 1604

- Bartolomeo da Saluzzo, Alfabeto del diuino amore, Barezzo Barezzi, Venezia, 1609

- Gregorio Alasia, Alfabeto historico, che con viui esempi di chi ha ben seruito a Dio, insegna

a ciscuno la via del Paradiso, i Giunti, Firenze, 1622

- Lazzaro Grandi, Alfabeto di secreti medicinali et altri curiosi e diletteuoli di ogni materia

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- Juan Falconi, Alfabeto per saper leggere in Christo libro di vita eterna, Carlo Capodoro,

Roma, 1665

- Bernardo d’Ascoli, Alfabeto di Geremia profeta, Giuseppe Piccini, Macerata, 1680

Poco sorprendente il fatto che i compositori degli abecedari teoligici erano tutti membri dei vari ordini ecclesiastici. Per citarne alcuni, il Salsi era canonico lateranense, il Ferrini predicatore domenicano, il Saluzzo riformato, il d’Ascoli frate carmelitanoii.

Occorrono ulteriori ricerche per determinare l’esatto contenuto e ordinamento di ogni singola opera, che cadrebbero fuori dal quadro di questa tesi. Anche per il fatto che i titoli sull’elenco sono eloquenti, svelando il carattere religioso delle altre opere, ci sembra valido in questo punto di partire dall’ipotesi che queste opere mostrino tanta analogia con L’abecedario

espiritual di Osuna, che questo possa funzionare da esemplare. I dati suddetti portano ai seguenti risultati:

a) In fondamento, l’abecedario è uno scritto di carattere spirituale e mistico, composto perlopiù da individui appartenenti ai vari circoli ecclesiastici.

Questo, per quanto riguarda la Spagna, afferma anche Andres che scrive ‘desde 1540, más o

menos, abecedario equivale en nuestra patria a tratado de espiritualidad de índole más mistica que ascética’ii.

L’unico lavoro eccezionale incluso nella ricerca è l’alfabeto di Grandi, che evidentemente è di carattere profano.

b) L’alfabeto nell’abecedario originario si presenta sotto forma dell’acrostico.

c) L’abecedario originario, per quanto riguarda la forma stampata, è un fenomeno principalmente del Cinquecento che si manifesta in Italia e in Spagna.

La relativa popolarità degli abecedari mistici ebbe luogo nel Cinquecento, il secolo della riforma protestante e la Controriforma. Pertanto, in un periodo di grande instabilità spirituale non è sorprendente che i rappresentanti ecclesiastici sentirono l’esigenza di propagare la propria mistica, il modo in cui provare e praticare la propria fede e in cui raggiungere l’unione trascendente con Dio. Che questa esigenza non fosse riservata solo ai francescani come Francisco de Osuna, mostrano gli scrittori degli altri abecedari religiosi, provenienti dagli ordini carmelitani, domenicani, lateranensi, riformati.

Il valore metafisico-teologico dell’alfabeto negli abecedari originari

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mostra il rapporto inestricabile tra spirito dei tempi e opera letteraria. In sostanza, gli abecedari pubblicati a partire dal Settecento riguardano soggetti mondani, quali la pittura, la grammatica, la lingua volgare. Risulta perciò che il salto dagli abecedari mistici del Cinquecento agli abecedari dei secoli successivi segna contemporaneamente il passaggio fra la fine del basso Medioevo e l’età moderna, almeno per questo tipo di opere. Questo è reso esplicito dalla disuguaglianza tra il carattere degli abecedari originari di respiro medievale, vale a dire il contenuto puramente religioso, lo scopo moralista e l’ordine alfabetico metafisico e quello profano degli abecedari stampati più tardi, come l’Abcedario pittorico. In questo momento, potremmo concludere che l’analogia fra i due si limita all’uso della disposizione alfabetica, anche se in modo diverso e per motivi diversi, e alla parola ‘abecedario’ all’inizio del titolo dell’opera.

Il genere enciclopedico nella fase iniziale

Quali sono le opere a cui fa sì pensare l’Abcedario pittorico di Orlandi? Sarebbe il genere delle opere enciclopediche con orientamento più razionale. Sono queste opere a cui l’Abcedario

pittorico fa ricordare, anziché agli abecedari precedenti. Tant’è, che almeno le opere enciclopediche dei secoli più recenti, dal Seicento in poi, sono ordinati secondo l’alfabeto, per motivi di comodità. In più, entrambi comprendono informazioni di carattere più profano, ed hanno, in fondamento, come scopo l’organizzazione e la diffusione di conoscenza varia.

Questo genere enciclopedico non andrebbe affrontato come successore o sostituto per gli abecedari mistici, per il fatto che conosce una storia autonoma e secolare, prendendo il via già all’inizio dell’era cristiana con l’Historia naturalis di Plinio (77 d.C.)ii. Questo scritto, composto

da trentasette volumi, è ordinato a soggetto in base alla postazione sulla scala gerarchica. Le voci del rango più alto erano discusse prima di quelle di una categoria più bassa. Nell’antichità classica erano considerate di importanza primaria le sette arti liberaliii, ed erano queste ad essere trattate

prima ed a ricevere più spazio nelle opere enciclopediche dell’epoca, a confronto delle voci concernenti soggetti “inferiori” come la guerra o l’economia.

Gli scritti enciclopedici medievali, adoperando questa struttura gerarchica e formando così un tutto organico, rispecchiarono contemporaneamente la strutturazione della società e il mondo delle idee del tempo. I lavori con orientamento cristiano cominciarono con i temi relativi alle sacre scritture, mentre quelli secolari dei romani si concentrarono in primo luogo sulle arti liberali del Trivio ed il Quadrivio. Era nell’Istitutiones divinarum et humanarum lectionum di Cassiodoro nel secolo VI che le due angolature si incontrarono nello stesso scritto ad un livello equo.

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l’ordnungsprinzip preferito. Inoltre, se si fece uso dell’ordine alfabetico, era come suddivisione entro il quadro degli articoli che in primo luogo erano ordinati a soggetto, a secondo dell’attuale gerarchia.

Il Seicento: la trasformazione della «Versprachligung des Wissens»

Nel Seicento, la struttura delle opere enciclopediche si trasforma radicalmente. Kilcher nomina la trasformazione una «,,Versprachlichung’’ des Wissens». Questo fenomeno si lascia spiegare dalla «secolarizzazione del sapere», vale a dire l’alfabetizzazione del sapere che provoca la «formazione letteraria dell’enciclopedia»ii. Ciò significa che l’organizzazione del sapere,

l’essenza fondamentale del genere enciclopedico, non era più dettata dai concetti fissi, in altre parole, le divisioni e le suddivisioni ontologiche o teologiche su cui anche sia la società antica sia quella medievale si erano fondati, ma da un concetto arbitrario come il linguaggio. L’ordnungsprinzip del mondo ben strutturato nell’Enciclopedismo teologico del medioevo e nell’Enciclopedismo più profano era sostituito dall’ordine alfabetico.

Tuttavia, lo stesso alfabeto del Medioevo, e qui rientrano in scena gli abecedari mistici, non aveva più la carica spirituale; gli stessi caratteri dell’alfabeto non formarono più gli elementi metafisici del mondo, ma diventarono componimenti linguistici e rappresentanti del mondo artificiale del linguaggio. È questo l’aspetto secolare dell’alfabetizzazione del sapere. In altre parole, l’ordine alfabetico metafisico-teologico, per quanto se ne facesse uso, scomparisce e fa spazio all’ordine alfabetico per motivi di comodità.

Da questa fase di trasformazione, erano le parole, gli elementi principali del linguaggio, a determinare il nuovo ordine in tutti i tipi di scritti enciclopedici. Pertanto, era il linguaggio, il mezzo di comunicazione principale dell’uomo, che per definizione è arbitrario perchè suscettibile al mondo mentale, il gusto personale e lo stato d’animo dell’utente, a farla da padrone nell’organizzazione del sapere. L’aspetto arbitrario rese più interpretabile e costruibile l’ordnungsprinzip, mettendo in moto la formazione letteraria dell’enciclopedia.

In breve, nel Settecento si avvia una trasformazione radicale nel rapporto tra il contenuto e la strutturazione nelle opere enciclopediche. Dove prima l’ordinamento dettava per gran parte il contenuto, ora è il contenuto a dettare l’ordinamento. Un esempio di un’enciclopedia in cui, in buona parte, il contenuto dettava l’ordinamento, e che così prese forma di un documento ‘costruito’ esponendo apertamente l’opinione personale dell’autore, si trova nel Dictionnaire

Historique et Critique (1697) di Pierre Bayle, che sarà discusso nel testo che segue.

La nozione dell’Enciclopedismo

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ricerca, il termine Enciclopedismo è usato in senso più largo, riferendosi alla composizione delle opere enciclopediche in generale. La definizione marca l’Encyclopédieii come svolta decisiva per

il genere enciclopedico. Benché l’Enciclopedia francese possa essere considerata pionieristica, essa va sempre studiata alla luce dello sviluppo del genere enciclopedico nei secoli precedenti.

Abbiamo già constatato che il genere enciclopedico conosce una storia secolare, ma è dal Seicento che nei circoli intellettuali diventa sempre più attuale l’esigenza di acquisire conoscenze, di scambiarle e di renderle pubbliche. Il risultato è la quantità di opere enciclopediche che si aumenta rapidamente, culminando nell’Ottocento con l’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert. Il secolo dell’Illuminismo, della razionalità, forma il contesto per eccellenza per questo genere che, in fondamento, si concentra sull’organizzazione del sapere. Tuttavia, per la nostra ricerca sono rilevanti soprattutto le opere enciclopediche uscite prima del famoso Encyclopédie, che ha una data di pubblicazione posteriore alla scomparsa di Orlandi.

È del resto essenziale usare il termine Enciclopedismo invece di Enciclopedia, per evidenziare che questo genere si è manifestato in più tempi e in più forme. Il termine ‘Enciclopedia’ implica una sola manifestazione fisica del genere enciclopedico, il che evidentemente sarebbe erroneo. Se si può parlare di categorie, il genere enciclopedico potrebbe includere non solo la categoria delle enciclopedie, ma anche quella dei dizionari, dei dizionari enciclopedici e infine di ciò che non viene chiamato esplicitamente enciclopedia o dizionario ma che è enciclopedico a secondo della definizione. I testi o l’architettura delle opere enciclopediche si accavallano in molti casi, e sarebbe ambizioso fare una netta demarcazione. Di conseguenza, nei paragrafi che seguono, l’uso di ‘enciclopedia’ o ‘dizionario’ non andrebbe interpretato nel senso più ristretto.

L’Enciclopedismo nel Sei e Settecento

In questo punto è opportuno approfondire il discorso sull’Enciclopedismo al livello delle opere stesse. Nei Paesi di lingua romanza, si osserva che è nel mondo intellettuale francese dove emerge la maggioranza dei lavori enciclopedici più notevoli del Sei e Settecentoii. Una selezione di cinque

opere, che all’epoca erano considerate autorevoli, forma la base per il quadro sinottico incentrato sull’Enciclopedismo in Francia in quest’epoca, che sarà descritto nel testo che segue. Per la composizione di questo paragrafo ci siamo serviti in particolar modo di un lavoro dello storico statunitense Frank A. Kafker, Notable encyclopedias of the seventeenth and eighteenth centuries:

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- Charles Estienne, Dictionarium historicum, geographicum, poeticum, J. Stoer, Geneva, 1596.

Noi si è fatta uso di una ristampa anastatica di questa edizione, del 1976, pubblicata a New York.

- Louis Moréri, Le Grand Dictionnaire Historique, ou Le Mélange curieux de l’Histoire, P.

Brunel, Amterdam, 1740

- Antoine Furetière, Dictionnaire Universel, Pierre Husson, L’Aia, 1727

- Thomas Corneille, Le Dictionnaire des arts et des sciences, Coignard, Parigi, 1694-1695

- Pierre Bayle, Dictionaire critique et historique, Reinier Leers, Rotterdam, 1697

Sarà accentuata non tanto il contenuto fattuale quanto la composizione delle opere enciclopediche, che del resto sono tutte generiche. Con ciò, lo studio cercherà non solo di dare la risposta definitiva sull’ordnungsprinzip nel corpo del dizionario, ma anche di rintracciare l’eventuale presenza di sezioni che determinano l’architettura dell’opera, come la prefazione, l’indice analitico, la tavola, la mappaii. Di seguito, sarà esaminato il modo in cui sono menzionate

le fonti di cui il compositore si è servito, sia nel corpo del dizionario, sia in un’eventuale lista bibliografica all’inizio o in fondo dell’opera. Inoltre, si cerca di notare brevemente l’influsso del compositore sul testo nel dizionario. Se le informazioni nel corpo sono espressamente abbellite o in altro modo colorate dalla visione dell’autore, è interessante stabilire in che luogo e in quale modo. Alcuni tra i dizionari selezionati meritano una discussione più profonda sull’ambiente sociale in cui sono nati, che rende più completa l’immagine dello specchio dei tempi da noi studiati. Per finire, cerchiamo di verificare definitivamente la teoria di Kilcher, relazionandola al dizionario di Bayle.

Uno studio più profondo di cinque dizionari francesi dei secoli XVI e XVII

Una delle prime enciclopedie uscite in Francia è il latino Dictionarium historicum, geographicum

et poeticum (1553), composta dal medico Charles Estienne (1504-1564). Per un secolo, questo lavoro era uno dei libri più consultati sul canone classico. Il Dictionarium, che consiste in un solo tomo, è in ordine alfabetico, e contiene parecchie citazioni e riferimenti alla letteratura classica. Sono assenti una prefazione scritta dall’autore, indicazioni delle fonti, un indice analitico, tavole, mappe, illustrazioni o liste bibliografiche. Entro il 1662 uscirono almeno sette edizioni successive del dizionario. Nel 1643 D. de Juigné Broissinière pubblicò una traduzione attualizzata in francese sotto il titolo Dictionnaire théologique, historique, poétique, cosmographique et

chronologique.

Più di un secolo dopo esce un’altra enciclopedia francese, il famoso Le grand

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nella parte sulla storia sacra e profana, sono colorate a favore del cattolicismo e contro il protestantesimoii. La prima edizione di questa enciclopedia consisteva in un volume in folio,

mentre la ventesima e ultima edizione accresciuta che uscì nel 1759 era composta di dieci volumi in folioii. All’inizio dell’opera v’è la prefazione scritta da Moréri, in cui spiega tra l’altro che

furono gli amici a indurlo a comporre il Dictionnaire. Anche questa enciclopedia è ordinata in ordine alfabetico e contiene numerose citazioni e riferimenti alla letteratura classica. Dopo molti articoli segue l’indicazione della fonte, sono assenti l’indice analitico, illustrazioni, una bibliografia e mappe. Per un secolo, il dizionario di Toreri ebbe un grande successo, ne testimonia l’alta quantità di supplementi ed edizioni ampliati ed aggiornati pubblicati tra il 1674 ed il 1759, che in totale sono una trentina. In più, le grand dictionnaire historique trionfò anche all’estero, con pubblicazioni in spagnolo e olandese. Le traduzioni inglesi e tedesche conobbero persino rispettivamente sei e sette edizioni.

Un altro scritto francese, il controversiale dizionario enciclopedico Dictionnaire

universelii dell’abate e letterato Antoine Furetière (1619-1688), uscì solo dopo la morte dell’autore nel 1690. Alla base di questa pubblicazione postuma erano le forti polemiche tra Furetière e l’Accadémie Française. Entrambi stavano compilando un dizionario francese e l’Accademia mirava ad avere la prima pubblicazione. Anteriormente alla polemica, quando il

Dictionnaire universel era ancora fuori questione, Furetière era membro dell’Accademia e stava perfino collaborando al dizionario dell’Istituto. Tuttavia, il lento e problematico processo della stesura del dizionario e l’inclinazione purista degli altri soci lo spinsero ad abbandonare il progetto collettivo e a procedere al proprio conto, attirandosi i fulmini degli accademici. La prima pubblicazione del dizionario di Furetière consisteva in tre tomi, ed era introdotta da una lunga prefazione del filosofo francese Pierre Bayle (1674-1706) in cui parla in difesa di Furetière, senza denigrare il dizionario dell’Accademia.

Il Dictionnaire universel è ordinato alfabeticamente e contiene non solo le definizioni delle voci ma in molti casi anche la loro etimologia. Molti articoli contengono citazioni provenienti da celebri personaggi francesi dell’epoca come Molière (1622-1673), La Fontaine (1621-1695). La maggioranza degli articoli finisce con l’indicazione della fonte in forma degli iniziali o l’abbreviazione del cognome dell’autore o dell’opera a cui viene riferito, che si ritrovano sull’elenco alfabetico nella parte preliminare del dizionario. Questo elenco, intitolato Table

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verso il giudaismo, contenendo adagi e proverbi antisemitici. Il dizionario di Furetière conobbe nove edizioni, pubblicate tra il 1690 e il 1727.

Nel 1694, solo quattro anni dopo la prima pubblicazione del Dictionnaire universel di Furetière, era Thomas Corneille (1625-1709) a dare alle stampe il suo Dictionnaire des arts et des

sciences. Un mese prima era uscito il Dictionnaire de l’Académie françoise, in cui erano omessi i termini scientifici e tecnici. Corneille era membro dell’Accademia, e l’idea era di comporre un supplemento al dizionario dell’Accademia, in modo che entrambi potessero competere con il dizionario del rivale Furetière. Nella prefazione, Corneille mise in dubbio la qualità e l’utilità del

Dictionnaire del predecessore, per gli errori nella collocazione e l’etimologia dei lemmi. Aggiunse che per queste imprecisioni il pubblico doveva sentire il bisogno di un dizionario più attendibile. Nel corpo del dizionario, anche Corneille si esprime in favore del cattolicismo a costo delle altre dottrine religiose come il giudaismo, ma le opinioni sono più moderate in confronto a quelle di Furetière. Corneille inserì molti termini relativi all’arte, la musica, l’architettura, anche se gli articoli corrispondenti rimasero concisi. Il dizionario conosce una presentazione alfabetica e contiene riferimenti alla derivazione delle parole, ma sono assenti indicazioni delle fonti, un indice analitico, una bibliografia, tavole, mappe e illustrazioni. Il Dictionnaire des arts et des

sciences non formava la concorrenza premeditata al dizionario di Furetière. Nondimeno, fu aggiornato e ripubblicato cinque volte, l’ultima edizione uscì nel 1732.

L’opera enciclopedica che chiude il discorso è il Dictionnaire historique et critique del prima menzionato professore di Filosofia Pierre Bayle (1647-1706). La prima edizione, quattro volumi in folio, uscì nel 1697, e venne seguita da tre supplimenti e numerose edizioni successive. L’undicesima e ultima edizione, sedici volumi in ottavo, fu stampata nel 1820. Il dizionario fu tradotto in inglese e in tedesco. Anche questo dizionario provocò polemiche, per le visioni anticonformisti che si presentarono negli articoli attinenti alla fede. Nato in un ambiente protestante, all’età di ventuno anni Bayle si trasferì a Toulouse per studiare filosofia con i gesuiti. Entro un anno, si era convertito al cattolicismo, ma la conversione non durò a lungo, e dopo poco tempo Bayle cercò di ricollegarsi al Calvinismo. Questo atteggiamento squilibrato diminuì la stima di cui godette da parte dei seguaci sia della fede cattolica sia della dottrina calvinista. Ciò nonostante, da quel momento Bayle si dichiarì espressamente a favore del Calvinismo. Per fuggire dalle tensioni religiose nella patria, decise di stabilirsi nei tolleranti Paesi Bassi che funzionarono da rifugio per i protestanti francesiii. Era a Rotterdam che andò alle stampe la prima

edizione del Dictionnaire historique et critique, che acquisì una riputazione controversiale in primo luogo per l’esplicita perorazione per una tolleranza religiosa totale, anche nei confronti degli ateisti.

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